Innamoriamoci di Chovanščina, ultima opera scritta di Musorgskij, seconda di una trilogia epica sulla storia russa che comincia con Boris Gudunov andato in scena nel 1874 e basato sul dramma di Puškin dedicato al periodo cosiddetto “dei torbidi”, ovvero quello che attraversa la Russia dal 1584 al 1613. Il terzo titolo, ispirato ancora al poeta, avrebbe dovuto avere come soggetto la rivolta di Pugacëv avvenuta fra il 1774 e il 1775, ma il compositore muore nel 1881 prima di poterla iniziare. Non riuscirà a finire nemmeno la stessa Chovanščina, che verrà ultimata da Dmitrij Šoskakovič.

Il capolavoro assoluto nella storia della lirica russa ritorna, dopo vent’anni, al Teatro alla Scala di Milano (dal 27 febbraio al 29 marzo). Sul podio, come nel 1998, Valerij Gergiev, sicuramente il maggior interprete, al secolo, di questo repertorio; il regista Mario Martone firma il nuovo allestimento, con scene di Margherita Palli.

In palcoscenico Mikhail Petrenko e, il 24 marzo, Vladimir Vaneev nella parte di Ivan Chovanskij, Sergej Skorokhodov (Andrej Chovanskij), Ekaterina Semenchuk (Marfa), Evgenia Muraveva (Emma), Evgeny Akimov (Golicyn), Alexey Markov (Šaklovityj), Stanislav Trofimov (Dosifej), Maxim Paster (scrivano), mentre i numerosi ruoli di contorno sono ricoperti da allievi dell’Accademia Teatro alla Scala; a un grande cast si aggiunge il Coro scaligero e il Coro di voci bianche dell’Accademia diretti da Bruno Casoni. «Nel capolavoro di Musorgskij ognuno diventa protagonista, perfino il coro ha una sua identità: interpreta il popolo russo nelle sue sfaccettature, la Chiesa ortodossa, l’aristocrazia, la borghesia, la gente comune» racconta Gergiev. «Il vero personaggio principale, lo zar Pietro, non compare mai ma la sua presenza si avverte da subito e cresce fino a dominare l’opera».

Il dramma musicale in cinque atti, destinato ad un pubblico di aristocratici russi, è ricco di avvenimenti storici oggi poco conosciuti. Dopo lo scisma che aveva lacerato la Chiesa ortodossa, il raskol__´, la Chiesa russa affida a copisti ignoranti e traduttori negligenti la copiatura dei testi sacri con il risultato di uno scontro violento sull’interpretazione della Bibbia. Nel 1649 il patriarca di Gerusalemme arriva a Mosca per riprendere l’ortodossia dei testi e i riti bizantini, il suo maggiore sostenitore cerca di unificare il culto ortodosso per portare la Russia alla guida della cristianità d’Oriente, la Chiesa diventa organo dello Stato. La rivolta popolare è immediata: tensioni, conflitti, scontri si susseguiranno fino al 1689, quando Pietro il grande diverrà l’unico zar di tutte le Russie.

La scrittura musicale di Musorgskij è segnata da un’idea di radicalismo che non ha confronti in Europa. Dopo la sua morte tutte le sue opere vennero corrette da Rimskij Korsakov, con l’intenzione di salvare la musica che lo stesso autore aveva compromesso; fu lo stesso Rimskij Korsakov a riprendere la partitura di Chovanščina per renderla rappresentabile secondo i canoni teatrali dell’epoca; l’orchestrò tagliando, purtroppo, buona parte dell’originale e introducendo aspetti fiabeschi. Questa versione venne eseguita a San Pietroburgo in forma amatoriale nel 1886 e pubblicamente solo nel 1911; Djagilev la rappresentò a Parigi nel 1913 con integrazioni orchestrate di Maurice Ravel e Igor_´_ Stravinskij. Infine Šoskakovič riprese completamente l’opera nel 1961 con un’orchestrazione rispettosa dell’originale e del doloroso, spietato “realismo” voluto dall’autore.

Il radicalismo di Musorgskij è estetico, non nazionalista, la musica esprime attraverso il “realismo” la complessità dell’anima umana. Nell’opera Chovanščina, a volte tradotta come “La congiura del Principe Chovanskij”, Musorgskij scrive personalmente il libretto dopo lunghe ricerche storiche, anche per questo l’azione epica prevale sulla stesura drammatica. «Eppure il compositore riesce a scrivere un’opera visionaria, in cui nessuno può prevedere il futuro» continua il regista Mario Martone. «La Russia seicentesca vive un momento di confusione, smarrimento, in fondo non è così diverso dal nostro».

Il 27 febbraio l’opera sarà diffusa in diretta da RAI Radio 3 in Italia e dal circuito Euroradio in Serbia e Slovacchia; in differita radiofonica in Spagna, Russia, Bulgaria, Lettonia, Slovenia, Francia, Turchia e Repubblica Ceca.

Teatro alla Scala di Milano (dal 27 febbraio al 29 marzo)

Chovanščina

Dramma musicale popolare in cinque atti

Libretto e musica di Modest Petrovič Musorgskij,

(Revisione e orchestrazione di Dmitrij Šoskakovič

dalla stesura originale pubblicata da Pavel Lamm.

Editore Casa Ricordi, Milano)

Direttore Valerij Gergiev

Regia Mario Martone

Scene Margherita Palli

Costumi Ursula Patzak

Luci Pasquale Mari

Coreografia Daniela Schiavone

Immagine: foto di prova dell’allestimento di Chovanščina. Crediti: Brescia/Amisano Teatro alla Scala

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