Risale con ogni verosimiglianza al IV secolo la nascita del desiderio di cercare i corpi dei primi martiri cristiani. Una volta ritrovati, essi divengono reliquie da venerare e i luoghi dove sono sepolti mete di pellegrinaggio. Il culto delle reliquie non è in realtà un fenomeno che pertiene solo alla sfera religiosa, ma riguarda anche il mondo laico: basti pensare alle schiere di turisti che si recano in pellegrinaggio al cimitero di Père-Lachaise di Parigi, per rendere omaggio alle tombe del leader dei Doors, Jim Morrison, o dello scrittore Oscar Wilde.

È proprio di questi giorni il rinvenimento di una nuova “reliquia”: il corpo del maggiore scrittore spagnolo, Miguel de Cervantes. Nella conferenza stampa di martedì 17 marzo il gruppo di ricerca “Proyecto Cervantes” ha dichiarato che le ossa dello scrittore si troverebbero mescolate a quelle di un’altra quindicina di persone (cinque bambini e dieci adulti) nella cripta della chiesa del Convento delle Trinitarie scalze. In poche ore la notizia è rimbalzata in tutti i più importanti mezzi di comunicazione spagnoli, suscitando un acceso dibattito tra gli studiosi sia sulla presunta novità del ritrovamento, che sulla sua importanza. È infatti ben noto che Cervantes, morto il 23 aprile 1616, era stato sepolto, per volontà di sua moglie, doña Catalina de Salazar, in una fossa comune all’interno di quel convento. Ma allora perché attribuire tanto clamore a questa scoperta? Sorge il sospetto che possa trattarsi di un battage pubblicitario in vista delle iniziative del 2016, quarto centenario della morte dello scrittore. Effettivamente le reazioni degli addetti al settore non hanno avuto toni altrettanto entusiastici. L’illustre filologo nonché editore del Chisciotte, Francisco Rico, sostiene di essere più interessato a recuperare l’ultima volontà d’autore del testo del Quijote, o di qualsiasi altro libro di Cervantes, rispetto alle sue ossa.

Abbiamo chiesto a José Manuel Lucía Megías, Presidente della Società internazionale degli studiosi di Cervantes, se ritiene che possano venire nuovi spunti alla ricerca da questo ritrovamento.
«In realtà sin dal secolo XVIII, quando si venne a conoscere il Libro de difuntos della Chiesa di San Bartolomeo del Convento delle Trinitarie, si sapeva che Cervantes e sua moglie erano stati seppelliti in questo luogo. Ora dopo mesi di lavoro di un gruppo di ricerca che comprende storici, giuristi e archeologi, sappiamo che queste prime sepolture fra il 1609 e il 1630 – per un totale di 16 corpi – furono dissotterrate quando si fecero opere di restauro nella chiesa primitiva e che nel 1730 tutti i corpi ivi sepolti, mescolati, vennero traslati in un ossario della nuova cripta, dove furono fatte nuove sepolture tra i secoli XVIII e XIX. Ciò che ha scoperto il gruppo di ricerca non è che i resti di Cervantes si trovino nel Convento delle Trinitarie – cosa che sappiamo appunto dal XVIII secolo -, ma che non sarà possibile recuperare uno scheletro completo di Cervantes e di sua moglie. Per questo motivo non ha più senso investire denaro pubblico per eseguire delle prove del DNA o in altre ricerche. È arrivato invece il momento di iniziare una nuova fase: lasciar parlare Cervantes e la sua opera. L’entusiasmo mediatico che ha accompagnato questa ricerca del corpo dello scrittore, deve ora trasformarsi in motore per diffondere la sua opera e la letteratura dei “Secoli d’Oro”, uno dei momenti cardine della nostra cultura occidentale. È il momento per fare del quartiere delle Lettere di Madrid, dove si è forgiata questa letteratura, un centro culturale e turistico di prim’ordine per conoscere e diffondere meglio l’opera di Cervantes, ma anche di Lope de Vega, Góngora, Quevedo, Calderón de la Barca…. Bisognerà addentrarsi in questo quartiere: nelle vie percorse da questi scrittori, negli spazi teatrali dove debuttarono le loro opere, nelle tipografie e nelle librerie che le diffusero, nelle case dove vissero o nei luoghi deputati al pettegolezzo... Le nuove tecnologie possono far rivivere nel presente quanto accadeva un tempo nel quartiere dei letterati. Ora è il momento di creare con l’appoggio di tutte le istituzioni un programma che guardi al futuro, che permetta di diffondere l’opera di Cervantes e di tutti i valori universali che si trovano nei suoi testi».

Quali sono le iniziative in cantiere più importanti per l’anno cervantino del 2016?
«Abbiamo perso purtroppo un’occasione d’oro nel pianificare per tempo le iniziative e per evitare di incappare negli errori del 2005, quando si è celebrato il quarto centenario della pubblicazione della prima parte del Chisciotte. A tutt’oggi non esiste ancora un comitato che metta ordine a tutte le proposte in cantiere per l’anno cervantino. L’unica istituzione che già da tempo ha cominciato a organizzare delle iniziative è la Biblioteca Nacional de España. Essa si propone due importanti obiettivi: da un lato una grande mostra, di cui io sarò il responsabile, sulla vita di Cervantes e sulla sua mitizzazione, che verrà inaugurata nell’aprile del 2016; dall’altro la catalogazione e la digitalizzazione di tutto il fondo cervantino – il più grande al mondo –, per mettere a disposizione degli interessati non solo l’opera di Cervantes, ma anche tutti gli oggetti venuti fuori in questi 400 anni che testimoniano della sua fortuna: francobolli, cartine, partiture musicali, adattamenti e così via».

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