Istituzioni

L’unione economica e monetaria storicamente nasce come una pura unione monetaria, lasciando da parte il progetto riguardante l’unione fiscale. Tale mancanza rende oggi l’eurozona una costruzione incompleta, minandone alla base la resilienza, le potenzialità di sviluppo e la capacità di far fronte alle crisi economiche. Negli ultimi anni, infatti, per far fronte alle diverse recessioni gli stati membri hanno dovuto fare affidamento su diversi strumenti. A seguito della crisi finanziaria globale del 2008 e dello scoppio della crisi dei debiti sovrani del 2011 sono stati istituiti meccanismi di trasferimento di risorse – nel rispetto di una stringente condizionalità – come lo European Financial Stability Facility (EFSF), evoluto nello European Stability Mechanism (ESM). Successivamente, con l’avvio delle politiche monetarie non convenzionali, come le TLTROs e il QE, sempre maggiore attenzione è stata posta sul ruolo delle banche centrali per supportare il sistema bancario e l’economia reale. A seguito delle crisi finanziarie, l’aumento dei tassi di interesse sui titoli governativi e le crisi di liquidità affrontate dai paesi periferici, fiscalmente più deboli, hanno portato economisti e policy makers a considerare titoli di stato emessi e garantiti congiuntamente dall’Unione Europea quali safe-assets europei in alternativa ai Bund tedeschi.

l dibattito sull’emissione di Eurobond verte su diversi punti, tra cui la necessità di garantire la stabilità dei mercati finanziari, abbassare il premio per il rischio pagato dai paesi meno “virtuosi” e infine migliorare l’outlook relativo ai bond sovrani. D’altra parte, l’individuazione di regole certe è altrettanto necessaria per evitare che questo salto fondamentale per l’Europa gravi in modo eccessivo sui paesi virtuosi, ostacolandone la realizzazione. I benefici e i rischi dell’emissione di titoli di debito comune sono riconducibili a tre categorie: disciplina fiscale e condivisione del rischio; stabilità finanziaria; meccanismi di trasmissione della politica monetaria e funzionamento dei mercati nell’Eurozona. La trasmissione della politica monetaria è uno sviluppo ulteriore, successivo ai primi due ambiti. Pertanto, questa analisi si limita ad approfondire i primi due punti.

Disciplina fiscale e condivisione del rischio

L’emissione di titoli di debito comuni comporta in particolare due tipologie di trasferimenti, una ex-ante dai paesi con standing creditizio più elevato a paesi percepiti maggiormente rischiosi e uno ex-post, ancora più rilevante, qualora uno dei paesi membri non fosse in grado di far fronte alle proprie obbligazioni. Un problema significativo relativo alla proposta di emissione di Eurobond è dato dal rischio di azzardo morale: i paesi meno virtuosi potrebbero essere spinti a indebitarsi eccessivamente, confidando nella garanzia implicita data dalla mutualizzazione del debito.

A tal fine è necessario rafforzare, riformandole al tempo stesso, le regole di bilancio, tramite il miglioramento del Patto di Stabilità e Crescita e degli altri strumenti della governance europea contenuti nel six pack, fiscal compact e two pack.

Stabilità finanziaria

L’introduzione di Eurobond potrebbe portare diversi vantaggi per quanto riguarda la stabilità finanziaria. In particolare, la presenza di titoli di debito comune ridurrebbe gli effetti di spill-over negativi tra i paesi e il rispettivo sistema bancario. In presenza di un forte home-bias l’aumento del rischio sovrano del paese di appartenenza comporta un incremento del tasso di interesse sui titoli di stato, con una conseguente diminuzione del valore dell’attivo capitale delle banche. Nel caso di assenza di meccanismi di assicurazione per il sistema bancario, come, ad esempio, le assicurazioni sui depositi o i fondi pubblici per la ricapitalizzazione delle banche, i problemi a esso relativi potrebbero peggiorare la situazione economica del paese di appartenenza.

Inoltre, la diminuzione del valore dell’attivo delle banche e la maggiore difficoltà di reperire finanziamenti sul mercato avrebbero effetti diretti sull’economia reale mediante la riduzione dei prestiti a imprese e famiglie e il conseguente calo degli investimenti.

L’emissione di Eurobond garantirebbe dunque la presenza di un asset sicuro a livello europeo, isolando così il sistema bancario rispetto all’andamento dei rispettivi paesi. Potrebbero inoltre ridurre il rischio di propagazione delle crisi, proteggendo così anche i paesi virtuosi dai rialzi degli spread duranti i periodi di crisi dovuti a un cambiamento generale del market sentiment.

Infine, la presenza di eurobbligazioni potrebbe garantire la presenza di un safe-asset a livello europeo al fianco e gradualmente in sostituzione dei Bund, come segnalato da Gros e Micossi. In caso di shock asimmetrici gli eurobond ridurrebbero il rischio del cosiddetto “flight to quality”, verso altre aree geografiche_,_ dato dallo spostamento di ingenti capitali da paesi ritenuti più rischiosi a paesi percepiti come più sicuri.

Con il passare del tempo la presenza di un safe-asset europeo potrebbe consentire di rafforzare lo status di valuta di riserva a livello internazionale dell’euro, contribuendo a stabilizzare il sistema monetario internazionale e a ridurre gli squilibri globali.

Si registrano anche voci contrarie all’emissione degli Eurobond; ad esempio, Issing ha argomentato che, nonostante i benefici evidenziati, la presenza di eurobbligazioni comuni potrebbe non essere la soluzione ottimale. Questi titoli non sarebbero infatti in grado di risolvere problemi fiscali a livello strutturale, nella misura in cui non si inseriscono in un contesto economico-politico dotato di una unione fiscale. Inoltre, potrebbero aumentare la tendenza dei paesi più deboli a fare affidamento sul debito, sottraendosi al contempo dalla disciplina di mercato operante attraverso maggiori tassi di interesse.

Principali proposte della letteratura economica [1]

Un ulteriore problema connesso all’emissione di Eurobond riguarda le differenze tra i paesi per quanto riguarda l’accesso al credito. Stati membri come Germania o Olanda, godendo di uno standing creditizio molto elevato potrebbero subire delle perdite dovute all’emissione di titoli di debito comuni con paesi aventi un rating creditizio inferiore.

Una delle proposte maggiormente dettagliate è quella di Boonstra. L’idea sottostante è quella di creare un fondo interno all’Eurozona, la cui partecipazione è volontaria e comporta la rinuncia da parte degli stati di finanziarsi autonomamente sui mercati. Il fondo emetterebbe Eurobond e presterebbe i fondi raccolti ai paesi partecipanti applicando un mark-up al tasso offerto dagli Eurobond. Il mark-up sarebbe basato sul differenziale di deficit e di debito del paese in questione rispetto alla media del deficit e del debito di Germania e Francia.

La proposta potrebbe portare diversi benefici in quanto il costo di prendere a prestito diminuirebbe e la qualità della spesa fiscale sarebbe riflessa all’interno dei tassi di interesse. I paesi non affronterebbero inoltre direttamente la disciplina diretta dei mercati ma piuttosto quella del fondo che emette Eurobond[2].

Un’altra proposta rilevante è quella avanzata da Moesen e De Grauwe, che propongono l’emissione di titoli di debito comuni da parte di una istituzione europea come, ad esempio, la Banca Europea per gli Investimenti (BEI). La partecipazione all’emissione sarebbe basata sulla quota di partecipazione detenuta dai singoli paesi nel capitale dell’istituto emittente. Il tasso da corrispondere sui suddetti titoli sarebbe pari alla media ponderata dei tassi dei singoli paesi. Attraverso questo meccanismo, si eliminerebbe il problema del free-riding poiché ciascun paese sopporterebbe lo stesso tasso di interesse corrisposto sui propri titoli di stato. Nonostante ciò, continuerebbe a persistere il rischio dato dall’esistenza di una garanzia implicita sul debito emesso.

Un’ulteriore proposta è quella di Juncker e Tremonti che suggerisce la creazione di un nuovo ente comunitario, l’Agenzia Europea del Debito. Questa sarebbe inizialmente responsabile dell’emissione di Eurobond per finanziare fino al 50% delle emissioni dei paesi, per poi con il tempo guidare la transizione dai titoli di debito nazionali agli Eurobond. La transizione avverrebbe a sconto rispetto ai titoli governativi, con uno sconto più elevato per paesi con elevati deficit e debito. Ciò spingerebbe diversi paesi a migliorare la propria politica fiscale.

L’ultima proposta, in ordine temporale ma non per importanza, è quella di Lorenzo Codogno e Paul van den Noord. Il piano dei due autori condensa le proposte di Eurobond e capacità di bilancio europea autonoma, procedendo nel modo seguente: innanzitutto, viene emesso un titolo comune, chiamato Eurobond, da un’istituzione a livello UE dotata di capacità di bilancio; gli Eurobond vengono poi scambiati, su base volontaria, a prezzi di mercato con i titoli di stato presenti nei bilanci delle banche e della BCE; per evitare azzardo morale, gli Eurobond vengono resi gli unici destinatari dei programmi di acquisto della BCE e assumono la funzione di riferimento per il rischio dei titoli di stato. Oltre all’emissione di Eurobond per acquistare titoli di stato, secondo gli autori, la capacità di bilancio può essere usata, attraverso altre emissioni, per finanziare investimenti su scala europea, come i cosiddetti beni pubblici europei oppure gli sforzi che richiedono un coordinamento, come quelli sanitari tristemente evidenziati dalla pandemia.

Finora le emissioni comunitarie nell’ambito di SURE e Next Generation EU sono state svolte dalla Commissione Europea, che si è dotata delle strutture atte a collocare titoli di debito europeo sui mercati. Nel caso di SURE, la Commissione ha emesso titoli per circa 63 miliardi di euro, collocando anche “obbligazioni sociali” per finanziare lo strumento.

Conclusioni a livello di policy

L’analisi evidenzia le principali motivazioni per l’emissione di titoli di debito comune, analizzandone rischi e benefici. Nonostante le numerose proposte in letteratura economica, sono ancora diversi i problemi irrisolti. L’assicurazione dei paesi fiscalmente più deboli pone infatti in essere un costo: gli Eurobond potrebbero avere un rating creditizio inferiore a nazioni come la Germania.

D’altra parte, la presenza di Eurobond sottrarrebbe evidentemente i Paesi più deboli, o quelli che di volta in volta possano trovarsi in crisi di liquidità, dal severo giudizio del mercato con l’effetto positivo di limitarne le conseguenze in termini di minore crescita economica. Inoltre, unitamente a condizioni migliori di indebitamento per i Paesi meno virtuosi, gli Eurobond ridurrebbero anche il rischio di propagazione di un’eventuale crisi verso gli altri paesi. La partecipazione all’emissione di debito comune deve quindi essere soggetta a stringenti regole al fine di aumentare la disciplina fiscale, mitigare il rischio di azzardo morale e redistribuire benefici e costi dell’emissione tra i diversi paesi. In conclusione, il progetto di emissione di Eurobond sarebbe in grado di garantire maggiore stabilità e di segnalare ai mercati maggiore impegno verso un’unione più coesa.

Gli Eurobond potrebbero rappresentare quindi un primo passo verso la costruzione di un’unione non solo monetaria ma anche fiscale, al fine di rendere la stessa maggiormente resiliente e sostenibile. In questo contesto, il programma Next Generation EU con il relativo piano di emissioni rappresenta un primo passo, auspicabilmente irreversibile, verso l’emissione su base permanente di titoli di debito comune.

[1] Per una rassegna completa aggiornata al 2019 delle proposte sulla creazione di un safe asset e una capacità di bilancio autonoma, si vedano Codogno & Van den Noord (2019).

[2] Si veda lo studio del think tank Bruegel per un’ulteriore proposta.

Immagine: Germania Francoforte, Crediti: 4772818 (pixabay.com) Copyright: Simplified Pixabay License**, 2021**

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