«O falso che da falso tu nascesti/ falso sei nato e falso morirai./ E falso fu l’amor che tu mi desti,/ falso l’hai dato e falso lo riavrai./ Falso co falso non fece ma acquisto/ Tu mi hai tradito, come ognun l’ha visto».

Niccolò Tommaseo esemplificava per il Dizionario il concetto di falso, sostantivo e aggettivo, con questo canto popolare toscano, da cui si evince, in modo chiaro, il meccanismo prima di ogni falsata comunicazione, ossia l’ingenerazione di un effetto di boomerang, per cui per eco, a falso corrisponde falso, occhio per occhio, dente per dente. Marc Bloch, tra i fondatori della moderna Storia, ha saggiato sulla sua pelle, nel primo conflitto, questo micidiale meccanismo. Il risultato è un libro, oggi necessarissimo, nella congerie quotidiana di fakes sul virus: La guerra e le false notizie.

Il testo (che in italiano è edito da Donzelli, 2004) parte da un dato oggettivo: l’aver partecipato a uno degli eventi capitali, la battaglia della Marna, di fatto non gli ha portato alcuna consapevolezza. Dalla sua trincea ha visto solo uno spicchio parzialissimo, violento quanto insensato ed eccessivamente parziale, e ciò che ne ha saputo dopo era una sequenza di distorsioni della propaganda francese.

Un tempo la falsificazione era stratificata, prendeva tempo. Il libro più nefasto dell’antisemitismo: I protocolli dei Savi di Sion, elaborato dalla polizia segreta zarista, l’ochrana, e sinistramente riecheggiato nelle opere funeste di Henry Ford e Adolf Hitler, era un plagio da un dimenticato pamphlet contro Napoleone III, scritto da Maurice Joly. Il testo venne diffuso tra il 1903 e il 1906, e di lì a poco tradotto in molte lingue, già nel 1921 era stato dimostrato che si trattava di un’opera manipolata di bieca propaganda: ma questo non ha cambiato il destino di queste pagine virulente.

Ora il falso parte e si diffonde rapidamente, nel tempo di un WhatsApp. Si affermano concetti inverosimili, che poi si superano con altri non meno improbabili: in questa epoca, come hanno dimostrato Boris Johnson ed Emmanuel Macron si può negare, per ragioni politiche, l’esistenza di un virus, e poi dire e agire in senso contrario, senza prendersi responsabilità, né tanto meno dichiarare errori. Anzi, esibendo la stessa grinta. La scienza afferma assolute verità che poi, giocoforza, si fanno relative quando altri ricercatori dimostrano che i precedenti evangeli del verbo erano fallati.

Qualche anno fa riassumeva in modo divertente miti e stereotipi un felice libro curato da Jean-François Bouvet intitolato Gli spinaci sono ricchi di ferro, edito in Italia da Cortina nel 1999. Spesso il falso è nell’interpretazione dei dati, che possono essere enunciati correttamente, ma nella comunicazione non professionale diventano un dogma (gli spinaci hanno il ferro, ma come altre verdure, solo se consumati crudi e in parte il corpo umano in quella forma non riesce ad assorbirlo).

In epoca di crisi grave, la ricerca scientifica è il baluardo a cui affidarsi, giocoforza. Ma in un mese abbiamo sentito illustri personalità spesso cambiare parere, come i politici a cui spesso sono connessi. Il falso maggiore è che i laboratori siano luoghi astratti, esistenti nell’iperuranio: essi sono gestiti da esseri umani e vivono nella realtà compromissoria di interessi e visioni interdipendenti, in cui esistiamo tutti, e al momento sono sotto terribile stress, in attesa della risposta, ossia il vaccino, che ha tempi ovviamente che non sono quelli dell’informazione.

La continua comunicazione digitale, la connessione 24/7 sono fondamenti della nostra visione attuale. Oggi questo è messo a dura prova in Italia da un altro falso storico: che la rete nazionale sia valida, con la banda che è sempre più in affanno e agonizza sotto i colpi di Teams, Meet e Zoom, mentre i provider chiedono di smettere di postare video e per la prima volta, dopo avere promesso una eterna possibilità di espansione delle comunicazioni, riconoscono che anche esse hanno un limite. Nessuno ha mai concepito, finora, uno stress test così pervasivo del nostro nuovo sistema di comunicazione.

Tornano in mente le pagine di William Gibson nel remoto Neuromante (1984), all’inizio del cyberpunk, quando il nodo delle storie era in ogni caso il crollo della rete, la sua estinzione. Le cure false sono terribili: i social media hanno proposto di tutto in questo mese, cose innocue, come il Cebion, riti magici, assunzione di farmaci per i cavalli e così via. Nelle troppe news che ci pervadono quotidianamente falso e vero si incrociano pericolosamente: siamo diventati, come voleva Jean Baudrillard, “sformati di informazione”. Il principio di realtà va invocato sempre più fortemente contro le false promesse di salute.

* Saggista, drammaturgo, storyteller

Crediti immagine: Inked Pixels / Shutterstock.com

Argomenti

#antisemitismo#coronavirus#falso