Nei caroselli mediatici dei borghi più belli d’Italia, tanto di moda negli ultimi anni, compaiono decine di cittadine sparse sul territorio nazionale: un cancan che porta con sé notorietà, servizi televisivi e un posizionamento turistico non certo scevro da rischi. La pazza folla garantisce infatti numeri e presenze ma spesso a discapito dell’autenticità, del paesaggio e della cultura locale. Quante città e quanti paesi abbiamo visto stravolti in pochi anni! Certamente la responsabilità non è di premi e trasmissioni TV bensì di una politica incapace di elaborare un modello di sviluppo alternativo e sinceramente sostenibile. Banchetti di souvenir patacca, fast food, negozi di mediocrità alimentari spacciate per eccellenze locali sfilano senza soluzione di continuità nelle vie di molti centri storici italiani. Scomparse o desolatamente chiuse molte attività artigianali, testimoni di un ‘saper fare’ in via di estinzione. Pochi gli alberghi, sempre più numerosi i B&B e gli affittacamere. Sempre più rari i bar di un tempo, punti nevralgici della vita nei paesi: senza loghi moderni, senza insegne e tovaglioli brandizzati ma frequentati quotidianamente dai cittadini e sempre aperti ai forestieri con storie nuove da raccontare.Soffitto con stucchi barocchi e tele di Girolamo Cialdieri, chiesa di S. Giuseppe, Cagli (foto di Valeria Canavesi)
Quando arriviamo a Cagli, quindi, la sorpresa è piacevolissima. Siamo sulla SS 3, a sud di Urbino, su quella via consolare Flaminia costruita dai romani secoli fa. I segni della modernità ci sono anche qui ma non sentiamo l’odore di quella invadente, finta storicità riscontrata tante volte in altre località del Bel Paese. Il ponte Mallio, costruito in età repubblicana con enormi blocchi di pietra grigna alla confluenza dei torrenti Bosso e Burano, è ancora lì a ricordarci i tempi antichi e ci dà il benvenuto a due passi dal centro: un dedalo di vie e ciottolati, chiese e palazzi raggrumati intorno a piazza Giacomo Matteotti. L’atmosfera è tranquilla, senza auto in coda e decibel techno sparati da qualche altoparlante: una rarità assoluta. È l’incipit ideale di un pellegrinaggio tra sacro e profano, a caccia delle moltissime chiese della città (se ne contano una quindicina in una manciata di chilometri quadrati). La prima è S. Domenico ed è tappa obbligata: non si viene a Cagli senza vedere la cappella Tiranni con gli affreschi di Giovanni Santi, il papà di Raffaello. In silenzio ammirato sostiamo davanti alla Sacra Conversazione e alla lunetta con la Resurrezione di Cristo (1490 circa), cercando con gli occhi il giovane angelo vicino alla Madonna, che la tradizione identifica con il ritratto dello stesso Raffaello. C’è emozione, c’è incanto, c’è una grazia ancora potente e così capace di parlare anche ai nostri sentimenti di oggi. La portiamo con noi ritrovandola amplificata nelle altre chiese, un ventaglio impressionante di stili e suggestioni: S. Giuseppe, con gli spettacolari stucchi manieristici che sembrano pizzi e i quadri di Girolamo Cialdieri e Gaetano Lapis; S. Francesco, la fondazione francescana più antica delle Marche, con gli affreschi absidali trecenteschi di Mello da Gubbio; S. Bartolomeo, con un mirabile apparato decorativo barocco dal prezioso gioco cromatico blu e oro. Pochi passi ed ecco la concattedrale, rimaneggiata più volte anche in seguito al terremoto del 1781, e la trecentesca S. Angelo Minore con la pregevole tela del Noli me tangere firmata da Timoteo Viti. È una successione in crescendo che non si placa nemmeno allontanandosi dal centro: S. Andrea, S. Croce, la chiesa dei frati Cappuccini, S. Chiara, S. Filippo. Un continuum di messaggi artistici e spirituali di vibrante intensità, che accompagnano i nostri passi fino alla piazza centrale, con l’austero Palazzo Pubblico (1286) e la bella fontana settecentesca.
Tra botteghe e case storiche, un vociare pacato attira la nostra attenzione, in un mercato davvero originale: banchi di pipe di innumerevoli fogge e dimensioni fanno bella mostra di sé circondati dagli sguardi dei curiosi e dai commenti di mastri pipai e appassionati. Un’altra sorpresa, davvero non scontata!Banco con pipe, mostra mercato Festa della pipa – Mastri pipai e Maestri artigiani, Cagli (foto di Valeria Canavesi)
Lasciamo Cagli con il cuore contento uscendo nella direzione opposta: ci saluta il torrione di Francesco di Giorgio Martini, l’architetto di Federico da Montefeltro che in queste zone ha lasciato moltissime fortificazioni militari, e non solo (Sassocorvaro su tutte).
Che soddisfazione, e quanto piacere, nel trovare ancora luoghi così.
Immagine di copertina: Sacra Conversazione di Giovanni Santi, cappella Tiranni, chiesa di S. Domenico, Cagli, Provincia di Pesaro-Urbino (foto di Valeria Canavesi)
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