Habent sua fata libelli” recita un noto verso di Terenziano Mauro, ma a volte anche le biblioteche reali - e non solo quelle immaginarie (quali quella de Il nome della rosa di Umberto Eco) - possono avere un destino degno di un romanzo. Mi riferisco in particolare al cosiddetto “Fondo Berlinese” oggi conservato nella Biblioteca Jagellonica di Cracovia. Come testimonia il nome stesso, si tratta di un vastissimo lotto di manoscritti e libri antichi (incunaboli, cinquecentine) appartenenti alla Biblioteca di Berlino.

Temendo bombardamenti sulla capitale del Reich nei primi anni del secondo conflitto mondiale, essi furono collocati per ragioni di sicurezza a Krzeszów (Grüssau) nella Slesia, allora territorio tedesco. Con la fine della guerra questa città passò sotto lo stato polacco e con essa i volumi ivi conservati. Da lì arrivarono con grande discrezione alla Biblioteca Jagellonica. I polacchi temevano evidentemente di non riuscire a opporre resistenza a un’eventuale richiesta di restituzione da parte di un altro paese dell’Est, ovvero la Repubblica Democratica Tedesca. Con la dissoluzione del blocco socialista, questo fondo inizia a essere pubblicizzato e diventa accessibile agli studiosi con le segnature originali della Biblioteca di Berlino. Quest’ultima però non ha cancellato dal suo catalogo il fondo in questione, e il malcapitato che si trova a richiedere un pezzo di questa collezione riceve la risposta “momentaneamente non disponibile”. La Germania riunificata rivendica infatti la restituzione del Fondo, non solo perché esso non è mai stato oggetto di trattative di risarcimento per i danni di guerra, ma anche per il suo valore simbolico, visto che al suo interno si conserva il testo autografo dell’inno nazionale tedesco scritto da August Heinrich Hoffmann von Fallersleben e preziosi spartiti musicali di compositori quali Bach, Haydn, Mozart, Beethoven, Mendelssohn. Nelle more di questo contenzioso diplomatico, va segnalata una benemerita iniziativa di catalogazione del materiale romanzo di questo fondo, grazie al progetto “Fibula”, finanziato dall’Unione europea. I responsabili del progetto, Roman Sosnowski e Piotr Tylus, hanno già pubblicato vari volumi, tra cui di particolare interesse è quello relativo ai codici italiani medievali, al cui interno si trovano delle schede ottime per il più antico volgarizzamento del ciclo di Alessandro Magno, oppure per i trattati di mascalcia o di matematica. Al contempo si è anche provveduto alla digitalizzazione di tutti i codici presenti nel fondo che tra breve si potranno vedere comodamente da casa tramite Internet. Lo scopo forse neanche troppo nascosto è quello di creare una Biblioteca virtuale che riesca ad appianare le controversie in merito al possedimento materiale del Fondo. Riuscirà la Rete a vincere la guerra fredda dei libri?

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