È venuto oggi a mancare Giorgio Napolitano, presidente emerito della Repubblica e tra i protagonisti della vita politica italiana dal dopoguerra a oggi. Nato a Napoli nel 1925 aveva compiuto il 29 giugno 98 anni. Dirigente della sinistra, a lungo parlamentare e poi senatore a vita, nel 2006 Giorgio Napolitano è stato eletto presidente della Repubblica e nel 2013 è stato insignito di un secondo mandato, per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana. Nel 2015, all’età di 90 anni, aveva rassegnato le dimissioni. Dirigente del Partito comunista italiano (PCI), a cui si era iscritto appena ventenne nel 1945, e poi del Partito democratico della sinistra, ha rappresentato in quell’ambito una voce riformatrice ed europeista. Una posizione che fu classificata come ‘migliorista’, con un’accezione che in partenza voleva essere negativa, ma che definiva una tradizione politica e culturale che risaliva a un padre nobile come Giorgio Amendola e che comprendeva al suo interno, a fianco di Giorgio Napolitano, figure di indiscusso spessore come Gerardo Chiaromonte ed Emanuele Macaluso. Una tendenza che è vissuta a lungo all’interno del PCI, in contrasto a volte con le posizioni di Longo, di Ingrao e dello stesso Enrico Berlinguer; i cosiddetti miglioristi guardavano con interesse alle esperienze socialdemocratiche del Nord Europa e cercavano in Italia un rapporto di stretta collaborazione con il Partito socialista. Un orientamento che non diventò mai prevalente fino al superamento del PCI, ma che ne influenzò fortemente le scelte. Molto attento al tema dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno, Giorgio Napolitano aveva contribuito a una visione basata sull’innovazione, sulla formazione e sulla valorizzazione delle eccellenze presenti nel territorio, senza indulgere alla retorica e al vittimismo.
Giorgio Napolitano rappresenta nel ricordo degli italiani soprattutto un uomo delle istituzioni, strenuo difensore dell’ordinamento costituzionale e di un rinnovato patriottismo, collegato però a una netta collocazione europea, in questo riprendendo l’orientamento e la passione del suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi.
Molto sofferta fu la scelta di impegnarsi in un secondo mandato, verso il quale nutriva egli stesso dubbi, non di costituzionalità, ma di opportunità, anche per la mancanza di precedenti. Memorabile il suo discorso di accettazione, che partiva da una severa reprimenda ai partiti politici che avevano condotto il Parlamento all’immobilismo e all’inerzia, e alla bocciatura in serie di pur autorevoli candidature, fino a configurare una situazione vicina all’emergenza. Fu in quell’ occasione, nell’aprile del 2013, che Napolitano confidò che la scelta di accettare l’incarico gli era stata quasi imposta dalla sua interna struttura morale, da «un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del Paese». Un messaggio che rappresenta forse una delle eredità più attuali e nobili di Giorgio Napolitano poiché suggerisce un punto di vista, una prospettiva, attraverso cui guardare e guidare la propria condotta umana e politica.