È velocissimo e arriva da molto lontano: è il primo asteroide intergalattico mai avvistato da noi umani, ed è perciò che 1I/2017 U1 (dove la ‘i’ che segue l’1 sta per interstellar) è stato anche soprannominato ‘Oumuamua, che in hawaiano significa “primo messaggero venuto da lontano”. È stato rilevato inizialmente il 14 ottobre dal Pan-STARRS (Panoramic Survey Telescope & Rapid Response System) dell’Università delle Hawaii, ma ci sono voluti alcuni giorni di osservazione per capire che non si trattava di uno dei tanti ‘usuali’ oggetti che viaggiano nella nostra galassia, come dimostra la sua orbita parabolica.

Che esistessero corpi intergalattici gli scienziati lo avevano previsto da tempo, e lo stupore e la curiosità non riguardano perciò soltanto il fatto di averne individuato uno. Secondo le teorie sull’origine del nostro Sistema solare, infatti, una grande percentuale di planetesimi – ossia le aggregazioni di polvere che costituiscono gli originari nuclei di formazione dei pianeti e che possono avere dimensioni molto varie – sono stati lanciati nello spazio interstellare in seguito alla interferenza gravitazionale di Giove, il maggiore dei nostri pianeti. È possibile dunque che una cosa analoga sia avvenuta in altre galassie, e si suppone che lo spazio interstellare sia attraversato da miriadi di questi oggetti che ‘non ce l’hanno fatta’ a diventare pianeti, tutti estromessi dalle loro originarie galassie. ‘Oumuamua è dunque uno di questi. Tuttavia gli scienziati non si attendevano di vedere un asteroide, ma una cometa (e così lo avevano inizialmente catalogato), e ciò perché secondo i loro modelli la maggior parte della materia espulsa originariamente dal nostro sistema nello spazio interstellare era appunto composta da comete, tra i corpi più antichi, come dimostrerebbe anche il fatto che molte di esse in quella fase remota si siano andate a ‘rifugiare’ nella nube di Oort, una sorta di contenitore sferico al limite della nostra galassia, da dove molte di quelle che viaggiano nel nostro sistema provengono, mentre altre prendono direzioni extragalattiche, data la scarsa attrazione gravitazionale esercitata dal Sole in quella periferia così estrema (un luogo lontanissimo e mai osservato). Si supponeva, dunque, che qualcosa di simile potesse essere accaduto anche nelle altre galassie e che quando qualche oggetto fosse penetrato dall’esterno nel nostro sistema – un evento in realtà non così raro, solo molto difficile con gli odierni strumenti da captare – sarebbe stato molto probabilmente una cometa. E invece ‘Oumuamua è un asteroide, ma non solo. Ha una forma davvero inattesa, non immaginabile nel nostro sistema: probabilmente è lungo circa 400 metri e largo circa 40, come mostrano le intense variazioni di luminosità a seconda della fase di rotazione (che ha un periodo di circa 7,3 ore), con un rapporto tra lunghezza e larghezza di 10:1, contro il massimo di 3:1 finora osservato nel nostro sistema. Dunque una forma oblunga, una specie di sigaro, che costringerà ora gli scienziati a cercare di capire in quali condizioni – del tutto diverse da quelle del nostro sistema – si sia potuto formare e anche in che modo si tenga assieme in quella strana forma. La materia di cui è composto sembra essere la stessa dei normali asteroidi, densa, rocciosa, o forse metallica, e ha un colore rossastro.

L’oggetto con la sua particolare forma ha naturalmente scatenato la fantasia di molti, nella speranza che si trattasse di un’astronave aliena. Purtroppo però non pare ancora giunto il momento, a giudicare dal fatto che non emette onde radio o luminose né sembra muoversi in base a una qualche forma di propulsione autonoma, bensì seguendo esclusivamente la traiettoria gravitazionale.

Non si sa da quale sistema provenga ‘Oumuamua, forse da un punto della costellazione della Lira; intorno al 2022 dovrebbe raggiungere l’orbita di Nettuno, quindi uscire dal nostro sistema e dirigersi verso la costellazione di Pegaso, immergendosi di nuovo nel suo viaggio solitario tra le stelle, senza tornare mai più a trovarci.

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