In un sotterraneo al numero 718 di Broadway, a Manhattan, una mostra poetica dal titolo Velvet Underground Experience ricostruisce la vicenda e l’ambiente di una delle band più creative della storia della musica. I Velvet Underground nacquero nel 1964 dall’incontro di personalità carismatiche e irrequiete, che provenivano da percorsi culturali e artistici molto eterogenei – come solo forse a New York era possibile avvenisse –, però accomunate dall’interesse per il rock e la poesia, e da una forte inclinazione alla rottura e alla sperimentazione: in primo luogo il gallese John Cale, che era giunto in America per studiare musica classica con Leonard Bernstein, e l’ebreo di provincia Lou Reed, insofferente alle convenzioni e apertamente bisessuale (e per questo martirizzato da adolescente da una pretesa terapia di elettroshock); poi il chitarrista Sterling Morrison, compagno di studi alla facoltà di letteratura americana di Reed alla Syracuse University, e il percussionista Angus MacLise, già nel 1965 sostituito dalla originalissima Moe Tucker perché contrario a far pagare i concerti; quindi il genius loci della New York underground Andy Warhol e la tedesca Nico, che aveva alle spalle una rilevante storia professionale come attrice e modella, era bellissima e aveva un timbro di voce particolare e profondo.

Fu Warhol a far uscire la band dai bassifondi e a portarla sulla scena nazionale – benché per diversi anni il suo stile rivoluzionario rimanesse incompreso anche nella stessa New York –, facendole comporre le musiche per il suo show multimediale Exploding Plastic Inevitable, e poi finanziandole il primo disco, The Velvet Underground & Nico: un LP che, come raccontò Brian Eno, vendette allora non più di cento copie, tutte però comprate da futuri musicisti o critici musicali. In undici brani diversissimi, che contenevano in germe molti dei successivi sviluppi della musica rock (il punk, la new wave, l’alternative), alcuni dolcissimi e altri violenti, alcuni acidi e altri angosciosi e psichedelici, The Velvet Underground & Nico raccontava con “indecente” sincerità l’esperienza dell’eroina, la trasgressione sessuale, la devianza, la marginalità sociale, il mondo che vorticava intorno alla factory rifiutando tutte le regole e i tabù sociali del dopoguerra.

Tra litigi e conflitti, estromissioni (prima Nico, poi Cale), acquisizioni (Doug Yule), nuovi tour, due LP e altrettanti fallimenti, un’esistenza sempre ai margini, la band si sciolse sostanzialmente nel 1970, e solo due anni più tardi iniziò, postuma, la serie di immensi riconoscimenti che le sarebbero stati tributati – a partire da quelli di David Bowie, tra i primi a comprenderne la grandezza, fino ai giorni nostri.

È tutto ciò che l’esposizione newyorchese intende mostrare, attraverso sei film originali, centinaia di immagini, ritratti, oggetti, capi d’abbigliamento, incontri (anche con Cale), video, per raccontare l’origine di una cultura che a noi oggi appare “quasi familiare”, ma che in principio ebbe invece un impatto addirittura incendiario.

Velvet Underground Experience, 718 Broadway, New York, NY, fino al 30 dicembre 2018

Crediti immagine: da Bleff [CC BY-SA 3.0  (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0) or Public domain], attraverso Wikimedia Commons

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