Zinco

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zinco Elemento chimico, metallo di colore bianco azzurrastro, che all’aria si ricopre di uno strato sottile di carbonato basico.

Chimica

Caratteri generali

Lo z. appartiene al gruppo II B del sistema periodico, ha simbolo Zn, numero atomico 30, peso atomico 65,38, isotopi stabili 6430Zn (48,9%), 66/30Zn (27,8%), 6730Zn (4,1%), 6830Zn (18,6%), 7030Zn (0,6%), densità 7,13 g/cm3, punto di fusione 420 °C, punto di ebollizione 907 °C; ha reticolo esagonale compatto.

I minerali e le leghe di z. sono noti fin dall’antichità, ma il metallo puro fu preparato per la prima volta in India, probabilmente nel 14° sec. d.C. In Europa, lo z. fu riscoperto da Paracelso nel 1520 e preparato puro da Marggraf nel 1746.

È un metallo di colore bianco-azzurro che all’aria si ricopre di un sottile strato di carbonato basico che lo protegge da ulteriore ossidazione. È piuttosto fragile a temperatura ordinaria: può essere però agevolmente lavorato a 100-150 °C. Per riscaldamento all’aria a temperature prossime a quella di ebollizione brucia vivamente dando ossido in forma di fiocchi bianchi (lana filosofica); in stato di elevata purezza e a freddo è attaccato solo con lentezza dagli acidi cloridrico e solforico, ma la presenza di impurezze anche in tracce rende la reazione rapida, con sviluppo di idrogeno. Lo z. si comporta sempre da bivalente nei suoi sali, quasi tutti dotati di elevata tossicità.

Lo z. si usa soprattutto come rivestimento di lamiere di materiali ferrosi e come componente di numerose leghe, tra cui particolarmente importanti l’ottone e l’argentana. Notevole è anche l’impiego del metallo come anodo di sacrificio per proteggere dalla corrosione grandi strutture di acciaio interrate o immerse in acqua.

Composti

Acetato di z. Cristalli bianchi monoclini, di formula Zn(C2H3O2)2; è nota anche una forma idrata, Zn(C2H3O2)2•2H2O, stabile fino a 100 °C. Si prepara per riscaldamento di ossido di z. e acido acetico. Usato nella conservazione del legno, in medicina come astringente e antisettico, come catalizzatore e come mordente in tintoria.

Bicromato di z. Polvere arancione, di formula ZnCr2O7•3H2O; solubile in acidi e in acqua calda. Usato come pigmento. Borato di z. Ha formula approssimativa 3ZnO•2B2O2, con percentuale variabile di acqua di idratazione. Polvere bianca amorfa, poco solubile in acqua, molto solubile in acidi diluiti. Si ottiene per riscaldamento a 500-1000 °C di ossido di z. e borace. Usato nell’industria ceramica, e come agente antifiamme in vernici e tessuti. Bromuro di z. Cristalli bianchi, igroscopici di formula ZnBr2, solubili in acqua, alcol, etere. È dotato di azione sedativa e antispasmodica; si usa nella tecnica fotografica.

Carbonato basico di z. Ha formula approssimativa 2ZnCO3•3Zn(OH)2. Polvere bianca, impalpabile, solubile in acidi diluiti e ammoniaca. Si ottiene per azione di carbonato di sodio su una soluzione di sali di zinco. Si usa come pigmento nelle vernici; è dotato di azione essiccante e assorbente.

Carbonato di z. Ha formula ZnCO3; cristalli bianchi insolubili in acqua, solubili in acidi, basi e in soluzioni di sali ammoniacali. Usato come pigmento nelle vernici, come agente antifuoco, nell’industria ceramica e della gomma e, in medicina, come antisettico.

Cianuro di z. Ha formula Zn(CN)2. Polvere bianca; velenoso; solubile in acidi con svolgimento di acido cianidrico, insolubile in acqua. Si ottiene per precipitazione da soluzioni di solfato o cloruro di z. per aggiunta di cianuro di potassio. Si decompone per riscaldamento. Si usa come insetticida e per il rivestimento elettrolitico dei metalli.

Cloruro di z. Cristalli bianchi, velenosi, deliquescenti, di formula ZnCl2, solubili in acqua, alcol ed etere; fonde a 290 °C e bolle a 732 °C. Si ottiene per azione di acido cloridrico su z. od ossido di zinco. Si presenta come una massa semisolida, untuosa, simile al burro. Usato come deodorante, disinfettante, preservante del legno, agente antifuoco, mordente nell’industria tessile, vulcanizzante della gomma, antisettico nei dentifrici. Trova impiego inoltre come catalizzatore e agente disidratante nelle sintesi organiche; è dotato di forte azione caustica e astringente.

Cromato di z. Sale basico, di formula approssimativa Zn2(OH)2CrO4. Polvere gialla, poco solubile in acqua, ottenuta per reazione dell’acido cromico con ossido o idrossido di zinco. Si usa largamente nell’industria dei colori e delle vernici. Cromato di z. e potassio Sale, di formula approssimativa 4ZnO•K2O•4Cr2O3•3H2O, di colore giallo limone, noto anche sotto il nome di giallo di z.; parzialmente solubile in acqua. Si usa principalmente nella manifattura di vernici antiruggine. Dietilditiocarbammato di z. Ha formula Zn[SC(S)N(C2H5)2]2; polvere bianca, solubile in cloroformio e solfuro di carbonio, insolubile in acqua. È usato come accelerante nella vulcanizzazione della gomma e come additivo negli oli lubrificanti.

Dietilzinco (o zincoetile) Composto metallorganico, di formula Zn(C2H5)2; liquido incolore che bolle a 118 °C, infiammabile all’aria; si decompone in acqua. Analogamente agli altri zincoalchili si può ottenere per reazione di alogenuri di etile con polvere di zinco. È usato nelle sintesi organiche come agente etilante.

Etilenbisditiocarbammato di z. Altra denominazione del composto comunemente noto come zineb, polvere incolore, quasi inodore, insolubile in acqua, solubile in solfuro di carbonio e piridina, instabile al calore, alla luce e all’umidità. È utilizzato come fungicida contro le più diffuse crittogame, e in particolare contro la peronospora della vite, delle patate, del pomodoro e contro la ticchiolatura delle Pomacee.

Fluoruro di z. Polvere bianca, di formula ZnF2; velenoso, solubile in acidi a caldo, poco solubile in acqua. Si ottiene per aggiunta di fluoruro di sodio a una soluzione di acetato di zinco. Usato nell’industria degli smalti per ceramiche, nella preparazione di bagni galvanici, come fosforo e in chimica organica come agente fluorurante.

Formiato di z. Cristalli bianchi, di formula Zn(CHO2)2•2H2O; solubile in acqua; si decompone per riscaldamento. Si ottiene per azione dell’acido formico su idrossido di zinco. Usato nella sintesi dell’alcol metilico come catalizzatore, come agente impermeabilizzante e preservante del legno; dotato di azione antisettica.

Fosfato di z. Ha formula Zn3(PO4)2•4H2O. Polvere bianca, solubile in acidi e idrossido di ammonio, insolubile in acqua. Usato nei cementi per odontoiatria.

Ipofosfito di z. Sale, di formula ZnS2O4; è noto anche come idrosolfito di z.; bianco, amorfo, solubile in acqua. Usato come deprimente della tensione superficiale nella flottazione, nella manifattura della carta, e come sbiancante. Nitrato di z. Si presenta in cristalli incolori, di formula Zn(NO3)2•6H2O; solubile in alcol e acqua. Si ottiene per azione dell’acido nitrico su idrossido od ossido di zinco. Usato come mordente e come reagente per analisi.

Ossido di z. Composto, di formula ZnO, noto anche sotto il nome di fiori di z. o lana filosofica. Polvere amorfa, bianca o giallastra. Sublima a 1800 °C, insolubile in acqua, solubile negli acidi. Assorbe anidride carbonica dall’aria. Si ottiene per ossidazione di vapori di z., per arrostimento dei minerali, e per riscaldamento del carbonato di zinco. È il composto dello z. commercialmente più importante. Oltre che come materiale di partenza per la preparazione di sali di z. è usato come pigmento nelle vernici (bianco di z.), agente attivatore e rinforzante nella gomma, per speciali cementi in odontoiatria, nell’industria dei cosmetici, dei saponi speciali, della ceramica, dei vetri e della celluloide, in quella tessile e in modo speciale del raion, in medicina per la cura di alcune dermatosi.

Perossido di z. Polvere bianca, di formula ZnO2. Commercialmente si chiama perossido di z. una miscela contenente 60% di ZnO2 e 40% di ZnO. Si decompone rapidamente sopra 150 °C; insolubile in acqua, solubile in acidi con decomposizione. Si ottiene per reazione tra solfato di z. e perossido di bario in soluzione. Usato nell’industria dei cosmetici e della gomma; ha azione assorbente, astringente e antisettica.

Pirofosfato di z. Polvere bianca, di formula Zn2P2O7; solubile in acidi e alcali, insolubile in acqua. Si ottiene per riscaldamento di una miscela di fosfato ammonico e di un sale di zinco. Si usa come pigmento.

Sali di z. con acidi grassi I più noti sono l’oleato, il linoleato, il palmitato, lo stearato. Generalmente cristallini, bianchi, insolubili in acqua e in alcol. La formula generale è Zn(RCOO)2, in cui R è un radicale alchilico a molti atomi di C. Si ottengono per reazione del sale sodico o ammonico dell’acido grasso con solfato od ossido di zinco. Usati principalmente come essiccanti nelle vernici, trovano tuttavia altri impieghi nell’industria dei cosmetici, in medicina, nella manifattura della gomma e come lubrificanti nella metallurgia delle polveri.

Solfato di z. (o vetriolo di z. o vetriolo bianco) Cristalli incolori, di formula ZnSO4•7H2O, solubili in acqua e glicerina. Si ottiene per azione dell’acido solforico su ossido di zinco, industrialmente per arrostimento dei minerali di z. e lisciviazione con acido solforico; il prodotto ottenuto viene purificato per cristallizzazione. Si usa come mordente, come preservante del legno, come sbiancante della carta; è dotato di proprietà astringenti con una blanda azione antisettica.

Solfito di z. Polvere bianca, di formula ZnSO3•2H2O. Si ossida in aria a solfato di z.; solubile in acido solforoso, insolubile in acqua fredda, si decompone in acqua calda. È usato nei laboratori di biologia come preservante dei preparati anatomici. Solfuro di z. Ha formula ZnS (o ZnS•H2O). Polvere bianco-giallastra; solubile in acidi, insolubile in acqua. Si ottiene per gorgogliamento di acido solfidrico in una soluzione di un sale di z. solubile. Si usa come pigmento per vernici e colori, lacche e smalti, per ottenere vetri speciali e schermi fluorescenti, nella manifattura della gomma e delle materie plastiche e nella preparazione del litopone (➔) di cui è un ingrediente.

Minerali

Zincaluminite Minerale, di colore bianco tendente al bluastro; è solfato idrato basico di z. e alluminio, Zn3Al3(SO4)(OH)13•2H2O, esagonale. Zincite Minerale, di colore giallo tendente al rossastro, translucido; è ossido di z., ZnO, esagonale. In rari cristalli piramidati arrotondati o corrosi, sovente in masse compatte o granulari, la zincite è stata rinvenuta a Franklin Furnace e a Sterling Hill (New Jersey). È utile per l’estrazione dello zinco.

Zincorosasite Minerale, di colore verde tendente al blu; è una varietà di rosasite contenente z. in qualità superiore al rame. In aggregati botroidali o fibrosi costituiti da cristalli microscopici, è stato rinvenuto come minerale secondario nelle zone di ossidazione nei giacimenti metallici a z., rame e piombo.

Biologia

Lo z. è un normale costituente dei tessuti animali (nei Mammiferi abbonda soprattutto nel cervelletto, fegato, milza, ovaia, timo e tessuto adiposo) e vegetali, nei quali è rinvenibile particolarmente nei nuclei cellulari. Fa parte dei cosiddetti principi oligodinamici, cioè di quelle sostanze che, pur presenti solamente in tracce nell’organismo, hanno tuttavia una notevole importanza per l’equilibrio metabolico e lo sviluppo organico. Interviene nei processi di trascrizione del codice genetico, in particolare in una delle principali modalità di fissazione e di aggancio dei fattori di trascrizione al DNA, facendo parte del cosiddetto ‘fattore a dita di z.’ (zinc finger), motivo strutturale tipico di proteine regolatrici, costituito da un’ansa della struttura primaria di circa 30 amminoacidi che include ioni z. uniti con legami di coordinazione a coppie di cisteine e/o istidine (➔ regolazione). Sono conosciuti circa 100 metalloenzimi contenenti z., tra cui anche le DNA e RNA polimerasi.

L’assorbimento dello z. sembra essere direttamente e proporzionalmente regolato dai livelli della proteina metallotioneina nelle cellule della mucosa intestinale, anche se l’esatto ruolo di quest’ultima non è del tutto noto; sembra che possa fungere da tampone per gli ioni z. quando il metallo attraversa le cellule intestinali. Lo z. si trova anche nella gustina, un polipeptide presente nella saliva che sembra essere necessario per il corretto sviluppo delle papille gustative. Così, il deficit nutrizionale di questo microelemento si associa a perdita dell’acutezza gustativa. Nei bambini, deficit di z. sono di solito caratterizzati da una stentata crescita e da un blocco dello sviluppo sessuale, mentre sia negli adulti sia nei bambini si osserva una ritardata cicatrizzazione delle ferite. Inoltre, deficit di z. molto gravi sono stati riscontrati negli alcolisti, specie in quelli con cirrosi, nei soggetti con insufficienza renale cronica o con gravi malattie di malassorbimento; in tutti questi casi il sintomo più caratteristico e precoce è la dermatite.

Tecnica

Metallurgia e produzione

Lo z. è rarissimo come elemento nativo. I minerali di z. che hanno interesse per l’estrazione del metallo sono la blenda, che è solfuro di z., ZnS e, in assai minor misura, le calamine; oltre a contenere impurezze, quali ferro e cadmio, e risultare di norma associati con minerali di piombo, i minerali di z. hanno un tenore del metallo troppo basso, per cui si impone un trattamento preventivo di concentrazione basato su sistemi di flottazione selettiva, separazione per gravità e simili. Il concentrato ottenuto viene quindi sottoposto ad arrostimento in forni appositi in modo da eliminare gran parte dello zolfo, evitando, per quanto possibile, la formazione di ferrito di z., e trasformare così la blenda nel corrispondente ossido. La riduzione a metallo del prodotto ottenuto si può effettuare per via termica usando coke come mezzo riducente o per via elettrolitica. Nel caso della riduzione termica la reazione avviene a 1000-1200 °C, cioè a temperature superiori a quella di ebollizione del metallo, ottenendosi così z. allo stato di vapore. La forte tendenza presentata dallo z. vapore a riossidarsi a ZnO quando la temperatura decresce impone di operare un rapido raffreddamento dei gas fuoriuscenti dal forno di riduzione, così da impedire perdite eccessive (tuzie). Il procedimento elettrolitico sta via via imponendosi rispetto ai processi di riduzione termica a causa della crescente scarsità di carboni fossili da coke a basso prezzo. Quando si adotta la via elettrolitica, il prodotto dell’arrostimento (che in tal caso è preferibilmente di tipo ‘solfatante’, cioè porta a ossido e solfato, il quale ultimo è idrosolubile) viene lisciviato con una soluzione di acido solforico: ciò comporta però anche la dissoluzione di altri elementi contenuti nella carica (Fe, As, Sb, Si, Al, Cu, Cd) e poiché alcuni almeno di questi potrebbero depositarsi catodicamente a tutto danno della purezza dello z. metallico, è necessaria una preventiva depurazione della soluzione di solfato per aggiunta di calce, che fa precipitare Fe2O3, Al2O3 ecc. La elettrolisi si effettua in celle, in genere di cemento, rivestite all’interno di piombo; i catodi sono d’alluminio e gli anodi di piombo (o di lega piombo-argento). Si opera a 40 °C circa, con tensioni di 3,25-3,50 V e densità di corrente di 3-4 A/dm2.

Considerato che gli impieghi dello z. sono fortemente connessi allo sviluppo di alcuni comparti dell’industria di base ma anche a quelli delle manifatture, ben si comprende come la relativa produzione sia andata rapidamente crescendo con l’avanzare dell’industrializzazione: il quantitativo prodotto, che già alla vigilia della Prima guerra mondiale ammontava a 1 milione di t, raggiungeva 1,8 milioni di t nel 1935, 3 milioni di t nel 1960 e 5 milioni di t nel 1970, 10,4 milioni di t nel 2009. Mentre agli inizi degli anni 1980 l’area nordamericana, il Giappone e l’URSS assicuravano oltre il 40% del totale mondiale, dagli anni 1990 questi stessi paesi hanno visto il loro apporto ridotto a meno del 30%, a causa degli straordinari progressi che la metallurgia dello z. ha fatto registrare in Cina, cresciuta a un tasso medio annuo vicino al 20% che, ora assicura, da sola, quasi un quinto del totale mondiale della produzione. Essa utilizza prevalentemente i minerali estratti dai giacimenti delle regioni centro-orientali, che vengono lavorati in una decina di impianti, i più importanti dei quali (con una capacità produttiva di 100.000 t ciascuno) sono localizzati a Zhuzhou e Shaoguan; lo z. prodotto viene esportato per circa un quarto verso la aree industrializzate dell’Estremo Oriente, mentre per la restante parte alimenta la crescita industriale interna. Al totale delle esportazioni mondiali contribuiscono, poi, in misura preponderante, il Canada e l’Australia mentre quote assai più ridotte provengono da alcuni paesi dell’Unione Europea. L’apertura di molte nuove miniere negli ultimi anni ha portato a un surplus di offerte rispetto alla domanda con conseguente discesa dei prezzi.

Tecniche di impiego

Zincatura Operazione mediante la quale oggetti di ferro o di acciaio vengono rivestiti di uno strato di z., allo scopo di proteggerli dalla corrosione. Il metodo di zincatura più usato, specialmente per lamiere di ferro, è quello a caldo, in cui l’oggetto è immerso in un bagno di z. fuso, coperto alla superficie da uno strato di cloruri di z. e ammonio che lo proteggono dall’ossidazione e migliorano il decapaggio. Per piccoli oggetti, specie se di forma complicata, si usa di preferenza la zincatura elettrolitica in bagni acidi di solfato di z., o in bagni basici di cianuri di z. e sodio (a caldo). Altri processi sono la sherardizzazione e la zincatura alla pistola, con la quale le goccioline di z., fuse da un filo di quel metallo mediante una fiamma, sono proiettate sulla superficie da rivestire. Qualunque sia il procedimento usato è necessaria la previa pulitura (decapaggio) della superficie da zincare. Zincaggio Sistema di separazione e recupero dell’argento dal piombo greggio, basato sulla maggiore solubilità dell’argento nello z. che non nel piombo fuso; consiste nell’aggiungere al piombo 1-2% di z. fuso: si raccoglie in superficie una massa schiumosa di z. contenente argento. Zincografia Processo grafico, detto anche zincotipia, con il quale si preparano, con il sussidio della fotografia, matrici in rilievo su una lastra di z., usate per le illustrazioni dei libri e periodici stampati tipograficamente. Il primo a mettere a punto un cliché tipografico su lastra di z. fu F. Gillot a Parigi nel 1850, mentre le prime applicazioni industriali della zincografia furono opera di J.C. Moss nel 1872 a New York. Il negativo ottenuto fotografando l’originale nelle dimensioni volute si stampa su una lastra di z., piana, levigata e sgrassata, ricoperta di albumina o gelatina bicromatate. Eliminato lo strato sensibile delle parti non insolubilizzate e rinforzato lo strato protettivo per renderlo più resistente, si procede all’incisione o morsura con acido nitrico diluito, che corrode il metallo nelle parti rimaste scoperte, corrispondenti agli scuri del negativo e ai chiari dell’originale. Restano dunque in rilievo, non corrose, le parti protette dallo strato insolubilizzato, che corrispondono agli scuri dell’originale. Questo procedimento è seguito per gli originali a tratto, cioè formati da linee distinte come i disegni tecnici, le figure a penna e simili. Per gli originali a sfumatura, come le fotografie, occorre decomporre l’immagine in punti anteponendo alla lastra fotografica un retino. Si stampa su lastra di zinco alla gelatina bicromatata e, sviluppata l’immagine, si fissa con il riscaldamento e si sottopone a una leggera morsura. Si ottiene una matrice formata da tanti punti rilevati, più o meno grandi secondo il tono più o meno scuro che ne deve risultare.

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