07 gennaio 2016

Ritratto di registi da giovani

Com’erano Bernardo Bertolucci, Carmelo Bene e Marco Ferreri prima di diventare artisti affermati? E in quali variazioni dell’arte di arrangiarsi si avviluppavano i registi che non ce l’hanno fatta? Lo raccontano in un memoir divertente, garbato e affettuoso Francesco Ventura, storico dirigente della Direzione Generale del Cinema e testimone di quarant’anni di temute commissioni per il finanziamento di opere prime e seconde, insieme al regista e sceneggiatore Luigi Sardiello. Dieci meno – Un’avventura cinematografica, appena pubblicato dalla giovane casa editrice Licosia, è l’ironico racconto in sedici capitoli che riesce a mostrare il lato nascosto, umano, vulnerabile di cineasti esordienti o già noti. Molte le gustose rivelazioni sui grandi del nostro cinema. Sull’esordio di Nanni Moretti si legge: “Per la sua genesi non professionale Io sono un autarchico non disponeva dell’obbligatoria, preventiva denuncia di inizio lavorazione, condizione indispensabile per ottenere la nazionalità italiana e accedere ai benefici della legge sul cinema. Consigliai, perciò, all’avvocato Giorgio Moscon, gentiluomo veneto di altri tempi che accompagnò un Nanni Moretti piuttosto agitato al Ministero, di farla lo stesso, sia pure tardiva, la denuncia di lavorazione. Un artificio legale che è passato alla storia, ben al di là dei miei meriti, come denuncia di inizio lavorazione postuma o post mortem”. Sul meno noto Gianni Manera, da poco venuto a mancare, si racconta invece un episodio che sembra tratto da un film di Alberto Sordi: “Un giorno del 1982, mentre ero in sala riunioni con alcuni colleghi, mi chiamano spaventatissimi i miei impiegati. Dottor Ventura, c’è uno nel suo ufficio che si vuole suicidare. Accorro. C’era un tipo che non conoscevo. Un tipo enorme, che già faceva paura di suo e ancor più perché, fuori di sé, minacciava di buttarsi giù dalla finestra del mio ufficio, se non avesse ottenuto il riconoscimento”. Non meno drammatica la scenata di un imbufalito Carmelo Bene che si era visto negare il riconoscimento di qualità per Nostra Signora dei Turchi: occhi di bragia e pistola in mano – mai si seppe se scenografica o reale –, fu blandito da Ventura che riuscì a ricondurlo alla ragione. Non mancano le visite dei mostri sacri “come Vittorio De Sica, che incontrai per un attimo, con venerazione, in occasione della proiezione di Una breve vacanza, il suo film con Florinda Bolkan – un anno prima di morire – quando, capovolgendo l’onere della prova, da uditore si trasformò in inquisitore, chiedendo con un sorriso ai giudici se il film fosse piaciuto o meno e se per caso avessero l’intenzione di vietarlo ai minori. Non osarono”. O Bernardo Bertolucci, che si rese protagonista di una scenata lontana dal suo stile: una sequela di insulti ai membri della commissione che vietò il suo La luna ai minori. Così, tra tentativi maldestri di corruzione e ricordi appassionati di incontri e scontri si tratteggia quella che per il nostro cinema è stata un’epoca d’oro, per la qualità delle opere ma anche per la generosità dei finanziamenti a fortunati carneadi.

 

Francesco Ventura, Luigi Sardiello Dieci meno – Un’avventura cinematografica Licosia editore, 2015 pp.142, euro 13

 


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