È innegabile che vi sia in Italia una carenza di fonti documentali relative al periodo che va dal dopoguerra a oggi, in particolare per i temi legati ai terrorismi, alla violenza politica e alla criminalità organizzata, nel contesto di una storia repubblicana estremamente complessa e segnata da episodi la cui comprensione appare essenziale per capire da una parte le radici della società contemporanea e dall’altra i possibili percorsi del suo sviluppo. La ricostruzione della complessa storia dagli anni Sessanta agli anni Ottanta è, come noto, frenata e complicata da vari fattori, primo fra tutti quello delle fonti. Quelle più rappresentate e utilizzate, assieme ai documenti raccolti o prodotti dalle commissioni parlamentari d’indagine e d’inchiesta, sono quelle giudiziarie, mentre gli archivi delle amministrazioni dello Stato sono spesso di difficile accesso. Solo di recente, anche grazie alle continue sollecitazioni delle associazioni dei familiari delle vittime del terrorismo e delle stragi e al sostegno di molti storici e ricercatori, si sono fatti passi in avanti verso la declassifica della documentazione. Sono state tre le direttive dei presidenti del Consiglio che hanno invitato le amministrazioni dello Stato a versare i documenti che conservavano nelle sedi competenti ossia gli Archivi di Stato sul territorio e l’Archivio centrale dello Stato. La prima è stata la Direttiva Prodi del 2008, sulle carte relative al Caso Moro, poi la Direttiva Renzi nel 2014 relativa alle stragi dal 1969 al 1984 e, infine, la Direttiva Draghi del 2021 che ha dato impulso alle ultime due e richiesto alle amministrazioni di versare anche le carte su Gladio e P2. I risultati non sono stati eccelsi e la resistenza di alcune amministrazioni e spesso la sciatteria che ha accompagnato la conservazione degli archivi hanno restituito un quadro deludente che è stato denunciato nella relazione finale dal Comitato costituito per vigilare sui versamenti.

La difficoltà nel reperimento delle fonti, le polemiche, l’uso pubblico e politico della storia hanno condizionato notevolmente la riflessione storiografica, che dovrebbe invece essere uno dei motori della ricerca e di conseguenza della divulgazione e della conservazione della memoria. Esistono però sul territorio nazionale numerose e differenti esperienze che hanno dato vita ad archivi e centri di documentazione di varia e diversa natura in cui è possibile rintracciare fonti proprio sui temi sopraelencati. Si tratta spesso di realtà decentrate rispetto alle grandi sedi istituzionali e della cultura, sintomo di una partecipazione diffusa e dell’espressione del consolidamento della sensibilità storica e politica, che favoriscono l’incontro e il dialogo fra differenti pratiche e azioni di salvaguardia delle memorie storiche. Il contributo che questi archivi offrono all’analisi storica rischia di rimanere però episodico, quando non misconosciuto o candidato costante alla dispersione, a causa di contingenze logistiche ed economiche.

È partendo da questa riflessione che nel 2005 l’Archivio Flamigni avvia un censimento per rintracciare le fonti disponibili sui terrorismi e le mafie rivolgendosi in particolare ai tanti archivi privati e centri di documentazione presenti sul territorio nazionale. Questi custodiscono infatti patrimoni enormi accumulati nel tempo grazie all’impegno di tante donne e uomini che hanno lavorato nelle istituzioni, lottato per le riforme, partecipato alla vita politica e sociale del Paese. Questi archivi però, pur avendo ampia diffusione nel nostro territorio sembrano non poter depositare la loro espansione e cura su una solida e diffusa “cultura della memoria”, sembrano anzi essere vittime della mancanza di una “cultura della documentazione” e quindi di una sottovalutazione dell’importanza della ricostruzione della memoria. È da questo censimento e dall’incontro di queste realtà che è nata la Rete degli archivi per non dimenticare, che riunisce archivi pubblici e privati, centri di documentazione e associazioni, che lavorano per conservare e tutelare i documenti e le memorie sui terrorismi, la violenza politica e la criminalità organizzata. La creazione di una rete, la valorizzazione e la disseminazione di documenti e fonti, sono punti essenziali per rendere fruibili questi luoghi e quello che conservano. Questo progetto, grazie all’attenzione delle istituzioni, in particolare la presidenza della Repubblica e il ministero della Cultura, dà vita a un portale tematico, inaugurato il 9 maggio 2011 nel corso del Giorno della memoria per le vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice, proprio al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Il portale della Rete degli archivi per non dimenticare, rinnovato e reingegnerizzato nel 2022, costituisce un punto di accesso e di riflessione sia sulla documentazione d’interesse sul terrorismo, le stragi, la criminalità organizzata sia sulla storia sociale e politica degli anni Settanta e non solo, conservata dagli aderenti alle Rete sparsi sul territorio nazionale. Ha varie sezioni di approfondimento, documenti on-line e uno spazio interamente dedicato ai percorsi per le scuole e continua a implementarsi grazie al lavoro di ricerca di molti.

Immagine: John F. Peto, HSP's Rack Picture, 1900 circa. Crediti: Los Angeles County Museum of Art

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#memoria#criminalità organizzata#terrorismo#Archivio