1 febbraio 2023

L’eredità culturale e artistica di Giorgio Pressburger

Il lascito di Giorgio Pressburger, venuto a mancare nel 2017, poco dopo aver compiuto 80 anni, è così vasto e poliedrico che non è facile dar conto dell’eredità che ci ha lasciato e trasmetterla in modo adeguato, poiché non si può certo riassumere in poche opere esemplificative o ridurre a una sola prospettiva. Scrittore italiano ma di madrelingua ungherese, autore di teatro, di radio e televisione, regista, Giorgio Pressburger è stato anche un infaticabile promotore di eventi culturali. Ne ricordiamo l’impegno come direttore artistico del Mittelfest di Cividale del Friuli (1991-2003), come direttore dell’Istituto italiano di Cultura di Budapest (1998-2002) e come assessore alla Cultura del Comune di Spoleto (1995-98). Nel suo operare ha attraversato temi importanti, usato diversi linguaggi e prodotto numerosissime opere, ma un sottile filo unisce in una totalità organica il tutto al suo autore e alla sua complessa biografia.

 

Proprio per preservare e valorizzare questo ingente patrimonio di opere e di idee, è stata ufficializzata in questi giorni la nascita dell’Associazione culturale “Giorgio Pressburger”, con sede a Trieste, presieduta da Mauro Caputo, curatore dei diritti delle opere letterarie, teatrali, cinematografiche, radiofoniche e giornalistiche di Pressburger. L’Associazione gestisce un archivio digitale fotografico e audiovisivo per raccogliere i numerosi materiali dispersi, digitalizzarli, catalogarli e metterli così a disposizione degli studiosi e degli appassionati; anima, inoltre, la Rete G.P. che collabora attivamente con docenti e università in Italia, in Ungheria e in altri Paesi, creando collegamenti e fruttuose sinergie. La finalità è quella di organizzare incontri e convegni, fornire libri e materiali audiovisivi, sostenere percorsi di studio e in generale far conoscere e valorizzare, tramite la collaborazione fra diversi atenei, la figura e l’opera di Giorgio Pressburger.

Un ruolo importante l’Associazione lo svolge anche nello sviluppo dei rapporti culturali tra l’Italia e l’Ungheria e in generale con i Paesi della Mitteleuropa. In un momento storico nel quale si esaltano i confini e si alzano i muri, ed è difficile ascoltare le ragioni dell’altro, è importante mantenere viva la memoria di quegli intellettuali che hanno saputo interrogare le diverse culture e stabilire connessioni. Nella sua parola preziosa, letta o ascoltata, sono presenti in modo forte gli echi della cultura ebraica, della tragica stagione dell’Olocausto, della Mitteleuropa, di Budapest e di Trieste, città dove visse a lungo; affiora la sua complessa vicenda biografica, segnata da eventi cruciali della storia del Novecento. La sua famiglia, di origine ebraica, era infatti fortunosamente riuscita a sottrarsi alla persecuzione nazista, anche grazie all’aiuto di Giorgio Perlasca, quando Giorgio e il suo fratello gemello Nicola avevano solo 7 anni, e dopo l’invasione sovietica del 1956 Pressburger aveva lasciato l’Ungheria e si era stabilito in Italia.

Crediti immagine: per gentile concessione dell’Associazione culturale “Giorgio Pressburger” e di Vox Produzioni s.r.l.

Questi influssi e le esperienze vissute in prima persona, lo portarono a farsi promotore di una cultura dell’incontro e del dialogo, di uno spirito europeo dove le diverse radici si incrociano. Tra le opere più significative di questo intellettuale e artista policentrico ricordiamo i racconti Storie dell’ottavo distretto (1986) e il romanzo L’elefante verde (1988), scritti insieme al fratello gemello Nicola, con cui il rapporto fu molto intenso, e raccolti nel 2019 nel volume Storie del ghetto di Budapest. Di ambientazione ungherese anche La legge degli spazi bianchi (1989), cinque racconti dedicati a medici «conosciuti durante l’infanzia e mai dimenticati». Alcuni riferimenti autobiografici sono presenti anche ne Il sussurro della grande voce (1990), Denti e spie (1994), attraversato da un elegante umorismo, La neve e la colpa (1998, Premio Viareggio), L’orologio di Monaco (2003), Sulla fede (2004), Nel regno oscuro (2008), Storia umana e inumana (2013), Racconti triestini (2015) e Don Ponzio Capodoglio (2017).  Pressburger è stato anche autore di numerosi testi teatrali, di cui a volte ha curato anche la regia (La PatriaLe tre madri; Eroe di scena; Messaggio per il secolo). Come regista cinematografico ha realizzato Calderon (1981) e Dietro il buio (2011). Da ricordare inoltre, che nel 2014 il regista Mauro Caputo ha tratto da L’orologio di Monaco il film omonimo. Nel 2016 Caputo ha invece realizzato Il profumo del tempo delle favole ispirato a Sulla fede; in questo film documentario, presentato alla Mostra del cinema di Venezia, Pressburger è anche voce narrante e protagonista. 

 

Immagine di copertina: Giorgio Pressburger. Crediti: per gentile concessione dell’Associazione culturale “Giorgio Pressburger” e di Vox Produzioni s.r.l.