Gli scienziati che nel 2003 aiutarono a combattere l’epidemia di SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) sono entrati nuovamente in azione per investigare l’insorgere di una nuova minaccia: un nuovo virus, correlato allo stesso ceppo della SARS, che ha già ucciso un uomo e infettato seriamente un altro.

Il virus della SARS fu identificato per la prima volta nel marzo 2003 come l’agente scatenante di un’epidemia che, dopo aver dilagato in Cina per diversi mesi, si era diffusa rapidamente nel mondo, causando più di 8500 casi di infezione e oltre 900 morti. Nonostante all’epoca gli scienziati non conoscessero quasi niente riguardo le caratteristiche del virus, la minaccia fu circoscritta e infine debellata nel luglio 2003. E proprio le ricerche condotte durante la prima epidemia di SARS – oltre ai vari network nati dalla collaborazione internazionale tra specialisti e ricercatori – permettono oggi agli scienziati di affrontare questa nuova minaccia da una posizione più forte. “Siamo tornati a collaborare di nuovo insieme”, afferma Christian Drosten, direttore dell’Institute of Virology dell’Università di Bonn. “Si può dire che questo è il ‘vecchio club’ della SARS”. La settimana scorsa, infatti, i ricercatori hanno segnalato la sequenza del genoma del nuovo virus e avviato le prime prove diagnostiche per lo screening: due contromisure tempestive che si riveleranno fondamentali nel tentativo di monitorare l’agente patogeno nell’ipotesi che possa trasformarsi in una minaccia più ampia. Finora non c’è nessuna prova che il nuovo virus della SARS possa trasformarsi in un contagio endemico. Coloro che sono entrati in contatto con i due malati non hanno riportato nessuna infezione, il che potrebbe suggerire che il contagio tra esseri umani non avvenga così facilmente. Nonostante tutto, l’allerta resta ovviamente alta.