Fino al 30 aprile scorso, alla Comédie française, il più celebre teatro di Parigi, è andata in scena Lucrezia Borgia o, meglio, Lucrèce Borgia, dramma in prosa in tre atti scritto di getto da Victor Hugo in sole tre settimane nel luglio del 1832, e poi musicato da Gaetano Donizetti per l’omonima opera. Come suggerisce il titolo, la pièce è liberamente basata sulla peccaminosa vita di Lucrezia Borgia, figlia illegittima di Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia) e sorella di Cesare Borgia, detto “il Valentino”, l’ambizioso e crudele “principe” che aveva ambito a conquistare l’Italia intera. Piccola curiosità: è per il giovane Borgia che Leonardo da Vinci aveva messo a punto una nuova polvere da sparo, fra altre invenzioni belliche ... 
Storie dell’incestuoso rapporto fra padre e figlia, e fra sorella e fratelli sono indissolubili dall’immagine dei linceziosi Borgia e dal mito di Lucrezia stessa, donna peccaminosa, crudele e provocante. La realtà storica, tuttavia, ci induce a pensare che Lucrezia Borgia, come molte sue contemporanee, sia stata in realtà vittima delle proprie origini, nonché usata dal padre per creare vantaggiose alleanze politiche con varie famiglie di rilievo che potessero fortificare lo Stato Pontificio. Lucrezia si sposa prima con Giovanni Sforza, matrimonio presto annullato per una nuova unione, quella con Alfonso d’Aragona, utile per creare una forte alleanza con il Regno di Napoli, visto che Alfonso era il figlio illegittimo di Alfonso II, re di Napoli. Quando l’alleanza con Napoli diventa scomoda al Papa, ormai molto più interessato all’alleanza con i Francesi, Cesare Borgia fa prontamente assassinare il marito numero due della sorella, e Lucrezia è presto pronta per un altro sposalizio. L’ultimo matrimonio, con Alfonso d’Este, figlio del duca di Ferrara, Ercole d’Este, è quello che passa alla storia. Alla corte degli Este, Lucrezia assume ruoli politici di rilievo e si fa mecenate accogliendo e sostenendo personalità del calibro di Pietro Bembo e Ludovico Ariosto.

Ma torniamo a Victor Hugo e alla Comédie française. Il dramma di Hugo sembra inizialmente promuovere la tradizionale figura di Lucrezia Borgia, donna debosciata e crudele femme fatale avvelenatrice. Ma come insegnano molte altre opere di Victor Hugo, uno dei primi a essersi scagliato pubblicamente contro la pena di morte, l’umanità si nasconde anche nel fondo del cuore di un mostro e, viceversa, un mostro può benissimo celarsi nel cuore di ogni uomo. La Lucrezia Borgia di Hugo, quindi, è anche una semplice donna in preda a sentimenti incontrollabili. In particolare, in questa pièce, Lucrezia si riscopre madre e soccombe all’amore materno.
Il dramma inizia con un ballo in maschera a Venezia. Lucrezia, rischiando la propria vita, si reca nella Serenissima per avere la possibilità di rivedere il figlio illegittimo Gennaro che era stata obbligata ad abbandonare ancora in fasce. Allevato da una famiglia di pescatori in Puglia, Gennaro scopre di essere di misteriose nobili origini grazie alle lettere anonime della madre. Il giovane uomo è ora un valoroso cavaliere dall’animo gentile, guidato da un grande senso della giustizia. Ed è proprio questa profonda moralità che gli fa odiare e disprezzare il nome dei dissoluti e crudeli Borgia. All’inizio del dramma, la vista del figlio assopito fa immediatamente nascere una madre. Una perla si cela nel fondo del cuore di un mostro…
In questo articolo non voglio svelare troppi aspetti legati alla trama, visto che sarà possibile assistere alla versione integrale del dramma (in lingua originale) per sette giorni dal 23 maggio cliccando qui, ma vorrei invece commentare alcune avvincenti scelte del regista Denis Podalydès. Prima di tutto, molti si sorprenderanno di scoprire che, in questa produzione, Lucrezia Borgia è interpretata dall’attore francese Guillaume Gallienne, mentre il ruolo di Gennaro è assegnato all’attrice Suliane Brahim. Capovolgendo il femminile e il maschile si aggiungono nuove ambiguità alla serie di enigmi che caratterizzano la trama stessa, anche se l’esibizione dei due protagonisti è impeccabile – entrambi sono credibili nei rispettivi ruoli. Del resto, in una recente intervista, Gallienne si divertiva a ricordare come  Podalydès gli avesse confessato: “Ho sempre pensato che ci fosse una donna rinchiusa dentro di te”…
Anche se il gioco di ruoli non è una novità nel mondo teatrale – basti ricordare, per esempio, che in Shakespeare tutti i ruoli femminili erano interpretati da uomini o fanciulli – questa resta una scelta ardita per la reinterpretazione contemporanea di un dramma dell’Ottocento. Nel caso di Lucrezia Borgia, tale scelta rende ancora più efficaci alcune battute, come il “vous n’êtes pas une femme_”_ (“voi non siete una donna”), frase originariamente finalizzata a sottolineare la crudeltà di Lucrezia e la sua mancanza di umanità, che qui assume un valore più ampio, e sicuramente ironico, drammaticamente parlando, agli occhi del pubblico.
Ma la Lucrezia Borgia di Hugo non è dipinta, in maniera riduttiva, solo come carnefice, ma anche, e soprattutto, come vittima. Vittima della propria epoca, della propria famiglia, della propria educazione, del proprio stato sociale e del pregiudizio. Il gioco di maschere – evidente tema chiave della pièce – è qui sgretolato dalla forza del sentimento materno che porterà la protagonista a gettare ogni maschera e rivelare la propria vera identità al figlio (e la propria vera natura al pubblico). Qui, Lucrezia Borgia, benché colpevole di efferatezze, resta umana, troppo umana. Chi è senza peccato, scagli la prima pietra ...