10 aprile 2020

Comportamento

 

Secondo un’opinione comune, l’accesso alla cultura intesa come insieme di forme di espressione intenzionalmente perseguite per produrre strutture di senso dalla elevata valenza estetica (arti visive, spettacolo dal vivo, musica, cinema, libri, contenuti digitali ecc.) è da considerarsi essenzialmente come una forma di intrattenimento a cui dedicare parte del proprio tempo libero. Si tratta in realtà di una visione fortemente riduttiva, che nasconde una fondamentale incomprensione del ruolo che la cultura così intesa gioca nell’esistenza umana. Per quanto la cultura presenti infatti una elevata capacità di intrattenimento, tanto nelle sue forme più edoniche e quindi ricreative che in quelle più eudaimoniche e quindi legate alla riflessione sul senso dell’esistenza umana, ciò non esaurisce affatto il suo senso sociale. La cultura è infatti in grado di suscitare nelle persone risposte estremamente complesse dal punto di vista cognitivo ed emozionale, che a loro volta esercitano spesso un effetto molto marcato sui comportamenti, contribuendo al loro cambiamento.

 

Una delle forme espressive nelle quali questo fenomeno è particolarmente evidente è il teatro. L’esempio del teatro classico greco è eloquente in questo senso: lo scopo stesso della committenza drammaturgica nella Grecia classica è quello di chiedere spunti di riflessione su dilemmi morali o politici di particolare rilevanza, utilizzando in modo molto potente la forte attivazione psico-emozionale connessa alla rappresentazione teatrale per focalizzare l’attenzione sociale sul tema e indirizzare il dibattito pubblico. Nel solco di questa tradizione, in tempi recenti autori come il brasiliano Augusto Boal si sono richiamati esplicitamente a questa tradizione sviluppando il formato del forum theatre come strumento di problem solving collettivo centrato sulla capacità di ristrutturazione emozionale e cognitiva connessa alla partecipazione attiva all’esperienza teatrale. Guardando alla cultura da questa prospettiva, diventa agevole rendersi conto che pressoché ogni forma di esperienza culturale, e tanto più quanto più essa prevede modalità di partecipazione attiva, presenta una valenza sostanziale di plasticità comportamentale. Gli studi della psicologia sociale degli anni Cinquanta del secolo scorso sul ruolo del movimento sincronizzato nella formazione di un senso di legame di gruppo, inizialmente concentrati sull’addestramento militare, hanno permesso, ad esempio, di apprezzare l’importanza di forme espressive come la danza collettiva e il canto corale non soltanto dal punto di vista della coesione sociale, ma anche della promozione del benessere psicologico.

 

Quando il rapporto tra esperienze culturali ed effetti comportamentali viene consapevolmente preso in considerazione, diviene naturale iniziare a pensare alla cultura in termini di impatto sociale, e non soltanto ad equiparare la rilevanza potenziale di tale impatto a quella dell’impatto economico della cultura, ma anche a considerarlo preminente rispetto al secondo alla luce del fatto che gli effetti anche economici indiretti legati al cambiamento comportamentale possono assumere ordini di grandezza persino superiori a quelli diretti, risultando anche tendenzialmente più stabili nel tempo. È sulla base di questa visione che la Commissione europea ha pubblicato nel 2018, nel corso dell’Anno europeo del patrimonio culturale, la Nuova agenda europea della cultura che fa del rapporto tra partecipazione culturale e cambiamento comportamentale, e del conseguente impatto sociale, un punto centrale della politica culturale europea dei prossimi anni.

 

L’Agenda identifica tre aree principali di impatto sociale di particolare interesse: salute e benessere, coesione sociale, innovazione. L’Agenda parla in particolare di ‘crossover culturali’ per sottolineare, richiamandosi ad una evidente metafora biologica, come tale relazione non vada intesa come una conseguenza indiretta e non intenzionale della partecipazione culturale, ma come essa risponda al contrario ad una precisa logica funzionale, per quanto ancora troppo poco compresa. Il crossover tra cultura, salute e benessere psicologico permette, ad esempio, di identificare un’area di policy in grande sviluppo: quella del cosiddetto welfare culturale. La promozione della salute e della qualità della vita attraverso la partecipazione culturale, riconosciuta recentemente come area di ricerca e di sperimentazione di forte interesse anche da un report dell’Organizzazione mondiale della sanità, può, ad esempio, contribuire in modo importante, attraverso opportune politiche di invecchiamento attivo rivolte alla terza e alla quarta età, a ridurre in modo significativo i costi dell’assistenza socio-sanitaria, agendo in particolare sulla componente legata all’isolamento sociale e al decadimento cognitivo, permettendo allo stesso tempo un risparmio di risorse e un miglioramento della qualità della vita di soggetti fragili o potenzialmente tali.

 

La riscoperta degli effetti della cultura sul comportamento umano promette così di diventare una delle aree più dinamiche e innovative nelle politiche future, non soltanto ristrette alla dimensione culturale, ma nel loro senso più ampio e comprensivo.

 

* Professore di Cultural Economics all’Università IULM di Milano

 

Immagine: Particolare della fronte di un sarcofago di epoca romana, raffigurante maschere teatrali (Museo Altes, Berlino). Crediti: dominique landau / Shutterstock.com

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata