Umide, zone

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umide, zone Termine coniato per traduzione di quello inglese wetlands e largamente entrato nel lessico di varie discipline per designare corpi idrici di modesta profondità: stagni, paludi, torbiere, acquitrini, foci fluviali, valli da pesca; ma anche porzioni di laghi, di lagune, di fiumi, e tratti di mare adiacenti alla costa. A lungo considerate ambienti ostili all’uomo, sono state gradualmente ridotte dall’antropizzazione, soprattutto attraverso la bonifica idraulica. Nella seconda metà del 20° sec. sono state prese iniziative per tutelare le zone u. in quanto beni naturali (regolatori della circolazione idrica superficiale, luoghi di sosta degli uccelli migratori), patrimonio culturale (archivio di antiche forme d’insediamento e di attività) e risorsa economica (luoghi di attrazione turistica). L’opera di sensibilizzazione, soprattutto dell’UNESCO, ha portato alla Convenzione di Ramsar (Iran, 1971), con la quale gli Stati aderenti si impegnavano alla tutela delle proprie zone u., segnalandone almeno una d’interesse internazionale; l’Italia, che vi ha aderito nel 1976, ne protegge oltre 50.

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