Intervista ad Alice Valenti
Quella di Alice Valenti è una storia tessuta su una tela di casualità. È al fato che le temerarie donne isolane – abituate da millenni a vivere sull’orlo, che non è spazio claustrofobico o un confine invalicabile, ma un’opportunità di crescita evolutiva – fanno sempre costante riferimento. Siamo a Catania, all’ombra dell’Etna, tra le palazzine testimoni del seducente intrigo fra pietra lavica e barocco. Qui, dopo essersi laureata a Pisa in Conservazione di Beni culturali, Alice Valenti ha scelto di tornare. Un bel giorno, s__fogliando casualmente un vecchio libro dedicato ai carretti siciliani, scopre che suo nonno, falegname, era stato anche un costruttore del prezioso e vivace mezzo usato per trasportare merci, per supportare in maniera complice le “fuitine” degli innamorati, e per le funzioni quotidiane. Alice ha chiesto così al padre di accompagnarla a conoscere il maestro Domenico Di Mauro_, il decoratore delle opere realizzate dal nonno._
Sono entrata nella bottega artistica del maestro ad Aci Sant’Antonio e sono stata folgorata dalla situazione ancestrale e dalla fantasmagoria cromatica dei carretti. Ho chiesto di poter restare a guardare. Ho iniziato a fare i ricalchi e a sbozzare le figure e, dopo aver raggiunto un buon livello, ho aperto un mio laboratorio a Catania. Ispirandomi volutamente agli elementi decorativi assorbiti in bottega, ho mixato e reinterpretato, appassionandomi all’arte popolare, all’opera dei pupi e ai cantastorie.
Un processo di sperimentazione e formazione artistica durato molti anni. A un certo punto, però, dichiarando ormai conclusa la saga del carretto, hai mosso i primi passi verso la street art
Sì. Dopo una spinta di grande apprezzamento per gli interventi urbani realizzati all’interno dell’ex rimessa degli autobus, in via Plebiscito a Catania. Quell’area è divenuta negli anni un vero e proprio museo a cielo aperto, per estro e mano di tutti gli artisti di fama mondiale chiamati a dipingere sui capannoni. Nel vedere quel luogo pazzesco, rimasi favorevolmente impressionata. Sull’onda di un incontenibile entusiasmo, ho chiesto se fosse possibile avere un mio spazio. Quando avverto delle vibrazioni positive, mi lancio.
Nel dubbio, osa
Ed è proprio osando che è nata la mia prima opera murale: un enorme agave, all’ingresso dell’ex rimessa. Ho rappresentato questa pianta mediterranea per esaltare la riappropriazione del verde rispetto alle costruzioni urbane. E poi perché l’agave – così come i fichi d’india – è un elemento ricorrente nelle scene di pittura popolare che ho dipinto per tanti anni sulle sponde dei carri; così come la Cavalleria rusticana, la novella che Giovanni Verga aveva dedicato proprio alla nobile figura del carrettiere.
Intraprendendo, così, la via della pittura extra extra large
Sì. Da quel momento il discorso macro mi ha accompagnata in tutti gli altri interventi, che possono considerarsi i miei interventi di street art. Anche se non proprio canonici.
Perché?
Il primo intervento è legato alla mobilità urbana, agli autobus. L’ATM (Azienda Metropolitana Trasporti) Catania mi ha chiesto di intervenire sulla livrea di un mezzo cittadino. Per l’occasione ho ripreso un dipinto di una battaglia epico-cavalleresca – scena che solitamente rivive sulla sponda dei carretti – riversandola ingigantita sulle fiancate.
C’è una stretta correlazione tra l’autobus e il carretto
Sì, certo. Sono due mezzi che hanno trasportato cose e persone, emozioni e storie. L’autobus oggi un valore importante perché è la cartina di tornasole della vivibilità, della democraticità e della sostenibilità di una città.
Com’è stato il passaggio dal carretto all’autobus?
Lento, inevitabile e di fondamentale importanza perché mi ha permesso di esprimere al meglio me stessa. Il rigido codice figurativo del carretto, ripetuto all’infinito, per quanto potesse essere meraviglioso, cominciava a essere un limite. A un certo punto ho sentito l’esigenza di esternare le mie emozioni in maniera diversa, andando oltre quell’epopea, esplorando altre tradizioni del mio territorio.
Lo dimostra il tuo secondo intervento di street art
Sì, è vero. L’opera è adiacente alla Porta Ferdinandea, per anni bistrattata e vandalizzata dai parcheggi, ed è stata veicolata dai volontari dell’associazione “Acquedotte” che – dopo aver ottenuto dal Comune di Catania l’autorizzazione a poter circoscrivere un perimetro rettangolare off limits alle macchine, permettendo così al monumento di ritrovare quel giusto respiro – mi hanno invitato a intervenire sull’area. Ho così coinvolto i bambini del quartiere, e in tre giorni abbiamo realizzato sull’asfalto un lavoro semplice: il ribaltamento della Porta schematizzata in poligoni, rettangoli e quadrati. L’intervento, è giusto precisarlo, non intacca l’integrità dell’arco trionfale – costruito nel 1768 per commemorare le nozze di re Ferdinando III di Sicilia e Maria Carolina d’Asburgo-Lorena – ma ne protegge il valore. E questo, per fortuna, i bambini lo hanno ben compreso.
Il senso della street art è anche quello di educare
Be’ sì. La street art è un ottimo grimaldello per sollevare tematiche di ordine sociale, per riqualificare aree urbane, e per permettere – soprattutto ai bambini – di intendere l’arte come uno strumento di identità e rivalsa.
Oltre a essere artista, abbracci sempre cause importanti
Le emozioni che mi pervadono entrano prepotentemente nel mio ambito professionale. Tutto quel che quotidianamente vivo, ascolto e vedo si impianta alla base del mio fare; a volte si trasforma in arte, altre volte in collaborazioni con gruppi che operano nel sociale.
Ci fai un esempio?
La barca “Spiranza”, divenuta strumento di denuncia per l’irresponsabilità delle istituzioni riguardo la mancata tutela delle maestranze artigiane. L’opera nasce dal mio incontro con la famiglia Rodolico. Nel loro cantiere navale di Aci Trezza, fondato nel 1808, l’anziano maestro d’ascia Salvatore Rodolico – riconosciuto Tesoro umano vivente dall’UNESCO – e suo figlio Gianni lottano affinché l’antica sapienza, emblema di identità territoriale, non venga annientata dall’attuale modello di sviluppo economico. Ho decorato “Spiranza” adottando un apparato decorativo insolito, trascrivendo sul tavolato frammenti de I Malavoglia di Giovanni Verga, dell’Odissea di Omero, e delle lettere dei migranti ritrovate a Lampedusa. Parole che hanno come tema chiave le aspettative e le speranze dell’uomo che si mette in mare e la preoccupazione di chi – rimanendo a terra – prega affinché i propri cari vadano incontro alla salvezza e a un futuro migliore.
Anche quello di usare i mezzi di trasporto per veicolare arte e impegno è un tuo motivo ricorrente?
Sì, è vero. In passato ho apportato i motivi del carretto perfino su una Vespa e su un’Ape Piaggio. Va detto che ci sono interventi che nascono e muoiono in maniera puramente decorativa. Altri, invece, si sviluppano da esigenze diverse, a volte in maniera casuale, spinte dal basso per aprire porte e costruire ponti. Dopo aver dipinto la livrea di quel mezzo pubblico, per esempio, con delle amiche abbiamo creato lo Street Art Bus Tour, un percorso a tappe che dà la possibilità ai catanesi di visitare alcune opere di street art presenti in città, in punti disparati, non sempre facili raggiungere. Grazie all’autobus – che rappresenta il mezzo democratico per antonomasia, non mi stanco di ripeterlo –, sono entrata in stretta relazione con il potere di questa avanguardia artistica contemporanea, comprendendo al meglio tutte le dinamiche e le problematiche che l’hanno fatta nascere.
Buttiamola un po’ provocazione: quel che non fa la politica, spesso, lo fa l’arte
L’arte è spesso un megafono di denuncia contro una politica che latita. L’arte ha il potere supremo di sensibilizzare, di cambiare, di risanare. L’arte ha il dovere di “sconcicare”, come diciamo noi in Sicilia, chi sta al governo affinché dia ascolto e importanza alla voce del popolo.
Alice, qual è il muro che hai in mente?
Adoro lavorare con i bambini perché sono il futuro; i cittadini di domani, i depressi o i felici. Ammiro tantissimo chi svolge attività che hanno al centro il benessere dei bambini, sono meritevoli di lodi. Non ho un vero e proprio un muro in mente, in questo momento, ma un inno all’infanzia. Il supporto non è determinante. Potrei azzardare e provare anche con la poesia, che infonde da sempre emozione e bellezza in maniera efficace e diretta. Alla maniera della street art, come una piacevole e vitale scossa elettrica.
Immagine: La livrea decorata da Alice Valenti in un autobus dell’ATM Catania. Crediti: Per gentile concessione di A. Valenti
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