Il MiBACT (Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo) ha pubblicato un avviso pubblico per un importo di 750.000 euro per sostenere la rinascita e la rigenerazione culturale, turistica ed economico-sociale dei piccoli borghi. Un’occasione per pensare al rilancio post-Covid: affrontare l’emergenza adesso, ma con lo sguardo rivolto alla ricostruzione del Paese che vogliamo domani, coinvolgendo le periferie, ridistribuendo le risorse, ripensando ai modelli di sviluppo, invertendo le rotte turistiche, puntando ad una crescita culturale e sostenibile. Il progetto, denominato Borghi in Festival–Comunità, cultura, impresa per la rigenerazione dei territori, è stato pensato per finanziare attività culturali sotto forma di festival, favorire il benessere e migliorare la qualità della vita degli abitanti dei borghi italiani attraverso la promozione della cultura. Il bando, frutto di un accordo tra Direzione generale Creatività contemporanea e Direzione generale Turismo del MiBACT, rientra tra le azioni istituzionali del ministero per incentivare progetti di rigenerazione dei territori, rafforzare e integrare l’offerta turistica e culturale nei borghi italiani all’insegna della sostenibilità, dell’accessibilità e dell’innovazione. In particolare, Borghi in Festival punta a promuovere e sostenere la qualità e le eccellenze dei territori, a valorizzarne le risorse culturali, ambientali e turistiche, e per questa via, a creare opportunità per il miglioramento sociale ed economico, anche attraverso l’incubazione di imprese culturali, creative e innovative, promuovendo e sostenendo nuove attività di educazione e formazione, sostenendo approcci progettuali integrati pubblico-privato.

I contenuti del bando

Destinatari del bando i Comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti o fino a 10.000 nel caso in cui abbiano individuato il centro storico quale zona territoriale omogenea, con preferenza per quelli identificabili come aree prioritarie e complesse. I Comuni interessati possono partecipare singolarmente o in rete: il bando tende però a favorire progettualità basate su approcci integrati attraverso la costituzione di partenariati tra loro e con almeno un ente non profit e un soggetto cofinanziatore. Il finanziamento prevede, infatti, un limite massimo di 75.000 euro per i Comuni che partecipano singolarmente, di 250.000 euro per quelli che partecipano in rete. Sarà tenuto, inoltre, in considerazione un criterio di ripartizione per aree geografiche che distribuisca i vincitori equamente fra Nord, Centro e Sud. È prevista anche una somma di 250.000 euro finalizzata all’impostazione di una strategia comunicativa unica, coordinata dal MiBACT, fra le attività dei festival che si saranno aggiudicati il bando.

I progetti potranno prevedere, tra le varie attività, eventi, incontri, seminari, laboratori, attività di formazione, realizzazione di piattaforme o applicativi digitali, strumenti di comunicazione non digitali ma innovativi, attività culturali e creative che abbiano elementi di novità, mostre, opere, rassegne incentrate sulla promozione del dialogo intergenerazionale, interculturale e sociale, eventi innovativi per la fruizione del patrimonio culturale.

Una sfida innovativa per la diversificazione delle rotte turistiche nel Paese

I borghi d’Italia rappresentano la storia e l’identità del nostro Paese. Essenza del territorio, straordinariamente diffusa da Sud a Nord, sono un patrimonio di cultura, arte e storia che non sempre riesce ad essere crocevia fondamentale delle rotte turistiche. Tenerli vivi significa creare valore aggiunto per un’offerta turistica distribuita più diffusamente nell’intero Paese in un arco di tempo che non sia necessariamente legato ai periodi di ferie.

La nuova sfida per i Comuni è allora quella di puntare alla rigenerazione dei territori pensati come nuovi spazi di sperimentazione in cui attivare modelli di economia innovativi, ma allo stesso tempo equilibrati e sostenibili. In questo senso è fondamentale il concetto di rete che favorisce l’interazione, lo scambio, la condivisione delle buone pratiche. Così i Comuni devono saper agire in una logica di approccio integrato tra di loro, ma anche di filiera con le comunità locali e in stretta connessione con i soggetti vocati alla cura del territorio ed alla promozione del patrimonio storico, identitario e culturale.

Borghi in Festival all’insegna della sostenibilità

Il dramma del Covid-19 impone ai governi di occuparsi innanzitutto dell’emergenza legata alla quotidianità. Ma occorre anche pensare al post-Covid in modo strutturale e sistemico, trovare la strada per uscire al più presto dalla crisi, quando la pandemia sarà solo un brutto ricordo.

Prima della crisi epidemiologica uno dei problemi dei Comuni periferici era quello della concentrazione del turismo nelle grandi metropoli, nei più famosi centri balneari o montani. I borghi rigenerati possono rappresentare una possibilità per invertire parte delle rotte. Valorizzarli significa però, prima di tutto, spendersi per la cura del territorio, mettere in sicurezza le sue strutture architettoniche, tutelarne l’ambiente circostante così fragile e bisognoso di manutenzione a cominciare dalla salvaguardia idrogeologica.

Secondo uno studio sullo stato del rischio del territorio italiano, curato recentemente dal CRESME (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il territorio) e dal Consiglio nazionale degli architetti, Napoli, Palermo, Catania, Messina, Brescia, Reggio Calabria, Perugia, Foggia, Rimini e Salerno sono tra i Comuni con il più elevato rischio ambientale. La ricerca ha analizzato la combinazione del rischio idrogeologico (frane e alluvioni) unito a quello legato alla sismicità e al consumo di suolo che ricade sui territori italiani: «Sono 442 in totale i comuni italiani ad alto rischio ambientale, abitati da oltre 8 milioni di persone in una superficie di quasi 18mila kmq, pari al 5,9% della superficie nazionale. I comuni in aree a rischio medio-alto sono 1.690, interessano quasi 77mila kmq, pari al 25% del territorio nazionale, e sono abitati da 11,6 milioni di persone. Le aree ad elevata criticità idrogeologica rappresentano il 10% della superficie italiana e riguardano l’89% dei comuni; le aree ad elevato rischio sismico sono circa il 50% del territorio nazionale e il 38% dei comuni». Lo studio che riguarda il triennio 2012, 2013 e 2014, «Nasce con l’obiettivo di mettere insieme i numeri che caratterizzano i rischi del nostro territorio e fornire uno strumento di lavoro».
La fragilità del territorio italiano rispetto al rischio naturale è assai nota. Purtroppo, è assolutamente noto anche il fatto che nel Paese manchi una adeguata cultura della prevenzione e della manutenzione. Sono necessari, pertanto, maggiori investimenti attraverso i quali inaugurare un nuovo approccio verso i territori mettendo al primo posto la sicurezza della collettività.

L’arte di rigenerare i borghi deve sapersi sviluppare allora come laboratorio dinamico che coinvolga più soggetti: imprese, architetti, ingegneri, tecnici del territorio, esperti in problemi eco-ambientali, operatori culturali, artigiani, ristoranti, produttori, commercianti, sindacati, investitori.

Un luogo di confronto e dibattito sul tema delle rigenerazioni sostenibili per sviluppare un cambio culturale puntando ad una decisa inversione di tendenza in direzione del green building, per recuperare i centri urbani e le periferie e riqualificare le aree degradate.

Per farlo occorre ripartire dai diritti e i bisogni delle persone, delle famiglie che vi abitano, dei giovani, dei lavoratori, avendo attenzione alle esigenze dei poveri e dei migranti. Un progetto da costruire con la contrattazione green nei territori, sperimentando modelli di partecipazione territoriale sin dalle prime fasi di progettazione.

Puntare sui borghi significa allora occuparsi dei fiumi, ma anche della manutenzione delle scuole, del sistema sanitario territoriale, saper gestire il ciclo dei rifiuti, creare anticorpi contro le infiltrazioni mafiose, prestare attenzione al clima ed al benessere del pianeta anche attraverso il sostegno ad un sistema di trasporti green.

Non a caso, Joe Biden, non ancora presidente, si è già impegnato a rientrare nell’accordo di Parigi sul clima a partire dal primo giorno della sua presidenza. «Se verrò eletto lo faremo in 77 giorni», ha dichiarato, indicando tale scelta come una delle priorità della sua presidenza. Una decisa e attesa inversione di rotta che ha spinto il direttore generale dell’Istituto Enciclopedia Italiana, Massimo Bray a commentare entusiasticamente: «Finalmente il clima torna al centro del dibattito americano. Un bel messaggio anche per l’Europa su uno dei temi fondamentali per il futuro del pianeta».

Rigenerazione urbana per piccole e grandi città, fattore fondamentale per garantire la competitività del Paese in Europa e nel mondo

È entrato nel vivo anche l’iter più complessivo del disegno di legge sulla rigenerazione urbana. È iniziato, infatti, in Commissione Ambiente del Senato il ciclo di audizioni informali sul testo che prevede, tra le varie misure, l’istituzione di un fondo da 500 milioni di euro annui e il ricorso ai concorsi di progettazione e di idee. Tra gli obiettivi del ddl spiccano il riuso delle aree già urbanizzate, il contenimento del consumo di suolo e la riduzione dei consumi, da raggiungere con l’adozione del piano nazionale per la rigenerazione urbana.

In questo senso, la rigenerazione urbana richiede qualità della progettazione e concorso di idee tra ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, MiBACT, ministero dell’Economia e delle Finanze, Regioni e Comuni. Perché occuparsi delle rigenerazioni urbane significa saper fare sistema. Occorre affrontare insieme, allo stesso tempo ed in modo coordinato, i problemi derivanti dall’ordinamento, dal sistema dei trasporti, dalla capacità di progettazione e di spesa delle risorse europee. È necessario però che gli investimenti facciano ripartire l’occupazione, così da ricreare un clima di fiducia per riconquistare quei cittadini ormai rassegnati all’idea che le cose non possano più migliorare.

Il post-Covid può favorire la nascita di centri urbani diffusi e la ripopolazione dei borghi

La diffusione della pandemia sta modificando l’articolazione dei sistemi economici e del lavoro. Si tratta di capire se siano fenomeni destinati a esaurirsi dopo l’emergenza o se ci troviamo di fronte, invece, ad un trend inarrestabile, almeno nel breve periodo. L’attuale modello economico ha premiato finora le aree centrali, le città più dinamiche, innovative e internazionali, penalizzando le periferie. In un contesto di questo genere, le politiche finiscono per continuare a favorire i territori già ricchi attraverso investimenti e progetti in infrastrutture materiali e immateriali. Un modello che determina la costante migrazione di cittadini dalle aree più periferiche e marginali verso i centri dell’economia o della movida.

Questo schema può essere messo in discussione nella società post-Covid che dovrà essere organizzata per sapersi difendere da future emergenze sanitarie. La gestione di pandemie nelle grandi metropoli con milioni di abitanti è infatti molto più difficile. Tutto ciò potrà determinare un lento passaggio dai modelli consolidati di sviluppo, oggi calibrati su pochi grandi centri urbani, a nuovi modelli pensati per favorire la crescita di centri urbani intermedi diffusi, anche attraverso la rinascita dei borghi e delle aree interne. Modelli che, da un lato, garantirebbero maggiore sostenibilità e resilienza in caso di pandemie; e che, dall’altro, farebbero diminuire i crescenti costi legati alla congestione e all’inquinamento, come pure i costi sociali legati alla marginalizzazione ed alle diseguaglianze propri le grandi città, e consentirebbero, inoltre, una migliore conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita.

È del tutto evidente che le città post-Covid non sono destinate alla desertificazione. Addirittura, secondo l’economista americano Edward Glaeser, «Le metropoli, le città del futuro saranno più giovani e creative, più resilienti e innovative». Per il professore di Harvard, autore del best seller Triumph of the city, «Dopo la crisi seguita alla pandemia si aprirà una nuova fase per le città del mondo. Anche se arrivarci non sarà facile. Per esempio, Google ha tagliato investimenti immobiliari per 180 mila metri quadri di uffici in aree urbane promettendo ai suoi dipendenti che potranno lavorare da casa per sempre». Glaeser sottolinea che «Le metropoli godono di due potenti magneti, entrambi attualmente in pericolo. Il primo è il lavoro, che attira i professionisti più talentuosi e più istruiti. E anche se le videochiamate hanno reso possibile un nuovo modo di lavoro da remoto, le grandi aziende hanno raddoppiato i loro uffici nelle metropoli». «La seconda calamita – prosegue Glaeser - è l’intrattenimento. L’offerta culturale delle metropoli che non ha pari, grazie ai loro cinema, ai teatri, alle installazioni artistiche ed ai bar dove si suona la sera». Secondo l’economista di Manhattan «Da New York, dai quartieri più ricchi, fra marzo e maggio è scappato via il 40% degli abitanti, in cerca di distanziamento sociale nelle case di campagna. Può essere che qualcuno di loro non torni più. Lo stesso sta avvenendo in molte metropoli del mondo. Questo processo farà solo bene alle metropoli più vivaci, attirando più giovani creativi e rimettendo in moto un circolo virtuoso che prezzi immobiliari troppo alti tendono a frenare».

Con la pandemia i sistemi attualmente più dinamici fanno più fatica a sopravvivere, ma non sarà così per sempre. La storia ci insegna che le città sono state sempre segnate dalle malattie tipiche dei luoghi ad alta densità abitativa, ma anche che, la scienza, la tecnologia e l’innovazione sono stati sempre in grado di individuare anticorpi per limitare i pericoli e superare le crisi.

Ecco che il progetto Borghi in Festival si inserisce in questo processo di cambiamento. Potrà aiutare a migliorare e rendere fruibili, quando (ci auguriamo presto) la pandemia sarà un brutto ricordo, altri luoghi di bellezza da rigenerare per far ammirare e scoprire ai turisti di tutto il mondo; ma potrà anche creare delle piccole e nuove forme di economia che consentiranno la ripopolazione dei piccoli centri e lo sviluppo di centri urbani diffusi che ci condurranno a pensare a nuove politiche abitative a misura d’uomo. Un mondo migliore per il post-pandemia è, dunque, possibile, ma dovremo essere in grado di far coincidere l’innovazione con la sostenibilità.

Immagine: Il pittoresco borgo di Rocca Canterano, in provincia di Roma, Lazio. Crediti:  Stefano_Valeri / Shutterstock.com

Argomenti

#rigenerazione#sostenibilità#post-Covid#borghi