Atlante

Luca Argenta

Ha conseguito un dottorato in Scienze politiche presso l’Università tedesca di Flensburg, con una tesi sulla policrisi dell’Unione Europea, dopo aver svolto studi in Italia, in Francia ed in Germania. Dal 2016 lavora come collaboratore scientifico presso l’ufficio italiano della Fondazione Friedrich Ebert. Si occupa di relazioni bilaterali italo-tedesche e di politiche europee. Collabora regolarmente con riviste specializzate, università e osservatori in Italia e in Europa.

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Germania e Cina: cambio di approccio nella politica estera tedesca

 

È una Germania sempre più alle prese con una ridefinizione delle sue strategie in termini di difesa, sicurezza e relazioni internazionali; si tratta infatti di un Paese intento, con cautela, a modificare la propria geopolitica, assumendosi maggiori responsabilità e rischi su questioni globali. Questo nuovo modo di operare rientra in quel termine conosciuto come Zeitenwende (svolta epocale), che racchiude in sé proprio quella volontà di accelerare il passo su molte issue legate alla sua politica estera e di sicurezza.

Ad un anno e mezzo dall’attacco russo nei confronti dell’Ucraina – evento deflagrante che ha favorito questa volta – e dopo lunghe discussioni interne, il governo tedesco guidato da socialdemocratici, verdi e liberali ha iniziato a pubblicare alcuni primi documenti atti a specificare in che modo la Germania intenderà muoversi nel medio e lungo periodo negli ambiti ricordati in precedenza. Ne è un esempio il recente documento Nationale Sicherheitsstrategie (Strategia di sicurezza nazionale), concepito come rotta strategica in termini di difesa e sicurezza.

Più recentemente, il 13 luglio 2023, il Gabinetto federale ha lanciato un nuovo documento strategico, questa volta più specifico poiché riferito ad un singolo Paese: la China-Strategie (Strategia sulla Cina). In un contesto internazionale teso, il governo tedesco si è infatti deciso per una nuova strategia da perseguire nei confronti della Cina, diventata primo partner commerciale della Germania già nel 2016 e attualmente (dati 2022) con un volume di scambi pari a più di 300 miliardi di dollari. Nelle 64 pagine, frutto di mesi di confronti tra i partiti, Berlino fissa le linee guida in diverse materie tra cui economia, politica climatica, diritti umani e sviluppo sostenibile.

Il punto di partenza di questo documento è una presa di coscienza: «La Cina è cambiata. Come risultato di questo e delle decisioni politiche della Cina, dobbiamo cambiare il nostro approccio». Pur riconoscendo la Cina come «partner indispensabile» per le sfide globali contemporanee, la China-Strategie denuncia allo stesso tempo un crescente atteggiamento di assertività cinese tale da poter minacciare l’ordine internazionale. Non si tratta tuttavia di un documento di rottura: in termini generici, quello che si evince dal testo è una costante prova di equilibrismo da parte della Germania, che ha l’intenzione di emanciparsi dalla Cina rimanendo in buoni rapporti.

Per evitare alcuni errori del passato, Berlino mira così a ritagliarsi un suo ruolo più delineato, sempre in una azione concertata con l’Unione Europea (UE), con la massima aspirazione a diminuire la dipendenza da Pechino. Il rimando al rapporto di forte dipendenza economica, commerciale ed energetica che c’è stato con la Russia è molto chiaro. La stessa ministra degli Esteri Annalena Baerbock ha spiegato che la Germania non può permettersi «di subire una seconda volta quello che abbiamo vissuto a causa dell’aggressione russa dell’Ucraina. Per allontanarci dalla dipendenza verso la Russia abbiamo dovuto spendere 200 miliardi di euro». A questi si aggiungano poi gli effetti negativi sulla stabilità economica in Germania e nell’UE e sulla politica interna.

Ed è proprio il desiderio di scongiurare una eccessiva dipendenza dal gigante asiatico che ha spinto il governo a muoversi in questo senso e a mettere in guardia le imprese tedesche che d’ora in poi avranno maggiori responsabilità per i rischi finanziari che contrarranno con Pechino, con minori oneri per il governo. Il quadro che ne risulta può essere riassunto in un “de-risking”, ma non un “decoupling”: in altre parole, per pragmatismo è doveroso intrattenere scambi economici vantaggiosi, ma riducendo allo stesso tempo la dipendenza strategica per mezzo di una diversificazione delle supply chain. In questa direzione va la volontà di diminuire quella dipendenza in alcuni settori particolarmente sensibili come il farmaceutico e la produzione di semiconduttori e microchip.

Non è allora un caso se per Berlino, da quanto emerge dallo stesso documento, la Cina non viene menzionata solo come partner economico, ma anche come rivale sistemico. In altre parti del documento viene infatti posto l’accento su alcuni dei maggiori punti di scontro che già nel mese di aprile avevano reso l’incontro tra Annalena Baerbock e il suo omologo cinese Qin Gang non privo di forti frizioni. Il documento menziona esplicitamente le differenze nella gestione dei diritti umani e delle libertà civili, asserendo che «il governo tedesco è preoccupato per gli sforzi della Cina di influenzare l’ordine internazionale secondo gli interessi del suo sistema monopartitico e di relativizzare i fondamenti dell’ordine basato sulle regole, come lo status dei diritti umani». Nell’Indo-Pacifico, si legge ancora, la Cina sta rivendicando in modo sempre più aggressivo la supremazia regionale, mettendo in discussione i principi del diritto internazionale. «La Cina sta deliberatamente usando il suo potere economico per realizzare i suoi obiettivi politici». Non vengono poi celate la questione ucraina e la mancata denuncia cinese rispetto all’invasione russa; si sottolinea come la decisione della Cina di espandere le sue relazioni con la Russia abbia un significato diretto per la politica di sicurezza della Germania.

Non mancano poi menzioni relative a Taiwan: il governo tedesco ha intenzione di mantenere la posizione attuale che riconosce una sola Cina (Ein-China-Politik), pur ammettendo l’interesse verso un ampliamento delle relazioni con Taiwan. Il governo mette poi in guardia Pechino da una eventuale invasione cinese poiché «un cambiamento dello status quo nello Stretto di Taiwan può avvenire solo in modo pacifico e con il consenso reciproco. Un’escalation militare colpirebbe anche gli interessi tedeschi ed europei». Da ultimo, ma non meno importante, è la linea dura contro lo spionaggio cinese: in questo ambito si afferma che le attività di spionaggio dirette contro Berlino continuano ad aumentare, soprattutto nel cyberspazio, e che il governo tedesco si oppone in modo risoluto a qualsivoglia genere di spionaggio o sabotaggio analogico e digitale da parte dei servizi cinesi.

In linea generale, la China-Strategie tedesca rappresenta sicuramente una Zeitenwende nei confronti di Pechino. Pur essendo un documento alquanto cauto, frutto di un compromesso tra le forze politiche al governo ognuna con diverse sensibilità, non si può non constatare una visione più realistica delle relazioni reciproche tra i due Paesi e più attenta verso la Cina, intesa ora non solo come sfida di politica estera, ma anche interna. Se questa strategia mira ad aumentare le conoscenze relative al gigante asiatico, ciò richiede al contempo un sostanziale stanziamento di budget, che al momento non è previsto, come si evince dal testo in cui si sottolinea che la strategia sarà «senza costi aggiuntivi per il bilancio federale complessivo». Difficilmente questo aspetto può quindi sollevare dubbi riguardo all’attuazione della stessa nei tempi previsti e con i soli mezzi attualmente a disposizione.

Da ultimo, per quanto menzionata in qualche occasione, se l’europeizzazione della strategia rimane un altro obiettivo, l’azione congiunta con i partner europei e le istituzioni UE dovrà essere approfondita, non rinnegando i propri interessi nazionali, ma coadiuvandoli al meglio tramite un approccio coordinato e assumendo un ruolo chiave in questa direzione.

La rilevanza di questo documento è innegabile. Al momento, si tratta tuttavia di un primo approccio che necessita di ulteriori approfondimenti al fine di concretizzare una strategia maggiormente strutturata e duratura.

 

Immagine: Rappresentazione delle bandiere di Germania e Cina, come simbolo di confronto. Crediti: SkazovD / Shutterstock.com

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La Zeitenwende della Germania, tra “ritorno nella storia” e strategie di sicurezza appena tratteggiate

 

Zeitenwende, che in lingua teutonica significa “svolta epocale”, è ormai diventato un termine conosciuto ed è legato in particolare al discorso che tenne il cancelliere tedesco Olaf Scholz tre giorni dopo l’aggressione russa in Ucraina del 24 febbraio 2022. In quello storico discorso Scholz incluse nuovamente la politica estera e di sicurezza nella cassetta degli attrezzi della politica internazionale del proprio Paese, permettendo così alla Germania di “ritornare nella storia”. Il dilemma che attendeva da decenni una risposta era questo: restare solo un gigante economico oppure permettere alla geopolitica tedesca, improntata ad essere ben poco assertiva, se non reticente, di evolversi e prendersi responsabilità al livello della sua grandezza economica e, in ultima istanza, di assumersi anche rischi politici su questioni internazionali. Nonostante vari sconvolgimenti internazionali, i governi che si sono susseguiti non vollero dare vere risposte; e questo, fino a quel febbraio del 2022. I mesi successivi, di certo di non facile gestione da parte del governo tedesco guidato da socialdemocratici, verdi e liberali, sono stati tuttavia non privi di tentennamenti, a dimostrazione di quanto il Paese fosse, e continui ad essere, disabituato a muoversi nella giungla della geopolitica.

Se le scusanti possono essere individuate nell’aver assunto un profilo di “tamed power” al fine di non alimentare nuovi revanscismi nazionali, nell’aver favorito negli ultimi trent’anni una politica estera improntata al dialogo ed agli interessi economici proprio con Mosca e nel rapporto particolare che i cittadini e la loro classe politica hanno con la guerra, la memoria e la sua sofferta elaborazione, è indubbio che, in seguito alla messa in atto di alcune misure in collaborazione con i partner occidentali, osservatori nazionali ed internazionali fossero in attesa di iniziative politiche meno emergenziali e maggiormente strutturate e strategiche.

Ed il documento Nationale Sicherheitsstrategie (Strategia di sicurezza nazionale), che può essere annoverato per la Germania come una vera e propria rotta strategica atta a segnare i prossimi passi in termini di sicurezza, di difesa e delle relazioni internazionali, cerca di andare proprio in questa direzione. Pubblicata mercoledì 14 giugno, la Strategia ora sottoposta a discussioni parlamentari mette in luce i pilastri su cui poggerà la postura internazionale di Berlino nei prossimi anni. Le sue 76 pagine evidenziano come la strategia si orienti su tre dimensioni centrali della politica di sicurezza: difesa, resilienza e sostenibilità. La prima area comprende il rafforzamento della Bundeswehr e della protezione civile; la resilienza si concentra nel difendere il libero ordine democratico da influenze illegittime esterne; e relativamente alla sostenibilità si intende agire in modo appropriato per fronteggiare la crisi climatica, della biodiversità e dell’ecosistema, e rafforzare al contempo la sicurezza alimentare e prevenire le pandemie. Se tali punti mostrano come in questo documento il termine sicurezza sia considerato a 360°, come peraltro sottolineato dal cancelliere durante la presentazione dello stesso, e venga introdotto a tal proposito il concetto di “sicurezza integrata”, è poi la parte dedicata alla collocazione internazionale che permette di chiarire al meglio i propri intenti strategici di sicurezza e difesa. Stati Uniti e Francia sono considerati come pietre miliari della sua politica estera, mentre la Russia viene definita come «la più grande minaccia alla pace e alla sicurezza nell’area euro-atlantica»; la NATO viene vista come «fondamento indispensabile» della sicurezza sia della Germania sia dell’Europa ed il governo si ripromette di portare il budget per la spesa militare annuale al 2%, il fatidico standard richiesto dalla NATO che molti Paesi europei come Germania o Italia non hanno mai raggiunto; pur puntando ancora su obiettivi classici della politica tedesca come il disarmo e la riforma dell’ONU, è chiaro il cambio di passo ed in questo ambito è proprio l’Unione Europea ad essere vista come fondamentale su questioni quali il consolidamento dell’industria della difesa e dello spazio e security provider per la sicurezza in termini di prevenzione di crisi del vicinato.

 

Se la rotta strategica sembra essere delineata proprio grazie alla presentazione della Strategia, vanno tuttavia fatte alcune osservazioni. In termini generali, se questo documento mirava ad offrire delle linee guida utili e concrete al fine di fronteggiare questioni di politica estera e presentare almeno bozze di dettagli operativi – obiettivi che un testo di questo genere dovrebbe disporre – l’intento non risulta essere riuscito. Relativamente alla Zeitenwende in sé, per la cui attuazione gli investimenti sono dirimenti, è importante notare che rispetto allo storico discorso di Scholz, un vero piano per continuare la modernizzazione dell’Esercito è assente, non è specificato come si procederà una volta terminato il fondo speciale di 100 miliardi di euro volto proprio a tal fine e l’idea originaria di Scholz di superare la soglia del 2% è scomparsa. Altro punto su cui focalizzare l’attenzione è quanto detto dal ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, in quota all’FDP (Freie Demokratische Partei), che ha sottolineato come la Strategia di sicurezza nazionale non potrà portare ad alcun aumento del debito pubblico. Tuttavia, poiché questo documento dovrebbe allora condurre ad una rimodulazione della spesa, è legittimo chiedersi quali siano le priorità per cui verranno stanziati finanziamenti e per quali verranno invece previsti tagli. Per le lotte interne alla coalizione di governo e per differenze di vedute, rimangono poi disattese le aspettative relative da un lato all’idea originaria della creazione di un Consiglio per la sicurezza nazionale, simile a quello americano che supporta il presidente sui temi di politica estera e di sicurezza, e dall’altro alla cooperazione o meno con la Cina, questione che sarà trattata in un documento futuro, la cui pubblicazione è comunque prevista entro l’estate.

 

In definitiva, la Strategia vuole dare respiro e maggiore concretezza alla Zeitenwende, a quella svolta annunciata all’indomani dell’aggressione russa in territorio ucraino, e resta una prima pietra miliare per la geopolitica tedesca, proprio in virtù del fatto che questo governo è il primo ad averne pubblicata una, ed intende essere un punto di grande importanza da cui partire per fissare la sua postura europea ed internazionale. Al contempo la Strategia rimane un testo incompleto, esplicativo dei propri interessi ma privo di vere priorità e dell’indicazione di come attuarle concretamente, incerto sui prossimi passi, in particolare dal punto di vista degli investimenti, e silente su alcune specifiche come la collaborazione con la Cina e sulle azioni politiche future.

Nonostante i diversi passi avanti, dunque, la risposta alla domanda iniziale non può che ritenersi per il momento ancora lontana dall’essere pienamente soddisfacente.

 

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Immagine: Olaf Scholz, durante la conferenza stampa al summit straordinario della NATO, Bruxelles, Belgio (24 marzo 2022). Crediti: Gints Ivuskans / Shutterstock.com