● Pensiero politico
Nonostante il suo rilievo politico nella storia tedesca successiva al 1945, l’ordoliberalismo costituisce una delle correnti meno conosciute all’interno della variegata geografia del liberalismo nel Novecento, non solo tedesco (Fawcett, 2014; Hacke, 2018). Nato negli anni compresi tra la crisi di Weimar (1929-1932) e la nascita della Bundesrepublik (1949), questa declinazione specificamente tedesca del neoliberalismo trae la sua denominazione dalla rivista ORDO (dal latino “ordo", ordine), fondata nel 1948 dall’economista Walter Eucken (1891-1950) per diffondere nella Germania occidentale il paradigma politico e il programma di ricerca promosso dai liberali tedeschi. Il carattere dell’ordoliberalismo è strettamente polifonico dal momento che costituisce il prodotto dell’attività di molteplici economisti e giuristi tedeschi. Gli esponenti della c.d. Scuola di Friburgo hanno svolto un ruolo di primo piano nella definizione del paradigma ordoliberale: accanto a Walter Eucken ricordiamo i giuristi Franz Böhm (1895-1977) e Hans Großman-Doerth (1894-1944). L’ordoliberalismo, tuttavia, non è riconducibile unicamente alla Scuola di Friburgo. Accanto ad essa occorre menzionare il nome di altri intellettuali e politici che hanno fornito un contributo determinante al suo sviluppo e alla sua diffusione in Germania e nell’Europa del secondo dopoguerra. Tra i principali ricordiamo Wilhelm Röpke (1899-1966), Alexander Rüstow (1885-1963), Alfred Müller-Armack (1901-1978) e Ludwig Erhard, ministro dell’economia e cancelliere della Germania federale (1897-1977). Alla molteplicità dei suoi protagonisti e alla loro diversa collocazione (nell’accademia, nella burocrazia statale e nel settore privato) corrispondono diverse declinazioni dell’ordoliberalismo, diverse sensibilità politiche e i diversi elementi all’origine della sua variegata fisionomia teorica (Haselbach, 1991; Ptak, 2004). Quella ordoliberale è una costellazione di figure pienamente inserita all’interno del network internazionale degli intellettuali neoliberali, come testimoniano i fitti rapporti con gli esponenti della scuola austriaca (F.A. von Hayek in particolare), la partecipazione al Colloquio Walter Lippman (1938) e alla Mont Pelerin Society dal 1947 (Reinhoudt, Audier, 2018; Slobodian, 2018).
L’ordoliberalismo è stato capace di interagire in maniera costruttiva con la politica e le classi dirigenti tedesche, di incorporarne aspirazioni ed elementi di lungo corso, di adattarsi ed evolvere al mutare degli scenari storici. L’ordoliberalismo nasce in Germania sulla scia della crisi economica mondiale del 1929, come il tentativo di promuovere una risoluzione anti-parlamentare e presidenziale della crisi di Weimar, isolando le ali estreme dello schieramento politico (tanto a destra quanto a sinistra), assicurando il legame atlantico della Germania con gli Stati Uniti e l’integrazione dell’economia tedesca all’interno del mercato mondiale. La posizione ordoliberale era contraria tanto alle opzioni socialiste, quanto a quelle liberiste proprie del laissez-faire ottocentesco (Eucken, 1932; Rüstow, 1932). L’opzione ordoliberale si concluse rapidamente con un fallimento in mancanza di un soggetto politico capace di interpretarne la strategia. A questa fase iniziale risale tuttavia la prima formulazione teorica dei concetti principali che si trovano al centro del paradigma teorico ordoliberale: “Stato forte”, “interventismo liberale” e “costituzione economica”. Dopo il 1945 il progetto politico correlato all’ordoliberalismo - l’edificazione dell’economia sociale di mercato (“Soziale Markwirtschaft”) - si è affermato sulla scena politica della Bundesrepublik, contribuendo in maniera decisiva a ridefinire l’identità e la cultura politica tedesca fino ai nostri giorni (Dahrendorf, 1990; Haselbach, 1991; Ptak, 2004). Anche recentemente, diversi esponenti politici ed economici tedeschi hanno richiamato l’attenzione sull’alto valore simbolico dell’ordoliberalismo per l’odierna identità tedesca e sul fatto che esso continua a fornire le coordinate teoriche di fondo con cui la Germania guarda ai problemi politici ed economici del nostro secolo (Tietmeyer, 2010; Weidmann, 2013; Merkel, 2016).
In questa sede ci soffermiamo sul nucleo teorico della Scuola di Friburgo e sul corrispettivo paradigma politico, ripercorrendone la formulazione sistematica offerta da Walter Eucken tra gli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso (Eucken, 1940; Eucken, 1952). La premessa teorica da cui muove la Scuola di Friburgo consiste nel considerare l’ordine del mercato specificamente come ordine di carattere costituzionale, definito da un assetto di regole e istituzioni. Nella società moderna sono possibili due principi di coordinamento delle attività economiche: quello della direzione centralizzata e quello della libera concorrenza. A questi due principi alternativi corrispondono due tipologie fondamentali di ordine dell’economia: l’economia pianificata e l’economia di mercato basata su un efficiente sistema dei prezzi. Nella realtà storica è possibile riscontrare una molteplicità di ordinamenti economici la cui specificità è data dalla diversa combinazione dei due principi fondamentali. Dal momento che ogni attività economica ha inevitabilmente luogo entro un quadro di istituzioni e regole, la Scuola di Friburgo pone l’accento sulle regole (formali e informali) che definiscono la costituzione di un determinato ordine economico. Sono i suoi principi e le sue regole che, sottolinea Eucken, sorreggono e orientano l’evoluzione dell’economia moderna.
In qualità di ordine costituzionale, l’ordine del mercato è soggetto (implicitamente o esplicitamente) ad una scelta originaria di carattere politico e costituzionale. Scelta che, secondo l’ordoliberalismo, chiama in causa la possibilità di istituire un ordine economico efficiente e degno della libertà umana, attraverso una cornice legale e istituzionale coerente (con il principio della libera concorrenza oppure con il principio della direzione centrale). La scelta delle singole regole deve dunque essere considerata alla stregua di una questione costituzionale, nei termini di relativa desiderabilità di alternative costituzionali rilevanti. Per l’ordoliberalismo la scelta per l’ordine del mercato rappresenta la soluzione capace di coniugare, all’interno del contesto e le condizioni proprie dell’età moderna, l’efficienza economica e l’esercizio di una condotta libera e responsabile da parte degli individui (Eucken, 1940).
Al paradigma teorico ordoliberale corrisponde una specifica concezione della politica economica (“Wirtschaftsordnungspolitik”). La scuola di Friburgo richiama l’attenzione sul fatto che l’ordine del mercato richiede un continuo impegno, da parte dello Stato, a tutela delle sue istituzioni fondamentali e in difesa delle minacce provenienti da concentrazioni di potere come monopoli, sindacati e interessi organizzati. Economia e diritto concorrono a definire quella che l’ordoliberalismo definisce la “politica economica costituzionale” (“Wirtschaftsverfassungspolitik”). Secondo la Scuola di Friburgo il modo migliore per garantire lo sviluppo di una moderna economia di mercato non consiste in interventi diretti nel processo economico ma nel migliorarne l’assetto istituzionale complessivo. Walter Eucken ha riassunto i principi fondamentali di una politica economica liberale distinguendo sei “principi costitutivi” (indipendenza della politica monetaria, costanza della politica economica, apertura dei mercati, proprietà privata, libertà contrattuale, responsabilità civile) e quattro “principi regolativi” (politica antitrust, politica fiscale limitatamente progressiva, contabilità economica, politica sociale). L’insieme di questi dieci principi definisce il perimetro sia della costituzione sia di una politica economica coerente con l’ordine del mercato (Eucken, 1952). Politica che, in contrapposizione al paradigma keynesiano, non vede tra i suoi obiettivi principali il perseguimento della piena occupazione bensì la lotta all’inflazione e la tutela della stabilità dei prezzi.
A questo paradigma politico corrisponde la specifica concezione ordoliberale dello “Stato forte”, il principale responsabile dell’esecuzione di una simile politica economica e custode dell’ordine costituzionale della concorrenza (“Hüter der Wettbewerbsordnung”) (Eucken, 1952). Sulla base dell’esperienza maturata nella prima metà del Novecento l’ordoliberalismo pone infatti l’accento sulla necessità di difendere la costituzione del mercato dai suoi numerosi avversari (tutti i soggetti politici interessati a una direzione politica dell’economia, in maniera più o meno accentuata) e di liberarla dagli elementi non conformi ad essa (cartelli, monopoli, potenzialmente i sindacati, l’acquisizione di rendite economiche). Su questa base, nel secondo dopoguerra la Scuola di Friburgo ha contribuito a sviluppare il paradigma ordoliberale ed insieme ad esso il suo programma di ricerca economica e giuridica (Nütznadel, 2005; Slobodian, 2018)
In seguito alla morte di Walter Eucken, avvenuta prematuramente nel 1950, il paradigma teorico dell’ordoliberalismo si è sviluppato attraverso il dialogo con altre anime e correnti del neoliberalismo (Vanberg, 1988; Vanberg, 2003; Vanberg, 2012). Il dialogo più significativa si è verificato da un lato con la teoria della scelta pubblica e la constitutional political economy inaugurata da James M. Buchanan e da Gordon Tullock negli Stati Uniti negli anni ’60 (Buchanan, Tullock, 1962; Buchanan, Brennan, 1985); dall’altro lato con la teoria evolutiva della conoscenza e della società sviluppata dalla F.A. von Hayek nella seconda metà del Novecento (Hayek, 1978; Hayek, 2010). Nel corso degli ultimi decenni l’integrazione del paradigma ordoliberale con elementi della tradizione austriaca e con la teoria della scelta pubblica ne ha determinato l’attuale configurazione teorica.
Sebbene Michel Foucault abbia contribuito fortemente a richiamare - in maniera parziale - l’attenzione di un più ampio pubblico sull’ordoliberalismo (Foucault, 2005), il confronto teorico di maggior rilievo con l’ordoliberalismo non è avvenuto all’interno della teoria critica ma si è verificato in Germania nell’ambito della teoria dei sistemi di Niklas Luhmann. Da un lato Luhmann ha definito una teoria dei sistemi sociali autopoietici in grado di mettere in discussione i fondamenti individualisti e veteroeuropei della teoria ordoliberale (Luhmann, 1985); dall’altro lato ha richiamato l’attenzione sull’impossibilità, dopo la fine della Guerra fredda, di avanzare la pretesa di una guida etica dell’economia, tanto per il socialismo quanto per l’economia sociale di mercato (Luhmann, 1988; Luhmann, 1996).
Ciò che l’ordoliberalismo sottopone alla nostra attenzione non è solo una versione del liberalismo novecentesco ma un esempio di interazione costruttiva tra pensiero e politica. Per via del suo stretto rapporto con la storia tedesca l’ordoliberalismo rappresenta infatti un prisma privilegiato - sebbene non esaustivo - attraverso cui leggere la storia della Germania nel Novecento, la sua partecipazione al processo di integrazione europea e la formazione delle sue classi dirigenti all’insegna di un paradigma teorico che coniuga in maniera originale elementi liberali e conservatori.
Immagine: Palazzo del Reichstag, Berlino. Licenza Creative Commons, immagine di dominio pubblico.
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