di Carlo Pulsoni e Antonio Ciaralli
L’esame dettagliato dei libri di una biblioteca d’autore può fornire piacevoli sorprese, non solo per la presenza di tracce di lettura o note di commento, ma anche per l’inserimento di carte al suo interno, che possono testimoniare del rapporto tra l’autore del volume e il suo proprietario. È quanto si verifica nella copia della princeps di Ossi di seppia (Piero Gobetti, Torino, 1925), che Eugenio Montale regala il 2 settembre 1927 a Mario Praz. Questa copia, conservata nella Biblioteca della Fondazione Primoli di Roma, custodisce un mannello di fogli, tra cui meritano di essere innanzitutto segnalate le pagine del fascicolo di giugno 1927 di Solaria contenenti la poesia Arsenio di Montale. Queste pagine, strappate da Montale dalla rivista per essere inviate al suo sodale, presentano delle varianti autografe, che corrispondono alla redazione del componimento come vedrà la luce qualche mese dopo nella seconda edizione di Ossi di seppia (Fratelli Ribet, Torino, 1928). Così, nel caso del v. 25 «dei violini, scomparso spento quando rotola» si legge la modifica testuale «spento» in sostituzione di «scomparso» e si trova, in calce alla pagina, anche un commento dello stesso Montale in merito alla variazione da lui apportata: «c’era (ed era forse meglio): // dei violini, scomparso quando rotola // 3 sillabe».
Di seguito si ha la prima stesura manoscritta della traduzione di Arsenio fatta da Praz, che uscirà nella rivista The Criterion del giugno 1928. Questa traduzione, fitta di numerosi ripensamenti e cancellature, non solo tiene già conto delle varianti di Montale sopra menzionate, ma permette anche di dimostrare con certezza l’intervento di Thomas Stearns Eliot, direttore della rivista, nella revisione testuale complessiva e più in particolare nella scelta di alcuni lemmi. L’ipotesi era stata avanzata da Marco Sonzogni sulla base della lettera inviata da Praz il 9 maggio 1928: «My dear Eliot, I am returning the proofs of Arsenio: I see that the word sea-hose I had used is not clear: therefore I have put in its place waterspout, and modified the rest of the line: do you approve of it, or could you suggest something better? Shingle, I think is better than pebbles, and in the last stanza I have written dead, following your suggestion [Mio caro Eliot, ti restituisco le bozze di Arsenio: vedo che la parola “sea-hose” che avevo usato non è chiara: quindi ho messo al suo posto “waterspout”, e ho modificato il resto del verso: lo approvi, o potresti suggerire qualcosa di migliore? “Shingle”, penso che sia meglio di “pebbles”, e nell’ultima stanza ho scritto “dead”, seguendo il tuo suggerimento]». Le modifiche qui indicate trovano conferma proprio nel manoscritto, dove si hanno i lemmi menzionati da Praz prima dei suggerimenti ricevuti da Eliot, ovvero “sea-hose” al v. 14, “pebbles” al v. 17, e infine “corpses” al v. 42.
Un’ultima curiosità racchiusa nel volume riguarda la presenza di due fogli che trasmettono cinque parodie di Praz contro il fascismo, elaborate partendo proprio dai testi di Ossi di seppia. In attesa dello studio complessivo, merita di essere citata per intero questa geniale contraffazione di uno dei testi più famosi di Montale Spesso il male di vivere ho incontrato: «Spesso il bene di vivere ho incontrato / era il nuovo inquadrato che s’orgoglia, / era l’accumularsi di quei fogli / da mille, era il salario assicurato. // Viver non seppi fuori del prodigio / che schiude la divina Obbedienza / era la statua nella sonnolenza / del saluto, impassibile, col braccio alto levato». Con questa parodia Praz si burla con graffiante ironia dell’ossequio al regime, alla stessa stregua di quanto farà nella lettera a Michele Barbi del 20 aprile 1938, dove, diversamente dalle missive precedenti, si rivolge allo studioso dandogli del “voi”, aggiungendo «Scusate il tono un po’ arcaico di questa mia lettera, ma il novellamente ripristinato “voi” mi ci invita» (Diamoci del voi).