28 luglio 2020

I tratti luminosi di Domenico Pellegrino

Intervista a Domenico Pellegrino

A guardare il suo Spiderman scalare la facciata dei palazzi che lo accolgono, sembra di udire la musichetta pulsante di un flipper impazzito. Le opere di Domenico Pellegrino rimbalzano allegre fra gli araldici portici e galleggiano vivaci sulle acque dei mari custodi di tetri fondali. Dopo aver trascorso l’infanzia fra le tele e le tavolozze del padre artista, Domenico ha deciso di imboccare la via della sperimentazione. Per farlo ha eletto a musa indiscussa la sua Sicilia, sulla quale ha innestato e fatto sbocciare un’arte che contrasta l’apocalisse delle coscienze e ogni sgraziata incuria, dispensando gocce di luminosa poesia. I suoi eroi e le sue icone pop, non a caso, indossano chilometrici ritornelli folk che – come un antico corale – carezzano il cuore producendo un effetto irreale:

Ho iniziato con i miti e le leggende creando Kouros e Kore, una scansione di corpi realizzata con un dispositivo da me modificato. L’entusiasmo per l’arte digitale ha ispirato anche Dote, un’altra scansione in cui il volto umano viene sovrapposto dai centrini, che da sempre rappresentano la tradizione manifatturiera siciliana.

 

La tradizione si è impadronita, come una piacevole ossessione, della muta dei tuoi supereroi

Sì, li ho dipinti con i codici decorativi del carretto siciliano. Mi divertiva raccontare le storie della mia terra in chiave contemporanea, con i suoi colori solari e morbidi.

 

Un altro motivo ricorrente, probabilmente la tua chiave di svolta, è la luminaria, installata al Sud come addobbo delle ricorrenze patronali

Ne subisco il fascino dall’infanzia. Tutto quello che faccio, a dire il vero, fa parte del mio vissuto. La luminaria rappresenta per me il segno di matita più luminoso, più voluminoso. Rispetto ai luminaristi di professione, però, posiziono le lampadine sul telaio ligneo – dipinto a mano con le antiche tecniche della pittura su carretto siciliano – in maniera frontale, non laterale. Scelta, la loro, fondamentale per preservare le lampadine durante le fasi di trasporto, quando le luminarie vengono poggiate l’una sull’altra.

 

Un dettaglio non trascurabile che ti ha permesso di dare luminosa forma a qualsiasi cosa ti passasse per la testa

Proprio così, dalla leggenda dei Mori alla sagoma della Sicilia sott’acqua installata a Lampedusa, in quel mare che è teatro di tragedia e speranza per i molti che fuggono.

(per gentile concessione di Domenico Pellegrino)

Di cosa si tratta?

È la sagoma della Sicilia realizzata in ferro zincato, dipinto a mano, di circa quattro metri di lunghezza, illuminata da un sistema di luminarie con luci a Led. La mia è da sempre una terra luminosa, di approdo e di accoglienza. La sua è una luce che dà speranza, e il suo significato divino riconduce alla vita, all’amore, alla verità. Quel circuito abbagliante sul fondale illumina le anime di chi attraversa quel mare, dando loro il benvenuto.

 

Alla cinquantottesima Biennale di Venezia, hai presentato I’m the Island, annoverata fra le installazioni più fotografate, non soltanto di quella rassegna

Per riprodurre quella barca mi sono affidato ai maestri d’ascia catanesi, i Rodolico, citati già ne I Malavoglia di Verga. Chiunque l’abbia osservata e fotografata, dentro il palazzo in cui è stata installata ma anche fra i canali lagunari in cui ha girato, non si è potuto sottrarre dal pensare alle imbarcazioni su cui viaggiano centinaia di disperati, per i quali l’acqua rappresenta l’unico elemento per sfuggire alla guerra, alle carestie, e approdare a un mondo migliore. I’m the Island, come tutte le mie opere, e così come la Sicilia, infonde e comunica emozione e gioia.

(per gentile concessione di Domenico Pellegrino)

Le opere contemporanee, sempre più spesso, come un cerotto guaritore, vanno a risanare, a valorizzare 

È quel che è successo ai Quattro Pizzi della Tonnara Florio all’Arenella, un luogo importante per la città di Palermo.  Sono intervenuto per ricostruire il “pizzo”, la torretta mancante che era andata distrutta nel tempo. Quell’opera ha un significato simbolico dalle forti connotazioni evocative. Quell’installazione composta da 1.600 lampadine, tutte a luce calda, la sera è visibile anche dal mare, come a voler orientare all’approdo in una dimensione immaginifica ma ancorata alla tradizione. L’opera ripropone nel linguaggio pop i decori tipici degli affreschi presenti sul soffitto della palazzina, con innesti presi a prestito dall’iconografica siciliana. Oltretutto, ci tengo a ribadirlo, questo intervento ripulisce e ridà nobiltà a un termine siciliano, "il pizzo”, che è una parte importante del carretto siciliano, ma viene ormai associato all’usura e al malaffare. Praticamente, un’operazione di recupero, arte e bellezza. 

(per gentile concessione di Domenico Pellegrino)

Le tue opere su Instagram sono spesso accompagnate dall’hashtag “street art”. Definirti esponente di questa avanguardia è difficile, ma tutto sommato possibile

Ho fatto delle installazioni con dei curatori vicini al mondo della street art. Esperienze che mi hanno fatto conoscere la voglia dei nuovi artisti di dare tridimensionalità alle loro opere. L’illuminazione è fondamentale per conferire ulteriore interesse. E così non mi sono tirato indietro quando mi è stato proposto di unire le luminarie a degli interventi urbani. Non mi considero propriamente uno street artist, anche perché per esprimermi non ho per forza bisogno di un muro, mi accontento anche dell’acqua.

 

Fra le missioni dell’artista vi è anche quella di restituire bellezza, di riqualificare aree dismesse e degradate

È successo anche a me, non soltanto ai Quattro Pizzi. Al Porticciolo di Sant’Erasmo, per esempio, ho realizzato Cosmogonia mediterranea per BAM, un sistema di ventiquattro installazioni galleggianti rappresentanti le sagome dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Quel posto, pur avendo lo stesso potenziale di Mondello, era ostaggio del più assoluto degrado. All’indomani della prima accensione delle opere, il Porticciolo di Sant’Erasmo è divenuto uno dei fiori all’occhiello della città di Palermo. L’arte è propedeutica per il rinnovamento di una città in movimento. L’occhio, inoltre, è fatto per vedere cose belle, oltre che a farci stare attenti, e la bellezza genera sempre altra bellezza. È come un flusso ininterrotto di energia luminosa che rinnova costantemente. 

(foto di Luca Lombardo, per gentile concessione di Domenico Pellegrino)

Immagine di copertina: Spiderman (per gentile concessione di Domenico Pellegrino)

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