Il 7 ottobre 1944, pochi mesi prima dell’ingresso dell’Armata Rossa, ad Auschwitz vi fu un disperato tentativo di resistenza messo in atto dai Sonderkommandos__, le unità speciali particolarmente detestate dagli altri deportati perché costrette a lavorare nelle camere a gas o nei forni crematori: nella definizione di Primo Levi, «i miserabili manovali della strage» o «i corvi neri del crematorio», che nessuno però, secondo lui, aveva in alcun modo il diritto di giudicare. Tale rivolta, come quella altrettanto eroica tentata nel maggio dello stesso anno dagli zingari, che erano riusciti a uccidere undici SS e a impedire fino ad agosto il trasferimento nelle camere a gas del loro blocco, si sarebbe conclusa in una prevedibile tragedia; ebbe però il valore forte di imporre contro l’annichilimento voluto dai nazisti la propria volontà e il proprio coraggio. A essa contribuirono anche alcune donne, della maggior parte delle quali non si conosce il nome; di cinque giovani coraggiosissime ebree polacche però sì: si chiamavano Ala Gertner, Róża Robota, Regina Szafirsztajn, Hanka ed Estusia Wajcblum, e sono loro che vogliamo oggi ricordare.

Ala Gertner aveva 33 anni, era nata a Będzin, aveva studiato al ginnasio e, prima del trasferimento ad Auschwitz nell’agosto del 1943, aveva lavorato in un campo di lavoro a Geppersdorf e si era sposata nel ghetto di Sosnowiec: di lei si hanno alcune lettere affettuose e ottimiste spedite, fino a pochi giorni prima della deportazione, all’amica Sala Kirschner, che le pubblicò nel 2006.

Nata nel 1915, anche Regina Szafirsztajn era di Będzin, dove il padre, morto subito dopo il trasferimento nel ghetto, teneva un’attività imprenditoriale; fu deportata assieme ai suoi numerosi fratelli, sorelle e nipoti – molti dei quali immediatamente uccisi nelle camere a gas – nella stessa data di Ala, nel corso della liquidazione del ghetto.

Róża Robota era nata nel 1921 a Ciechanów: socialista, era entrata in clandestinità dopo l’invasione tedesca ed era stata catturata e deportata nel ’42; poiché nel campo vi erano altri ex compagni della Resistenza provenienti dalla sua città natale, Róża divenne subito riferimento importante nella organizzazione resistenziale all’interno del campo.

Estusia e Hanka Wajcblum, infine, erano nate a Varsavia e avevano rispettivamente 18 e 17 anni; dal ghetto erano state deportata dapprima, nel maggio del 1943, nel campo di concentramento di Majdanek, dove entrambi i genitori erano morti (mentre un’altra sorella, Sabina, si trovava in URSS), e quindi ad Auschwitz nel settembre dello stesso anno.

Ala, Regina, Hanka ed Estusia lavoravano nella fabbrica di munizioni Union, mentre Róża lavorava nel deposito d’abbigliamento, che si trovava vicino al crematorio III. Per mesi le prime quattro con altre compagne avevano prelevato e nascosto piccole quantità di esplosivo consegnandolo a Róża, che a sua volta lo faceva arrivare agli uomini del Sonderkommando, alcuni dei quali erano stati membri della Resistenza. La mattina del 7 ottobre, fu lanciata una parola d’ordine e l’intero Sonderkommando si rivoltò, riuscendo a uccidere tre SS e a far esplodere una parte del crematorio. La rappresaglia fu immediata, e almeno trecento uomini furono uccisi. Venne poi aperta un’indagine che condusse ad Ala, Regina, Róża ed Estusia, che furono torturate per mesi senza che nessuna di loro facesse un nome. Furono infine impiccate per soffocamento – un metodo particolarmente sadico usato dai nazisti – il 5 gennaio 1945, pochi giorni prima dell’arrivo dei sovietici, di fronte alle compagne, e anche di fronte a Hanka, che fu l’unica a salvarsi (ed emigrò e si sposò poi in Palestina). Róża prima di morire urlò alle compagne: «siate forti, siate coraggiose».

Crediti immagini: Alex, Aleko o Alekos, membro del Sonderkommando, spesso chiamato Albert, Alex o Alberto Errera, ufficiale dell’Esercito greco o della Marina, che morì ad Auschwitz nel 1944. [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

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