“Avvistata” da un gruppo di astrofisici dell’Università dell’Oklahoma una classe di pianeti extragalattici. Mentre pianeti esterni al Sistema solare erano già stati scoperti in passato, è questa la prima volta in cui si è riusciti a individuarne al di fuori della nostra galassia, ovvero nella Via Lattea. Naturalmente non è possibile vederli direttamente: si trovano a 3,8 miliardi di anni luce, una distanza che nemmeno il più fantascientifico telescopio immaginabile potrebbe coprire. È stato però possibile vederli indirettamente attraverso il fenomeno delle ‘microlenti gravitazionali’ ipotizzate da Einstein, l’unico metodo in grado di scoprire l’esistenza di pianeti anche a elevatissima distanza dalla Terra. Si tratta della rilevazione della distorsione e dell’incremento della luce proveniente da un quasar (nel caso specifico il quasar RXJ 1131-1231, che si trova a 6 miliardi di anni luce) per via dell’azione di un corpo massiccio interposto; il fenomeno è rilevabile quando il quasar, l’oggetto celeste e l’osservatore sono allineati – una eventualità che si verifica di rado e per un tempo limitato – e può essere misurato con strumenti come i fotometri e in base alla variazione della luminosità si possono ottenere informazioni sul pianeta interposto, per esempio stimarne la massa. Analizzando i dati forniti dal Chandra X-ray Observatory, il telescopio orbitale della NASA, gli astrofisici Xinyu Dai ed Eduardo Guerras hanno concluso che le alterazioni della luce del quasar rilevate alla distanza di 3,8 miliardi di anni luce dovevano essere causate dalla presenza di una galassia con circa 2000 pianeti, di dimensioni variabili da quelle della Luna a quelle di Giove. Una scoperta che conferma le straordinarie potenzialità del metodo delle microlenti gravitazionali anche per individuare oggetti relativamente piccoli al di fuori della nostra galassia.

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