ZINI, Zino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

ZINI, Zino

Francesco Giasi

ZINI, Zino. – Nacque a Firenze il 15 dicembre 1868 da Gaetano, modenese, e da Penelope Angeloni, perugina. Il padre era stato un esponente del movimento democratico modenese, al seguito del fratello Luigi, segretario generale del governo provvisorio dell’Emilia nel 1848, poi intendente generale a Modena e a Ferrara nel 1860.

Come sottoprefetto dovette trasferirsi in vari capoluoghi distrettuali, dove Zino trascorse l’infanzia e l’adolescenza: Avezzano, Montefalco, Sora, Bergamo, Canneto sull’Oglio, Girgenti, Guastalla, Cairo Montenotte, Pinerolo, Novi Ligure, Savona (qui frequentò i primi tre anni del ginnasio) e Asti, che lasciò dopo aver frequentato il primo anno di liceo. Trasferitasi la famiglia a Torino nell’ottobre del 1885, completò i suoi studi al liceo Gioberti, conseguendo la maturità nel 1887. Ebbe notevole influenza sulla sua formazione e sui primi orientamenti culturali il dialogo con lo zio Luigi (dal 1861 prefetto in varie province, sino alla sua nomina a senatore nel 1876, autore di una Storia d’Italia dal 1850 al 1866), con cui fu in corrispondenza sino al 1894, anno della sua morte. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza, strinse amicizia con Claudio Treves e Gustavo Balsamo Crivelli, studente di lettere. Partecipò attivamente alle manifestazioni pacifiste promosse dagli studenti liberali e democratici torinesi e fu tra i fondatori dell’Unione universitaria per la pace nel 1890. Conseguì la laurea nel 1891.

Zini non volle intraprendere la carriera forense, come il fratello maggiore Lamberto (Firenze, 1866-Torino, 1951), e accanto agli studi storico-giuridici e filosofici sollecitati dalle lezioni universitarie di Giuseppe Carle coltivò invece un emergente interesse per la letteratura europea contemporanea, accompagnato da un assiduo studio delle lingue. Si iscrisse alla facoltà di lettere, continuando ad approfondire lo studio delle scienze sociali e seguendo l’attività dei principali rappresentanti del positivismo torinese: le conferenze di Cesare Lombroso, il Laboratorio di economia politica di Salvatore Cognetti de Martiis, i seminari sulla letteratura organizzati da Arturo Graf (le cosiddette sabatine). Aderì al socialismo già nel 1893 – anno in cui conseguì la laurea in lettere –, come testimoniano i suoi pronunciamenti sul settimanale Il grido del popolo. Tra il 1893 e il 1896 pubblicò i suoi primi saggi sulle riviste Il pensiero italiano, Rassegna di scienze sociali e politiche e Archivio di psichiatria, scienze penali ed antropologia criminale. Fu contemporaneamente collaboratore di Vita moderna (dal 1895 Cronaca moderna), diretta da Gustavo Macchi, e della Gazzetta letteraria, supplemento settimanale della Gazzetta piemontese; dal marzo del 1895 iniziò a scrivere con regolarità sul quotidiano divenuto, da gennaio, La stampa-Gazzetta piemontese.

Nell’estate del 1897 si recò in Scandinavia insieme a Treves e Balsamo Crivelli; nel corso del soggiorno, durato circa un mese, ebbe modo di incontrare Henrik Ibsen e August Strindberg. Nel 1898 conseguì la laurea in filosofia, quando aveva già portato a termine la sua prima opera monografica: Proprietà individuale o proprietà collettiva? Ricerche sulle tendenze economiche delle società moderne, pubblicata da Bocca, che fu il suo editore sino allo scoppio della prima guerra mondiale e già editore di un volume del padre (La scienza o la fede?, 1893). Fu tra gli animatori della Società di cultura sorta a Torino nel 1898, anno in cui avviò una regolare collaborazione con la Gazzetta del popolo. Nel giugno del 1900 entrò nel Comitato scientifico della neoistituita Università popolare. Suoi articoli su temi letterari e filosofici apparvero su numerosi quotidiani e riviste, per esempio La riforma sociale, tra il 1901 e il 1903. Nel 1902 diede alle stampe Il pentimento e la morale ascetica, stroncato dal quotidiano L’osservatore romano (8-9 marzo 1902) e inserito dalla Congregazione dell’Indice nell’elenco dei libri proibiti (decreto del 19 agosto 1902).

Supplente nei licei del capoluogo piemontese, nel gennaio del 1903 Zini fece domanda per la libera docenza in filosofia morale; respinta dalla commissione giudicatrice della facoltà, il Consiglio superiore della pubblica istruzione espresse parere favo;revole e a dicembre Zini ottenne l’abilitazione. Nel 1905 collaborò alla rivista letteraria Il campo, fondata da Francesco Pastonchi, con saggi su Gustave Flaubert, Guy de Maupassant e Giovanni Camerana.

Nel luglio del 1905 sposò Ida Terracini (Asti, 1870-Torino, 1964), nel 1892 prima donna laureatasi in matematica nell’ateneo torinese, fondatrice di un convitto femminile israelitico e insegnante.

Nel gennaio del 1906 fu eletto consigliere comunale di Torino nella lista del Partito socialista. Nominato ordinario di filosofia presso i Regi licei, dall’ottobre del 1906 insegnò al liceo Cavour.

Il 17 marzo 1907 nacque la figlia Maria Luisa (Marisa). Nello stesso anno uscì la sua terza opera monografica: Giustizia: storia d’una idea, che testimonia il suo definitivo distacco dal positivismo, incapace, a suo avviso, di comprendere il significato e la natura dei ‘fattori spirituali’ e ciò che appartiene alla sfera della coscienza individuale e collettiva.

Nel giugno del 1909 venne rieletto nel consiglio comunale. Supplente di filosofia morale nel 1909, gli fu affidata la cattedra nel 1912-13 e nel 1913-14. Alle elezioni del giugno del 1914 venne nuovamente eletto nel consiglio comunale. Pubblicò in quel;l’anno La doppia maschera dell’universo: filosofia del tempo e dello spazio, la sua maggiore opera filosofica, e La morale al bivio; in entrambe è assai evidente l’influenza del neokantismo della scuola di Marburgo e di autori (Arthur Schopenhauer, Friedrich Nietzsche e Henri-Louis Bergson) che utilizzò per demolire il determinismo positivista. Non superò il concorso per la cattedra di filosofia morale né nel 1915, né nel 1920. Dal 1916-17 iniziò a insegnare al liceo d’Azeglio.

Mentre la Grande Guerra contribuiva a modificare profondamente i tratti del suo socialismo, tra il 1917 e il 1918 Zini collaborò al giornale Il grido del popolo diretto da Antonio Gramsci, già suo allievo all’università. Risale a questi anni lo studio di Karl Marx, autore sino ad allora trascurato. Considerò il marxismo «il maggiore, più sicuro e più universale, mezzo di ricerca e d’interpretazione genealogica dei fatti umani che la critica storica abbia messo a nostra disposizione» e la più compiuta confutazione del meccanicismo positivista (Il grido del popolo, 31 agosto 1918). Allo stesso tempo il marxismo non veniva ridotto a canone di interpretazione della storia: «è vita, è praxis, è filosofia vivente ed operante nelle coscienze di una classe, è in altre parole uno strumento poderoso e terribile di lotta» (La tragedia del proletariato, Milano 1973, p. 130). Dal 1919 al 1920 scrisse frequentemente per L’ordine nuovo; dal 24 maggio al 16 agosto 1919 il settimanale socialista pubblicò in otto puntate Il congresso dei morti, apologo contro la guerra i cui primi due capitoli erano stati anticipati sul citato Il grido del popolo. Non più nel consiglio comunale, scioltosi anticipatamen;te nel novembre del 1919, Zini intensificò la sua attività presso la sezione socialista a sostegno delle iniziative promosse dagli ordinovisti. A dicembre si fece promotore della Scuola di cultura e propaganda socialista; pronunciò il discorso inaugurale (Da cittadino a produttore) e tenne tre lezioni (Determinismo economico e materialismo storico, Il Manifesto dei comunisti, La giustizia) che documentano anche la sua piena adesione al comunismo. Nel gennaio del 1921 diresse l’Istituto di cultura proletaria, sezione italiana dell’Istituto internazionale di cultura proletaria (Proletkult) di Mosca, redigendone il programma. Mentre l’Istituto promuoveva conferenze, concerti, mostre, visite guidate nei luoghi della cultura, la ridefinizione della funzione dell’intellettuale e l’acculturazione del proletariato divennero per un intero biennio i temi più rilevanti della sua riflessione. Nel 1921 la Libreria editrice del Partito comunista d’Italia raccolse in volume Il congresso dei morti.

Con la partenza di Gramsci per Mosca, nel maggio del 1922, Zini allentò i legami con il partito comunista. Dall’estate riprese a collaborare con La stampa. Nella notte tra il 21 e il 22 dicembre 1922, nel corso delle sanguinose violenze compiute dai fascisti torinesi, subì un’aggressione all’interno della sua abitazione di via Valeggio. Si ritirò definitivamente dalla politica attiva limitandosi ad annotare sulle pagine dei diari – tenuti dal 1894 sino alla morte – le sue considerazioni sul fascismo e sulla regressione della vita culturale e politica italiana.

Aveva iniziato a collaborare con la casa editrice Paravia, traducendo e curando classici della filosofia e della pedagogia: Gabriel Compayré, L’adolescenza: studi di psicologia e pedagogia (1921), e Henry Sidgwick, Prime linee di una storia della morale (1922), al quale aveva aggiunto una corposa appendice dedicata alla storia delle dottrine morali in Italia, Francia e Germania. Per la Piccola biblioteca di coltura filosofica della casa editrice Athena pubblicò Schopenhauer (1923) e Spencer (1926), più volte ristampati.

Dal gennaio del 1924 diresse La parola. Rassegna mensile di conferenze e prolusioni pubblicata dalla casa editrice Utet. Da Vienna – con una lettera datata 10 gennaio 1924 (ma probabilmente del 10 febbraio) – Gramsci gli propose di collaborare alla nuova serie quindicinale della testata L’ordine nuovo e di tradurre un’antologia di scritti di Marx e Friedrich Engels pubblicata a Mosca. Della risposta Gramsci riferì ai compagni di partito il 21 marzo 1924: «Zini rimane in principio, coi comunisti, ma scrive di essere vecchio, stanco, di non aver fiducia più in nulla e in nessuno e di essersi completamente dedicato, oltre alle sue occupazioni professionali, a sistemare il suo pensiero in un libro, che dai cenni contenuti nella sua lettera, sarà il puro riflesso di questo stato di passività politica». Ciononostante, Gramsci reiterò e precisò le sue proposte in una seconda lettera datata 2 aprile. Zini rifiutò nei mesi successivi anche la proposta di Annibale Pastore di dare vita a una rivista di filosofia. Nello stesso anno tradusse il dramma di Ibsen Rosmersholm.

Nel 1926 raccolse diversi suoi saggi letterari e filosofici apparsi su riviste e quotidiani in Poesia e verità (Milano). Per la Piccola biblioteca di filosofia e pedagogia, collezione della Paravia destinata agli studenti, curò l’edizione dei Principi di psicologia di William James (1928) e Deontologia o scienza morale di Jeremy Bentham (1930), pubblicato con Del sistema che fonda la morale sull’utilità, appendice al capitolo terzo delle Osservazioni sulla morale cattolica di Alessandro Manzoni. Nel maggio del 1929 ottenne la definitiva abilitazione alla libera docenza in filosofia morale.

Nel 1929, collaborò alla rivista La cultura, diretta da Ferdinando Neri, passata alla fine dell’anno nelle mani di un comitato di redazione; contribuì con articoli e recensioni fino al 1935. Nel corso degli anni Trenta intensificò la sua attività di traduttore. Sollecitato da Alfredo Polledro già nel 1928, nel 1930 curò per Slavia la traduzione di Anton Čechov, con La steppa: racconti (contenente anche Una storia noiosa e Mia moglie). Per la Utet curò vari volumi della collezione Grandi scrittori stranieri: I discorsi di Ottone von Bismarck (1931), Spettri e L’anitra selvatica di Ibsen (1931), Gli abitanti di Hemsö di Strindberg (1934) e Fumo di Ivan Turgenev (1935). Dal 1933 anche la figlia Marisa prese a tradurre per la Utet (Stendhal, Prévost, La Fontaine), quando vi aveva già collaborato Leone Ginzburg, allievo di Zini al D’Azeglio dal 1924 al 1927, allora impegnato ad animare la nuova serie della rivista La cultura e di lì a poco la neonata casa editrice Einaudi.

Ritiratosi dall’insegnamento, iniziò a raccogliere i suoi ricordi sulla Torino di fine Ottocento, mentre l’arresto e il processo subiti dal suo collega Augusto Monti nel 1936 suscitarono ammirazione e sgomento: «Assistiamo con vigliacca rassegnazione a tanto scempio della coscienza umana, senza una parola, senza un gesto di protesta» (Pagine di vita torinese, Torino 1981, p. 44). Continuò a lavorare per la casa editrice Paravia; nel 1936 curò Gioberti (1801-1852) per la collezione Scrittori italiani con notizie storiche e analisi estetiche e, con lo pseudonimo Luigi Lamberti (cognome della nonna paterna), Elementi di diritto ed economia politica per i licei e le scuole magistrali. Si dedicò alla traduzione dal norvegese del romanzo di Johan Bojer, La casa e il mare, uscito per Treves nel 1937. Nell’aprile dello stesso anno la casa editrice Einaudi diede alle stampe I fratelli nemici. Dialoghi e miti moderni – già proposto a Laterza tramite Benedetto Croce – dedicato a Giacomo Leopardi, «insupera;to maestro della prosa dialogica». Stava curando per la Utet un’edizione italiana di Les rêveries du promeneur solitaire di Jean-Jacques Rousseau, ma non riuscì a portare a termine quest’ultima fatica di traduttore, quando aveva già accettato di tradurre le Confessioni e sottoscritto un contratto per un testo di storia della filosofia ‘per profani’ dal titolo I grandi pensatori.

Morì a Pollone l’11 agosto 1937.

Marisa Zini portò a termine la traduzione del volume Le passeggiate del pensatore solitario, pubblicato nel 1939 con una sua introduzione. Dal 1942 lavorò per la casa editrice Francesco Da Silva, fondata da Franco Antonicelli; riprese a collaborare con la Utet e, dalla fine degli anni Quaranta, con l’Einaudi, con apprezzate traduzioni di opere di Cocteau, Dumas, France, Hugo, Lesage, Stendhal. Morì a Torino il 20 giugno 2004.

Opere. Scritti postumi: Due anime, a cura di F. Antonicelli, Torino 1937. I 21 diari sono stati pubblicati in minima parte: Gli anni venti nella testimonianza di Zino Zini, in Storia e politica, VII (1968), 3, pp. 453-482, VIII (1969), 1, pp. 119-143, IX (1970), 2, pp. 267-279; Pagine di diario (1923-1928), a cura di G. Bergami, in Il Ponte, XXVIII (1972), 11-12, pp. 1454-1465; La tragedia del proletariato in Italia. Diario 1914-1926, a cura di G. Bergami, Milano 1973; Appunti di vita torinese (inediti 1936-1937), in Belfagor, XXVIII (1973), 3, pp. 326-350; Pagine di vita torinese. Note dal diario (1894-1937), a cura di G. Bergami, Torino 1981.

Fonti e Bibl.: Centro studi Piero Gobetti, Fondo Zino Zini; Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale istruzione superiore, Terza serie 1897-1910, b. 177; Divisione I, Liberi docenti I, serie (1910-1930), b. 349; Ministero dell’Interno, Direzione generale della pubblica sicurezza, Divisione di polizia politica, fascicoli personali 1927-1944, b. 367.

N. Bobbio, Z. Z., in Archivio di storia della filosofia italiana, VII (1938), 1, pp. 94-96; G. Solari, Z. Z. (1868-1937), in Rivista di filosofia, XXIX (1938), 4, pp. 372-382; N. Bobbio, Tre maestri. Umberto Cosmo, Arturo Segre, Z. Z., Torino 1953; G.M. Bonacchi, Un intellettuale socialista: la formazione di Z. Z., in Rivista di storia contemporanea, V (1976), 4, pp. 525-555; G. Bergami, Z. Z., in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, V, Roma 1978, ad vocem; G. Bergami, Z. Z. tra liberalismo e impegno politico nel movimento operaio torinese, in Id., Da Graf a Gobetti. Cinquant’anni di cultura militante a Torino (1876-1925), Torino 1981, pp. 49-74; A. Gramsci, Lettere 1908-1926, a cura di A.A. Santucci, Torino 1992; A. d’Orsi, La cultura a Torino tra le due guerre, Torino 2000.

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