Sarebbe riduttivo definire Amartya Sen soltanto un economista, nonostante abbia vinto il premio Nobel proprio in questa disciplina nel 1998; schiacciare il suo approccio complessivo nell’ambito di una sola branca del sapere significherebbe restringere la sua visione, ben più ampia. Infatti, Sen è stato spesso presentato come “un filosofo fra gli economisti” per il suo approccio complessivo, che privilegia gli aspetti metodologici ed è contaminato da considerazioni sull’etica e sull’idea stessa di razionalità.

Il superamento di un’ottica meramente utilitaristica e di una valutazione quantitativa del benessere a favore di una visione complessiva dell’individuo e dell’introduzione di indicatori qualitativi sono state acquisizioni largamente condivise che hanno imposto il pensiero di Sen anche al di fuori degli ambiti accademici. Il benessere non è legato soltanto al reddito individuale né si può misurare lo sviluppo esclusivamente in termini di PIL; le scelte pubbliche orientate allo sviluppo, secondo Sen, devono essere ispirate da criteri di giustizia, eguaglianza, libertà ed efficienza.

L’attenzione è soprattutto verso gli ultimi, i poveri, gli emarginati e in generale sul contrasto alla diseguaglianza. Sen, diversamente dagli economisti classici, non crede che l’interesse egoistico legato all’acquisizione dei beni materiali possa essere il solo movente dell’agire umano e possa garantire un progresso generale. Una visione che mette al centro l’individuo, considerandolo però complessivamente, nelle sue aspirazioni, nelle sue effettive possibilità.

Nell’analisi delle carestie per esempio, Sen ha approfondito il nesso tra sistema politico e sottoalimentazione; le carestie si sviluppano molto più facilmente dove l’assenza di controllo democratico dal basso da parte dei cittadini favorisce il monopolio delle riserve alimentari e la speculazione perpetrata da minoranze privilegiate. Per favorire lo sviluppo economico, la cultura e la democrazia sono più importanti di ogni altro tipo di azione direttamente economica. E la semplice libertà ‘negativa’ non basta, poiché se anche nessuno ‘impedisce’ formalmente alla persona di esercitare un suo diritto, spesso non ci sono, per gli strati più fragili della popolazione, le condizioni per fare una libera scelta; bisogna attuare un cambiamento di queste situazioni e raggiungere una libertà positiva, fornendo a tutti i mezzi, la capacità effettiva, per attuare i propri diritti.

Sen mette al centro della sua riflessione proprio il concetto di «capacità» (capability) come radice di quello di uguaglianza: la possibilità per ognuno di mettere in atto le proprie potenzialità, abilità e aspirazioni, in un percorso di crescita professionale, economico e umano nello stesso tempo. Il pensiero di Amartya Sen rimane dunque di grande attualità; anche se spesso le scelte dei governi sembrano andare in direzione opposta alle sue teorie, queste godono di un’intatta credibilità e popolarità, mentre restano irrisolti i gravi problemi (ineguaglianza, dittatura, sottosviluppo, carestie e crisi) che le hanno ispirate.

Amartya Sen terrà quest’oggi una lectio dal titolo Globalizzazione, eguaglianza, democrazia. L’iniziativa, organizzata dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani, intende commemorare la figura di Alfredo Reichlin a un anno circa dalla sua scomparsa.

Per ricordarne il contributo alla riflessione sui temi della giustizia e della diseguaglianza, si rende disponibile gratuitamente l’eBook di A. Reichlin, La politica nel mondo nuovo, edito da Treccani, nelle due versioni ePub e Mobi.

Ulteriori informazioni sulla lectio di oggi di Amartya Sen sono disponibili alla pagina: https://www.treccani.it/cultura/eventi_sala_igea/AMARTYA.html

Crediti immagine: da Fronteiras do Pensamento [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], attraverso  Wikimedia Commons

Argomenti

#giustizia#eguaglianza#benessere#economia#Reichlin