Si è tenuta lo scorso 20 aprile, presso l’Auditorium dell’Istituto centrale per i Beni sonori e audiovisivi in Roma, la conferenza stampa di presentazione di un progetto che può ben definirsi epocale: la catalogazione e digitalizzazione degli abbozzi musicali verdiani conservati a Villa Verdi, a Sant’Agata. Un patrimonio che comprende in realtà, oltre ad abbozzi, schizzi e partiture, libri, corrispondenza e appunti di varia natura. Al banco dei relatori Massimo Pistacchi, direttore dell’Istituto centrale per i Beni sonori e audiovisivi; Gino Famiglietti, direttore generale per gli Archivi; Nicola Sani, presidente dell’Istituto nazionale di Studi verdiani; Elisabetta Arioti, direttore della Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Emilia-Romagna e Mauro Tosti Croce, membro del Consiglio di amministrazione dell’Istituto di studi verdiani in rappresentanza della Direzione generale biblioteche e istituti Culturali del MiBACT.

Persino superfluo sottolineare l’importanza documentaria del materiale che verrà finalmente catalogato e reso accessibile alla comunità scientifica. Intervistato da Tom Kington, corrispondente da Roma per il Times, Fabrizio Della Seta, tra i musicologi italiani che più si sono battuti, in questi ultimi anni, perché il contenuto del famoso baule di Villa Verdi fosse reso accessibile agli studiosi, afferma di essere certo del fatto che la gran parte degli abbozzi in questione rivelerà al mondo documenti totalmente nuovi. «Avere finalmente a disposizione tutto ciò che Verdi ha scritto», così Della Seta, «significherà avere accesso a materiale che Verdi decise di eliminare: a materiale, dunque, del tutto inedito. Verdi non buttava via niente. A quanto pare, il baule conterrebbe circa novecento fogli relativi al Falstaff: fogli che nessuno ha ancora mai visto». L’articolo, apparso nel Times dello scorso 24 aprile col titolo Verdi’s unseen notes raise hope of New Work, è facilmente rintracciabile in rete, come anche l’articolo a firma di Sandro Cappelletto uscito nella Stampa del 23 aprile (Verdi, il baule dei misteri) e il pezzo di Markus Engelhardt, direttore della sezione storico-musicale del Deutsches Historisches Institut di Roma e, come Della Seta, studioso verdiano di fama internazionale (Das Ende eines Paradoxon: Verdis Arbeitsskizzen werden zugänglich gemacht, uscito il 20 aprile in rete nel blog Musicaroma).

Sulla base dell’elenco sommario del materiale, l’unico regesto finora disponibile del contenuto del baule, si è operata una verifica che ha consentito di appurare che tale contenuto ammonta a circa 2700 fogli, quasi tutti in buono stato di conservazione. Gli abbozzi musicali sono conservati in 17 cartelle, 16 delle quali intestate a opere del Maestro, più una misteriosa ‘carpetta bianca’, destinata a rimanere tale, però, ancora per poco se è vero che i tempi previsti per le operazioni di catalogazione e di digitalizzazione del materiale saranno assai brevi. Considerata l’entità del tutto cospicua del materiale, si può facilmente immaginare che gli studiosi avranno lavoro per molti anni. Altrettanto plausibile immaginare che tale lavoro porterà a risultati che permetteranno progressi significativi, specie nella valutazione della natura del processo compositivo verdiano.

Non avrebbe senso entrare qui nel merito delle ragioni che, a partire dalla scomparsa, nel 2001, di Alberto Carrara Verdi, hanno reso il materiale di Villa Verdi inaccessibile agli studiosi. Si tratta, in fondo, di ragioni tutte private: come ognun sa, del resto. Solo che in questo caso a essere coinvolte sono, in gran quantità, carte di uno dei più grandi musicisti di sempre: Giuseppe Verdi. Il quale peraltro, lo ha ricordato ben a ragione Nicola Sani nel corso del suo lucido intervento in conferenza stampa, non è solo un musicista tra i più grandi di sempre, ma è anche un personaggio cardine, un protagonista fondativo dell’identità italiana, ben al di là dei limiti del suo specifico campo d’azione. Quali che siano state le ragioni che in tutti questi anni hanno tenuto lontani gli studiosi dai documenti di Villa Verdi, era ben ora che la situazione si sbloccasse.

Perché ciò si desse era però necessario che si stabilisse una sinergia virtuosa tra forze distinte. In questo caso, quelle della Direzione generale archivi del MiBACT, della Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Emilia-Romagna e dell’Istituto nazionale di studi verdiani. La Direzione generale archivi, guidata con piglio più che mai deciso da Gino Famiglietti, è stata in grado di superare le annose, tenaci resistenze opposte dagli eredi e di reperire, a un tempo, i fondi necessari a dare concreta realizzazione all’impresa: grazie alle risorse finanziarie rese disponibili dalla Direzione generale archivi il progetto di catalogazione dovrebbe chiudersi entro il tempo record di sei mesi. Altrettanto brevi, assicura Famiglietti, i tempi che porteranno alla completa digitalizzazione del materiale. Fondamentale l’apporto della Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Emilia-Romagna: il materiale di Villa Verdi sarà custodito presso l’Archivio di Stato di Parma, che dalla Soprintendenza dipende.

E infine il contributo, più che mai prezioso, dell’Istituto nazionale di studi verdiani, che era del resto presente in forze in sala, lo scorso 20 aprile: il coordinamento scientifico dell’impresa e, più in particolare, il delicato lavoro di catalogazione e di digitalizzazione del materiale saranno affidati appunto all’Istituto e alla competenza di Alessandra Carlotta Pellegrini, che dell’Istituto è direttore scientifico. Nelle mani consapevoli e decise di Nicola Sani le attività dell’Istituto hanno preso nuovo slancio: dopo l’avvio del progetto relativo all’edizione nazionale dei carteggi e dei documenti verdiani tocca adesso al baule di Villa Verdi e al suo prezioso contenuto. Quel che serviva, dopo il complesso periodo di interregno, per così dire, seguito alla scomparsa del compianto Pierluigi Petrobelli, la cui lunga, autorevole, prestigiosa attività di direzione dell’Istituto è stata ricordata e riconosciuta con gratitudine dallo stesso Sani come presupposto ineludibile per il successo dell’intrapresa che giunge in porto ora.

Questo straordinario progetto mostra come anche le cose che appaiono più difficili siano possibili, ove a prevalere siano intelligenti strategie di collaborazione. Alla decisione, al coraggio, persino, di coloro che, a vario titolo, lo hanno pianificato e ne renderanno adesso possibile la realizzazione vada dunque la riconoscenza di tutti: degli studiosi, dei musicofili, dei cittadini.

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