ZAIRE

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

ZAIRE (Congo Belga, XI, p. 133; App. I, p. 457; II, 1, p. 675; Congo, App. III, 1, p. 419)

Carmelo Formica
Salvatore Bono

La colonia belga del Congo si è proclamata stato indipendente il 30 giugno 1960, erigendo a propria capitale Léopoldville e assumendo la denominazione di Repubblica Democratica del Congo, che in seguito (28 ottobre 1971), per affermare il suo spirito nazionalistico, ha mutato in quella di Z., antico nome del fiume Congo. Analogamente, molte città hanno sostituito il nome d'origine coloniale con toponimi locali: per es., Léopoldville con Kinshasa, Coquilhatville con Mbandaka, Stanleyville con Kisangani, Elisabethville con Lubumbashi, Albertville con Kalamie, Banningville con Bandundu.

Nonostante le notevoli perdite umane causate dalla guerra civile seguita alla proclamazione della repubblica e dai tentativi di secessione del Katanga (valutate tra 800.000 e 1.200.000 persone), la popolazione è cresciuta con un ritmo medio annuo pari al 4% circa, passando da 14.000.000 a 21.637.876 ab. tra il 1960 e il 1971; una stima del 1977 dava 26.380.000 ab., segnando così un ulteriore, rapido aumento. Gli avvenimenti politici del 1960-61 hanno provocato un massiccio esodo di europei, che, però, è stato in parte compensato dall'immigrazione di gruppi provenienti dall'Angola (300.000 nel 1966) e da altri stati africani (Ruanda). Attualmente gli stranieri residenti nel paese costituiscono il 4,3% dell'intera popolazione. La capitale, Kinshasa, attualmente conta circa 2,5 milioni di abitanti.

La maggior parte dell'incremento si è polarizzata attorno alle principali città aventi funzioni politiche e amministrative, le quali sono diventate meta d'incontrollabili correnti immigratorie, che hanno generato deteriori fenomeni di urbanesimo e creato insolubili problemi igienici e sociali, dato che il tessuto economico e urbano delle città è sostanzialmente restato quello lasciato dai Belgi, incapace di soddisfare la nuova domanda di servizi e di assorbire la nuova offerta di lavoro. L'inurbamento di ingenti masse di rurali - che in genere si sono raggruppati, specie all'inizio del fenomeno, secondo la comune origine tribale - spesso è stata preceduta e favorita dall'arrivo di gruppi etnici scacciati dalle loro terre perché durante la guerra civile non favorirono l'instaurazione del nuovo regime. Tipico può considerarsi il caso della capitale, Kinshasa, la quale, in seguito alla campagna di disubbidienza civile iniziata dai capi dei Bakongo, che nel 1962 si stabilirono alla periferia della città con i loro seguaci, è stata raggiunta da grosse correnti di profughi provenienti da ogni angolo del paese: la sua popolazione cresceva con un ritmo inquietante (402.500 ab. nel 1960, 1.500.000 nel 1966), tanto che si sono rese necessarie drastiche misure per scoraggiare l'immigrazione e respingere ai luoghi d'origine gl'immigrati.

Condizioni economiche. - Fino alla data della decolonizzazione la struttura produttiva del paese era pesantemente condizionata da un grosso trust finanziario, la Société Générale de la Belgique, che attraverso alcune filiali controllava le attività minerarie (Union Minière du Haut Katanga e Forminière) e agricole (Cotongo e Huileries du Congo Belge), i trasporti (Comp. des Chemins de Fer du Bas Congo au Katanga), il commercio e l'industria (Comp. du Congo pour le Commerce et l'Industrie) e le attività creditizie (Banque du Congo Belge). La liquidazione di questa società e la partenza degli europei hanno prodotto una grave paralisi economica, essendo il paese impreparato a gestire e modificare una situazione improntata al sistema capitalistico. Nel 1963, però, il governo ha avviato una politica di pianificazione con cui tenta di ristrutturare le comunicazioni secondo le esigenze dell'economia nazionale, di sviluppare le industrie manifatturiere destinate a produrre per il mercato interno e di migliorare il settore agricolo con la diffusione di colture alimentari, oltre che industriali. Ma i risultati di tali iniziative non sono ancora evidenti.

L'agricoltura indigena, respinta dagli europei nelle aree più distanti e peggio servite, non riesce a guadagnare spazio, sì che la produzione di beni alimentari non segue il ritmo di accrescimento della popolazione e, per alcuni prodotti, risulta stazionaria o addirittura in regresso. D'altronde l'esodo della popolazione dalle campagne verso le città, mentre sottrae braccia all'agricoltura e deprime i livelli produttivi, obbliga le derrate agricole a raggiungere i mercati di consumo con lunghi trasporti, il cui costo incide per oltre metà sul loro prezzo di vendita, contribuendo a far lievitare l'inflazione.

Per quanto concerne l'utilizzazione del suolo, le variazioni più evidenti tra il 1960 e il 1975 riguardano l'espansione delle foreste e dei boschi, che sono passate dal 42,3% al 52,0% della superficie territoriale (da 100.000.000 a 129.141.000 ha) e dei prati-pascoli permanenti (dall'1% al 10,6%), a danno dei terreni arativi e delle colture arboree, che regrediscono da 48.995.000 a 7.200.000 ha (dal 20,9% al 3,3%).

Tra le colture di sussistenza va gradatamente aumentando il terreno destinato a mais (710.000 ha nel 1977), batate (86.000 ha), banane (81.000 ha), manioca (1.760.000 ha) e riso (280.000 ha). Nel complesso le colture commerciali sono lontane dai livelli produttivi raggiunti prima dell'indipendenza: solo il caffè (930.000 q nel 1977), la canna da zucchero (700.000 q di zucchero) e la palma da olio (650.000 q di noci, 1.450.000 q di olio), i cui raccolti vengono ancora incettati da società straniere, si attestano sui valori precedenti, mentre la coltura del cotone si è contratta (da 368.000 a 155.000 ha). Scarsa importanza rivestono poi il cacao, l'agave sisalana, il tabacco, il tè e il kenaf. L'allevamento del bestiame risulta sostanzialmente stazionario (1.144.000 bovini, 743.000 ovini, 2.679.000 caprini, 705.000 suini nel 1977), nonostante l'aumento dei prati-pascoli.

L'attività mineraria, dopo la crisi postcoloniale, è ora in ripresa: l'estrazione del rame (443.900 t di Cu contenuto nel 1976), tuttora prevalente nello Shaba (ex Katanga), del manganese (94.700 t), dello zinco (70.300 t) e del cobalto ha superato ormai la produzione del periodo coloniale, mentre la produzione di argento (77.000 kg), di oro (2686 kg), di stagno (4000 t) e di altri minerali (cadmio, tungsteno, uranio, radio, germanio) resta limitata rispetto alle possibilità del paese. Leggermente diminuita è anche la produzione dei diamanti (11.820.000 carati nel 1976), per i quali tuttavia lo Z. resta il principale fornitore mondiale (30% del totale mondiale, contro il 55% del 1960). Molto diminuita appare anche la produzione del carbone (90.000 t nel 1975), cui però fa riscontro un notevole aumento di energia elettrica (poco meno di 4000 milioni di kW), in gran parte di provenienza idrica, dato il completamento del primo tronco della grandiosa diga di Inga sul Congo, a 200 km dalla foce. A completa realizzazione essa dovrebbe consentire una potenza installata di 25 milioni di kW.

Scarsi progressi ha fatto il settore industriale, il cui apparato presenta ancora le caratteristiche d'impronta coloniale, dipendendo fortemente dalla domanda estera. Tuttavia, agl'impianti di raffinazione dei minerali, per la maggior parte concentrati nello Shaba, e agli stabilimenti di trasformazione dei prodotti di piantagione (oleifici a Leverville, Tongo, Lubumbashi), si vanno aggiungendo parecchie industrie manifatturiere (opifici alimentari, birrerie, calzaturifici, impianti tessili: 80 milioni di m2 di tessuti di cotone nel 1975), volte a soddisfare la domanda locale e localizzate per lo più tra Kinshasa e Matadi.

In continuo aumento è il valore delle merci importate ed esportate: le importazioni riguardano in misura pressoché uguale macchinari e veicoli, beni di consumo, materie prime e prodotti semilavorati, mentre all'esportazione è sempre prevalente il contributo del rame (63%), cui segue a distanza quello dei diamanti (6%), del caffè, del cobalto, dell'olio di palma e dello zinco, con valori di poco differenti tra loro (4-5%). Principale fornitore e cliente è il Belgio, cui si affiancano altri paesi della CEE e gli Stati Uniti.

Bibl.: C. Young, Politics in the Congo: decolonization and independence, Princeton 1965; Y. L. Lacroix, Industrialisation au Congo: la transformation des structures économiques, Parigi 1966; P. Vennetier, Les villes d'Afrique tropicale, ivi 1976.

Storia. - La profonda crisi politica seguita all'indipendenza si aggravò dopo l'uccisione di Lumumba (17 gennaio 1961) con il persistere dei tentativi di secessione regionalista: del Katanga, dichiarato indipendente da M. Ciombé nel luglio 1960 e sostenuto dai potenti interessi multinazionali dell'Union Minière (contro il governo secessionista si rivoltò la regione del Nord Katanga, colpita da una dura repressione); del Sud-Kasai, guidato dall'agosto 1960 da A. Kalonji e J. Ngalula; della regione di Stanleyville dove la secessione, proclamata da A. Gizenga nell'ottobre 1960, durò apertamente sino all'agosto 1961. Il governo centrale - guidato da J. Ileo (febbraio-luglio 1961) e poi da C. Adula (agosto 1961-giugno 1964) - non riuscì ad assumere l'effettivo controllo del paese. La ripartizione in 21 province, introdotta alla fine del 1962, comportò un gran numero di cariche politiche e amministrative, che si aggiunsero a quelle centrali, già numerose; ai titolari della nuova burocrazia furono riservati trattamenti e privilegi che li elevarono e arricchirono scandalosamente. Le popolazioni rurali delle zone più arretrate, deluse nelle aspettative di progresso economico e sociale dopo l'indipendenza, accesero una ribellione che ebbe inizio nel Kwilu (gennaio 1964) e si estese a due terzi del paese. Nel Kwilu l'insurrezione, animata da P. Mulele che professava concezioni rivoluzionarie d'influenza maoista, fu domata soltanto verso la metà del 1965; nell'Est la ribellione (manifestatasi in pieno nell'aprile 1964) segnò rapidi successi nelle forze governative, che fuggivano convinte di una magica superiorità dei ribelli. In seguito alle dimissioni di Adula (30 giugno 1964), salì a capo di un governo di "unione nazionale" e di "salute pubblica" M. Ciombé (tornato dall'esilio in Spagna), che soltanto dopo alcuni mesi riuscì a contenere la ribellione e poi, lungo il 1965, a spegnerla, grazie a notevoli aiuti militari del Belgio e degli Stati Uniti e all'impiego di mercenari bianchi; di estrema durezza furono gli scontri a Stanleyville, riconquistata dai governativi in novembre. Di fronte a un'impasse politica per il contrasto fra Ciombé e il presidente Kasavubu, che lo aveva dimesso per sostituirlo con E. Kimba, il gen. Mobutu, forte dell'organizzazione dell'esercito in un contesto ancora confuso e disgregato, il 24 novembre 1965 assunse il potere, bandendo i partiti politici e instaurando un nuovo governo (presieduto dal gen. L. Mulamba ma interamente composto da civili). Mobutu, la cui ascesa venne generalmente considerata con favore anche in Africa, in alcuni anni riuscì a ristabilire l'autorità centrale, fronteggiando due rivolte di mercenari e di ex militari del Katanga a Kisangani e a Bukavu (nel luglio 1966 e nel luglio 1967) e spegnendo l'ultimo focolaio ribelle di P. Mulele (giustiziato l'8 ottobre 1968).

Nella difesa degl'interessi economici dello Z., Mobutu - agevolato dall'aiuto finanziario e tecnico degli Stati Uniti e dall'aumento del prezzo del rame - sistemò in modo vantaggioso il contenzioso finanziario con il Belgio e attraverso laboriose trattative e procedure portò alla nazionalizzazione dell'Union Minière; la riforma monetaria del 24 giugno 1967 segnò il ritorno al liberismo economico e aprì la strada a ingenti investimenti esteri. Di pari passo procedette la riorganizzazione politica e costituzionale. Nel 1966 il numero delle province fu ridotto dapprima a 12 e poi a 8; il 20 maggio 1967 nacque il partito unico detto Movimento Popolare della Rivoluzione (MPR); il 24 giugno una nuova Costituzione introdusse un presidenzialismo monocefalo e un centralismo amministrativo. Rieletto presidente per sette anni nell'ottobre 1970, con soli 157 voti contrari su oltre 10 milioni (nel novembre fu rinnovato anche il Consiglio legislativo nazionale, con l'attribuzione al MPR dei 420 seggi), Mobutu concesse un'ampia amnistia e mandò avanti la sua politica per l'"autenticità", intrapresa sin dal 1966 con l'africanizzazione dei nomi delle città: Léopoldville divenne Kinshasa; dal 28 ottobre 1971 vige il nome di Z., antico nome del fiume Congo; contemporaneamente furono introdotti anche un nuovo inno e una nuova bandiera nazionali. L'estensione dell'africanizzazione ai nomi personali (Mobutu stesso da J. Desiré divenne Sese Seko) accese nel 1972 un contrasto con l'arcivescovo di Kinshasa cardinale J. A. Malula, cui fu proibito per alcuni mesi di rientrare da Roma nello Zaire. Le istituzioni sono state ulteriormente adattate alla realtà e alle esigenze del paese: nel luglio 1972 le province sono state ribattezzate regioni (Shaba, Kivu, Alto Z., Bandundu, Basso Z., Equatore, Kasai Orientale e Kasai Occidentale) e divise in sotto-regioni; nel settembre il Comitato esecutivo del MPR e il gabinetto ministeriale sono stati unificati nel Consiglio Esecutivo Nazionale (CEN). Secondo le ulteriori modifiche costituzionali introdotte nel 1974 il presidente della Repubblica, eletto per cinque anni, è tale in quanto capo del MPR (formalmente dichiarato partito unico dal maggio 1976) e presiede insieme il CEN e il Consiglio legislativo nazionale (dal 1975 vi è anche un Comitato permanente del MPR). Negli ultimi anni si sono accentuate tensioni e difficoltà interne, mentre si sono rafforzati movimenti e forze di opposizione al regime. Il Fronte di Liberazione Nazionale del Congo (FLNC), muovendo dalle basi in Angola, è penetrato nel marzo 1977 nella provincia dello Shaba (ex Katanga) e ha replicato l'invasione nel maggio 1978; soltanto l'intervento di truppe belghe e francesi, poi sostituite da una forza di pace africana, ha consentito al governo di riprendere il controllo della regione. Le forze di opposizione, che trovano consensi nelle classi medie e anche in quelle contadine di alcune regioni, sono state duramente represse.

Per la necessità di aiuti militari e di appoggio politico-economico, lo Z. si è sempre più legato all'Occidente, in particolare alla Francia e al Belgio (con il quale le buone relazioni risalgono al 1969-70). Con l'Angola si sono alternate fasi di tensione (quando lo Z. appoggiava, seguendo gli SUA, il FNLA e l'UNITA contro il MPLA, risultato vittorioso), con riconciliazioni nel marzo 1976 e nel luglio 1978, dopo la crisi connessa alle invasioni provenienti dall'Angola; lo Z. ruppe allora le relazioni con Cuba e la Rep. Dem. Tedesca (queste riattivate nel 1979). Nel corso del 1979 le difficoltà economiche si sono accentuate e il Fondo monetario internazionale ha praticamente posto sotto controllo la gestione finanziaria del paese.

Bibl.: Th. Kanza, Congo 1960, Bruxelles 1962; S. Michel, Uhuru Lumumba, Parigi 1962; K. Richardson, Freedom in Congo, Glasgow 1962; G. Buccianti, Il Congo, Milano 1963; J. Van Lierde, J.-P. Sartre, La pensée politique de Patrice Lumumba, Parigi 1963; C. Hoskyns, The Congo since independence, Londra 1965; C. Yong, Politics in the Congo, decolonisation and independence, Princeton 1965; J. Gerard-Libois, Katanga secession, Londra 1966; A. Bouveren, Tschombé, New York 1967; P. H. Gendebin, L'intervention des Nations Unies au Congo, 1960-1964, Parigi 1967; B. Verhaegen, Rébellions au Congo, voll. I-II, Bruxelles 1968; R. Gott, Mobutu's Congo, Londra 1968; E. Makedonsky, L'expérience liberale du Congo-Kinshasa, in Revue Française d'études politiques africaines, 1969, pp. 24-39; R. Cornevin, Histoire du Congo (Léopoldville-Kinshasa), des origines préhistoriques à la République Démocratique du Congo, Parigi 1970; L. Monnier, Ethnies et intégration régionale au Congo, ivi 1971; R. Cornevin, La politique intérieure du Zaïre, in Revue Française d'études politiques africaines, 1974, pp. 30-48; M. Kasenda, Le Zaïre d'aujourd'hui, in Studia diplomatica, 1975; R. Cornevin, Le Zaïre, ivi 1977; C. Kamitatu-Massamba, Zaïre, le pouvoir à la portée du peuple, ivi 1977.

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