Telmo Pievani e Federico Taddia hanno colto nel segno!
Non prendeteli troppo sul serio – la loro è una provocazione – ma nemmeno sotto gamba; sarebbe fatale!
Perché?
Perché i due autori, evoluzionista il primo, giornalista e autore satirico il secondo, hanno dato il via ad una riflessione - in atto per la verità da alcuni decenni negli Stati Uniti e in Europa -, sull’identità maschile.

Oltre agli studi di genere maschili (Il dominio maschile, Pierre Bourdieu, Feltrinelli 1999), dunque, il genere «dominante» ha cominciato ad interrogarsi anche nel nostro Paese sulla sua formazione e relazione con il mondo che lo circonda.
Era successo necessariamente a quello «dominato» un secolo fa (Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf è del 1929), ma ora tocca a noi.
In particolare, l’Italia soffre di un grave arretramento culturale, dovuto all’ideologia cattolica prima, fascista poi: il Duce fu campione di maschilismo.
Tuttavia, l’Italia ha avuto anche un Autore, Goffredo Parise, ahimé dimenticato, che ha scritto nel 1979 un capolavoro: si tratta dell’Odore del sangue.
Una delle migliori riflessioni sull’identità maschile dove, da grande lettore di Darwin (con pochi altri: Gadda e Montale), Parise intuisce, presagisce, preconizza la trasformazione in atto.
Nel Maschio è inutile, Telmo Pievani e Federico Taddia intrecciano sapientemente esempi tratti dal mondo vegetale e animale con esempi di maschi «diversi» e ci portano a scoprire l’evidenza di alcuni fatti scientifici cruciali: le femmine, determinanti per la propagazione della specie, decidono quando accoppiarsi, con chi, ecc. Non solo, esistono moltissime forme di riproduzione: asessuata, ermafrodita, ermafrodita incrociata (lumache che possiedono in pari misura cromosomi maschili e femminili, pronte all’accopiamento incrociato).
E il maschio allora? Che ruolo ha avuto? Che ruolo avrà?
Un ruolo fondamentale: garantire, nella sua relativa debolezza, dovuta a carattere recessivo (Y), il rimescolamento del patrimonio genetico. In parole povere: la diversità; cosa che avvantaggia la nostra specie di fronte ad agenti patogeni, virus, pandemie.
È intorno a questo termine che ruota tutta la questione: diversità.
Del resto, come ha scritto Goffredo Parise (18 Gennaio 1976, Corriere della Sera): «l'esistenza umana è disordine: inizia molto lontano, molto più in là delle azioni sessuali, in zone dell'energia non meno sessuali, e avvolte ancora, nella più parte, nell'ombra dell'ignoto, fino a raggiungere la piccola, piccola parte di noto che riguarda le nostre conoscenze, la nostra nascita e la nostra breve apparizione in questo mondo. Il disordine è nella vita. Nel caso che ci ha generati, che procede attraverso i grandi e piccoli traumi che accompagnano la nostra crescita, la nostra fanciullezza, la nostra adolescenza, la nostra maturità e vecchiaia e morte. Disordine sommo è il nostro aprire gli occhi a disordini e casualità del mondo, disordine è il nostro sviluppo, disordine i nostri primi istinti e desideri o voluttà, tali che ognuno di noi sa di aver amato più o meno castamente coetanei d'ambo i sessi, spinti da stimoli disordinatissimi e ignoti: un pomeriggio dietro un cespuglio di campagna, tra mucche vaganti, caldo, odore di escrementi umani e un moscone verde; i bagni promiscui in un canale: l'odore dei capelli di un bambino meridionale uscito dal mare; il sudore di una ragazzina che gioca a tennis con il volto infuocato; la gola chiusa (era più forte di noi) ai primi baci e carezze, e al primo vero amore. Tutto disordine. L'energia così disordinata che ci ha dato le grandi felicità del nostro corpo e che sta al di sopra di noi, in zone che possiamo senza paura chiamare, anch'esse, sì, divine, essa ce le ha date senza legalizzato amore, con la misericordia che nasce sempre dall'abbondanza, dalla forza, dalla copiosità, e dalla ricchezza e perfino dallo spreco, non dalla rinuncia».