Certo, l’ideale sarebbe poterle osservare in natura, su una spiaggia piatta, profonda e ventosa dei Paesi Bassi, quando per la prima volta vengono messe in libertà, in branco o da sole, e ancora non è certo cosa faranno: potrebbero non muoversi affatto, o accasciarsi su un fianco, o azzardare qualche timido passo e poi inciampare, oppure correre fino quasi talvolta a galoppare per centinaia di metri sulla battigia, o anche mettersi ad amoreggiare o ad abbeverarsi sulla riva  – come qualsiasi altra creatura complessa, le Strandbeest, gli “animali da spiaggia” di Theo Jansen, non hanno comportamenti del tutto prevedibili (e sono particolarmente meteoropatiche), e anche questo fa parte del loro fascino.

STRANDBEEST EVOLUTION 2018

Una volta però messe in “cattività”, per così dire, il luogo più indicato in cui osservarle è probabilmente proprio un museo della scienza e della tecnica, attualmente il Leonardo da Vinci di Milano, che dedica all’artista olandese la prima esposizione italiana, dal titolo Dream Beast. Le spettacolari creature di Theo Jansen, nell’ambito delle celebrazioni per il cinquecentenario leonardesco: non solo le Strandbeest ricordano le macchine “impossibili” del maestro italiano, ma rievocano lo spirito umanistico rinascimentale dell’unitarietà dei saperi, della non separatezza tra arti, scienza e tecnica, del collegamento ideale tra tutte le cose.

Jansen, di formazione giovanile scientifica (ha studiato fisica applicata), ha iniziato a dedicarsi a questo progetto nel 1990. Dapprima ideate al computer, le sue creature vengono poi costruite con materiale industriale, come tubi flessibili in plastica, filo di nylon e nastro adesivo. Non hanno motori interni, ma si muovono con la sola forza del vento e dell’aria del loro habitat naturale, le basse coste olandesi. Bestioni giganteschi e talvolta sgraziati – assomigliano ad animali preistorici o a enormi insetti –, sono soggette a una sorta di darwiniana evoluzione: quelle che meglio sembrano adattarsi all’ambiente, lasciano in eredità alle successive generazioni i tratti evolutivi vincenti (per esempio, la lunghezza dei tubi). Esiste pertanto un albero genealogico, che parte dal 1990 e arriva a oggi: nella mostra milanese, in cui sono esposte tredici creature, sono osservabili diverse tappe di tale selezione.Immagine 0Strandbeest, Animaris-Umerus 3, TheoJansen©Media Force

La bestia più arcaica in mostra è Calidum, appartenente al Periodo Caldo (1993-94), che è stata la prima capace di camminare lateralmente e a mimetizzarsi: mentre camminava la sabbia si attaccava al nastro adesivo di cui è ricoperto il suo corpo. All’epoca più recente, Bruchum (dal 2016), invece, appartengono tre bestie, sorta di centopiedi, che ci offrono un chiaro esempio di come funzioni l’evoluzione janseniana: la prima è Animaris bruchus primus, che difetta di indipendenza e deve essere tirata; la seconda è Animaris bruchus segundus, molto più grande e capace di sfruttare la forza eolica; la terza è Animaris Uminami, in grado di muoversi con tale leggiadria da meritarsi un paragone con le onde del mare, da cui il nome di derivazione giapponese umi=onde e nami=mare. Tra le altre, vi sono poi anche esemplari destinati, purtroppo, all’estinzione, in particolare quelli che appartengono all’era Suicideem (2009-11): l’eccessivo peso e l’eccessiva grandezza sono stati i tratti perdenti di Animaris siamesis, Gubernare e Umerus segundus.

Non possono sfuggire la grande poeticità del progetto di Jansen, e l’ironia, anche nel suo dialogo con l’ambiente, il ricorso alla sola energia degli elementi naturali, l’idea del collegamento tra contesto ecologico e sopravvivenza.

Dream Beast. Le spettacolari creature di Theo Jansen, Museo nazionale scienza e tecnologia “Leonardo da Vinci”, Milano, 20 febbraio - 19 maggio 2019

Crediti immagine di copertina: Strandbeest, Animaris Siamesis 1, Theo Jansen©Media Force.jpg

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