La spia rossa del carburante si sta per accendere e il destino della sonda della NASA Dawn è segnato per sempre. Ebbene sì, dopo 11 anni di onorato servizio la navicella sta per terminare le sue comunicazioni con la Terra e ogni altra operazione a causa della mancanza di idrazina, il propellente che di solito viene utilizzato per il controllo orbitale e di assetto dei satelliti. L’esaurimento del combustibile dovrebbe avvenire probabilmente tra metà settembre e metà ottobre. Dopo l’arrivo di questo picco negativo, Dawn perderà la sua capacità di comunicare con la Terra rimanendo in un’orbita silenziosa intorno a Cerere per decenni.

Lanciata oltre l’orbita terrestre il 27 settembre 2007 a bordo del razzo Delta II 7925H nell’ambito del Programma Discovery, la sonda è passata alla storia come primo oggetto costruito dall’uomo ad aver osservato in maniera continuativa due oggetti distinti del Sistema solare, cioè l’asteroide/protopianeta Vesta (uno degli oggetti più grandi tra Giove e Marte nonché l’asteroide in assoluto più luminoso e a volte l’unico visibile a occhio nudo dalla Terra) e il pianeta nano Cerere, e come la prima navicella spaziale ad aver studiato un pianeta nano. La missione Dawn è stata estesa più volte, superando di gran lunga le aspettative degli scienziati nell’esplorazione di questi due corpi che costituiscono il 45% della massa della fascia principale degli asteroidi.

Maria Cristina De Sanctis, ricercatrice dell’Istituto nazionale di astrofisica di Roma nonché principal investigator dello strumento italiano Visible and Infrared Spectrometer (VIR), commenta: «Sono in qualche modo dispiaciuta che la missione stia per finire. Ho lavorato sin dall’inizio alla sua realizzazione e quindi seguo il progetto da oltre 20 anni. Mi dispiace per questo ‘finale’, soprattutto perché tutti gli strumenti sono perfettamente funzionanti così come i sistemi dello S/C. Semplicemente sta finendo il carburante che è stato usato per le manovre di puntamento per molta parte della missione. Bisogna però ricordare che la missione ha ecceduto quella che era sua durata nominale. Siamo infatti nella seconda fase di missione estesa intorno a Cerere».

Nulla in questi 11 anni sarebbe stato possibile senza alla propulsione ionica, un sistema di propulsione estremamente efficiente che ha spinto la sonda ai limiti delle sue capacità, dimostrando quanto sia utile per altre missioni che mirano a visitare più di una destinazione. Il problema è però l’esaurimento delle scorte e presto la sonda ci dirà addio. «Non si sa di preciso quando questo accadrà perché vi è una parte di carburante non utilizzabile e non è possibile valutarlo esattamente», ha spiegato De Sanctis. «La sonda rimarrà in orbita intorno a Cerere per decine di anni, un tempo che viene considerato sufficiente per ‘sterilizzare’, si fa per dire, la sonda stessa, prima che possa cadere sulla superficie di Cerere».

Dal 2011 al 2012, Dawn ha studiato Vesta, catturando immagini che hanno superato l’immaginazione di tutti: crateri, canyon e persino montagne. Per oltre un anno, Dawn ha studiato Vesta in lungo e in largo e sono state confermate la sua evoluzione e la sua differenziazione, simile a quella dei pianeti rocciosi (terrestri). L’asteroide (più simile alla Luna e ai protopianeti) è dotato di un nucleo ferroso e basaltico che gli ha permesso anche di sopravvivere ai numerosi impatti. Nel 2015 la sonda Dawn è volata fino a Cerere, dove ci ha mostrato misteriosi punti luminosi, che in seguito gli scienziati hanno scoperto essere prodotti dall’esposizione di liquido brillante dall’interno di Cerere. Questi punti luminosi sono particolarmente sbalorditivi, brillanti come diamanti e sparsi su tutta la superficie del pianeta nano. Quest’anno, lo scorso luglio, Dawn è arrivata a 35 chilometri di distanza dalla superficie segnando un record personale: è l’orbita più bassa dell’intera missione. I ricercatori ne hanno approfittato per studiare la zona più brillante del pianeta nano Cerere, situata all’interno del cratere Occator, che presenta la più elevata concentrazione di carbonati mai registrata in ambienti al di fuori di quello terrestre. I due corpi studiati da Dawn sono profondamente diversi: Cerere, a differenza degli altri pianeti minori, presenta un’atmosfera tenue ma permanente; Vesta, invece, è evoluto, differenziato ma secco ed è l’unico asteroide che presenta segni evidenti di una evoluzione termica complessa e simile a quella dei pianeti terrestri.

Dawn in inglese vuol dire “alba” ed è stata progettata, infatti, per raccogliere informazioni sulle fasi iniziali dell’evoluzione del Sistema solare, ovvero sui primi milioni di anni della sua evoluzione, e sui processi in atto sui corpi appena formati. Per raggiungere i suoi obiettivi scientifici, Dawn ha studiato nel dettaglio i due corpi, raccogliendo informazioni su dimensioni, forma, massa, periodo e asse di rotazione, nonché sulle strutture locali, la distribuzione dei crateri e la presenza o meno di regolite. A bordo ci sono solo tre strumenti, dalle emissioni gamma al visibile, fino all’infrarosso termico: la Framing Camera, il Gamma Ray and Neutron Detector e l’italiano VIR.

L’Italia vanta, infatti, un importante coinvolgimento nella missione Dawn soprattutto perché coordina lo spettrometro ad immagine operante nel visibile e nel vicino infrarosso ad alta risoluzione spaziale e spettrale per effettuare la mappatura iperspettrale degli asteroidi: VIR-MS “Visibile-IR Mapping Spectrometer” – derivato dallo strumento VIRTIS a bordo della missione Rosetta – è fornito dall’Agenzia spaziale italiana (ASI) e realizzato da Leonardo sotto la guida scientifica dell’Istituto nazionale di astrofisica (INAF).

Grazie a questo spettrometro, i ricercatori italiani sono stati in grado di portare a casa risultati straordinari. De Sanctis sottolinea: «Per quanto riguarda Vesta, lo strumento ha confermato che è l’asteroide progenitore di una classe di meteoriti basaltiche, le HED (eucriti, howarditi e diogeniti). Questi frammenti di Vesta sono estremamente antichi, tanto che possiamo considerarlo come il più antico pianeta formatosi e sopravvissuto fino ad oggi. Inoltre, VIR ha messo in evidenza che Vesta è differenziato come lo è la Terra e ha scoperto l’olivina sulla sua superficie, un minerale che si forma nel mantello e che quindi viene considerato un tracciante del processo di evoluzione». Continua: «Sorprendente è stata anche la scoperta di materiali scuri ricchi di OH. Si ritiene che questi materiali siano stati trasportati su Vesta in una fase molto primordiale, forse la stessa in cui è stata portata l’acqua sulla Terra». Passando a Cerere «la lista è lunga. Potrei dire che la scoperta di fillosilicati ammoniati come costituenti base della sua superficie ha aperto una serie di questioni ed implicazioni sull’origine stessa di Cerere. Somiglia molto più ad un satellite ghiacciato che ad un corpo del tipo di Vesta. Questa somiglianza è stata confermata anche da altre scoperte di VIR, come la presenza di carbonati in quantità ragguardevoli, in particolare di carbonati di sodio, scoperti anche nel plume di Encelado. Altra scoperta di VIR è stata la presenza di materiale organico alifatico. Anche in questo caso il materiale è molto abbondante sebbene localizzato. Nel complesso, VIR ha indicato che Cerere è un corpo di grande interesse astrobiologico, perché la sua superficie è ricoperta di minerali formatisi per azione idrotermale».

De Sanctis conclude dicendo che i risultati sono stati ottenuti «grazie ad un team qualificato e molto coinvolto nei vari aspetti della missione, dalla pianificazione delle operazioni alla analisi dei dati. Per ottenere buoni risultati è necessario avere un buono strumento, come nel nostro caso, ma soprattutto scegliere bene il target da osservare. La scelta di questi due target, a mio avviso, è stata la migliore che potesse essere fatta per lo studio del Sistema solare primordiale».

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