Ri-generazione” è un bellissimo modo per dire “innovazione”. Perché rende bene l’idea di come l’innovazione non significhi abbandonare il passato, quanto piuttosto riscoprirlo con occhi nuovi, in una nuova prospettiva. Ri-generazione ha dentro la parola “generazione”, la capacità di dare nuova vita. Spesso alla parola rigenerazione si è aggiunto l’aggettivo “urbana” (Urban renewal) per indicare un programma di riqualificazione territoriale come rimedio al degrado urbano.

Programmi del genere si sono spesso realizzati nelle periferie più degradate delle città ma ci sono esempi di rigenerazione applicata ai borghi rurali. Processi di questa natura hanno riguardato la dimensione fisica, materiale delle città, spesso senza "riparare all’errore", senza recuperare quei valori sociali e umani su cui si basa la vita di una città, concepita come organismo vivente e vivibile, insieme di vite e di relazioni umane.

Si è quindi separata la rigenerazione urbana dalla rigenerazione umana, il materiale dall’immateriale, rinunciando a generare una nuova vita delle città in grado di migliorare la qualità della vita delle persone e delle comunità, di conservare e migliorare la bellezza dei luoghi, di tutelare l’ambiente per un futuro migliore a vantaggio delle prossime generazioni.

La rigenerazione umana va intesa come un diverso modo di pensare e di agire personale e collettivo che genera la possibilità di un tipo di azione socialmente orientata, creativa, connettiva, produttiva e responsabile, capace di impattare positivamente sulle forme del produrre, dell’innovare, dell’abitare, del prendersi cura delle persone e dei contesti, restituendo alle città una dimensione comunitaria. È in questa prospettiva che si può ricongiungere ciò che è stato separato, l’urbs con la civitas, la forma, le funzioni delle città con le cittadinanze plurali, dinamiche, fragili.

La rigenerazione umana comprende la dimensione della cura come benessere per tutti e per tutte le età. Restituisce a tutti il diritto alla città senza distinzione di genere, etnia, religione. Non genera una città ideale ma costruisce un’ideale di città. Per questo non può esistere un programma di rigenerazione urbana che non sia anche rigenerazione umana.

La pandemia da COVID19 ha evidenziato i limiti della nostra società, nella quale i soggetti deboli (anziani, disabili, bambini, clochard, extracomunitari, poveri) stanno vivendo maggiori difficoltà rispetto al resto della popolazione. La creazione di una città a misura di tutti, che si fa comunità di cura, permette di limitare i loro disagi nello spostarsi, nell’avere accesso alla sanità, nel coltivare la socialità e nell’accedere ai servizi.

Si deve ripartire quindi dalle persone, dal restituire loro dignità e identità perdute, facendole sentire esseri unici e non numeri. Non si tratta di buonismo comunitario quanto piuttosto di riscoprire il senso di comunità, il valore di una comunità di cura che coltiva il benessere dei cittadini, senza distinzioni. Una comunità che esce dalla “nube della inconsapevolezza” per prendersi cura dell’ambiente urbano ed extraurbano, ricostruendo un’armonia fra centri urbani e campagna. Perché c’è una profonda bellezza che va preservata e valorizzata.

La bellezza, alimentata dalla produzione culturale, dalla cura del paesaggio e dei luoghi, genera le buone relazioni umane, una condizione generale di benessere, sviluppa il capitale di fiducia delle persone migliorandone le condizioni di vita. La bellezza ha la facoltà di estendere ciò che l’individuo sente di poter essere. Da qui la funzione cruciale della bellezza nella rigenerazione umana, nelle relazioni di cura che estendendo il potenziale emozionale, cognitivo e comportamentale degli individui e delle comunità, migliora le condizioni di vita, contrasta la povertà educativa, riduce i costi sociali.

La rigenerazione umana si fonda su una comunità che accoglie, che si prende cura degli ospiti, che restituisce dignità e valore a chi oggi, anziano o fragile, si sente ai margini. Una comunità aperta che intende riscoprire il valore delle relazioni umane, della gentilezza, della gratuità, dell’aiuto reciproco.

Una comunità che ha cura dei bambini, che assicura l’accesso all’istruzione, che disegna una scuola come infrastruttura sociale, che garantisce i servizi essenziali a tutti. Una comunità che misura ogni atto, ogni scelta, valutandone l’impatto sul futuro delle nuove generazioni.

Questo è ciò che possiamo definire Rigenerazione Umana. Promuoverla sarà un compito delle future generazioni che vorranno migliorare la qualità della vita nelle città attraverso processi di democrazia deliberativa. Un impegno che non coinvolgerà solo gli architetti-urbanisti ma anche gli amministratori pubblici, i produttori di arredo urbano, la filiera delle costruzioni e soprattutto le istituzioni culturali, gli stessi cittadini, a livello individuale o in forme organizzate.

Il lavoro da fare è tanto ed è complesso, la strada è lunga e tortuosa ma, come ha scritto Lucien Kroll, A camminare si impara… camminando!

* esperto di politiche per i beni culturali

Crediti immagine: Foto di Rommel Diaz da Pixabay

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