La tragedia della pandemia ci ha obbligato a guardare il mondo con occhi diversi: sappiamo che nulla sarà più come prima, ma abbiamo capito che la profonda crisi che stiamo attraversando deve essere considerata una opportunità per costruire tutti insieme un futuro migliore basato su uno sviluppo economico più sostenibile.

Nello smarrimento generale, abbiamo riscoperto alcune profonde verità.

Prima di tutto ci siamo resi conto di quanto importante sia la ricerca scientifica per il benessere di ciascuno di noi e, quindi, di tutta la collettività. Davanti ad un virus nuovo, pericoloso e dal comportamento non facilmente comprensibile tutti si sono rivolti agli scienziati per chiedere una soluzione.

In verità quello che il pubblico angosciato si attendeva era una specie di bacchetta magica capace di cancellare la paura. Mi ricordo conversazioni surreali con la mia mamma ultranovantenne, seccatissima di dover stare chiusa in casa, che mi chiedeva perché non si era ancora trovata una cura. Avevo un bel da fare per spiegarle che nel mondo si stava mettendo alla prova l’efficacia di decine di farmaci già noti e altri erano in fase di sperimentazione, ma le procedure richiedono tempo e procedono un passo dopo l’altro con un continuo controllo dei risultati. Abituata a fare il vaccino antinfluenzale, la mia inossidabile mamma diceva “allora faremo il vaccino”, obbligandomi a ripetere che lo sviluppo di un vaccino richiede tempi lunghi perché i test devono essere rigorosi per essere sicuri che il vaccino protegga senza fare danni con buona pace dei no vax e dei complottisti che non hanno perso l’occasione per seminare bufale. Persino io, che non sono esperta né di epidemiologia né di biologia, sono stata chiamata in causa da Le iene che volevano sapere la mia opinione sulle affermazioni di chi vede un nesso (INESISTENTE) tra la diffusione del virus e la rete 5G. Quando ho chiesto perché avessero interpellato me mi è stato risposto che avevano bisogno di un esperto di onde e chi meglio di una astrofisica poteva spiegare il groviglio di radiazioni nel quale viviamo?

Quello che i complottisti non sanno è che scegliendo opportunamente le radiazioni, il virus si può eliminare in modo rapido e sicuro dalle superfici e dall’aria. È un bel risultato ottenuto da una collaborazione tra astrofisici dell’INAF e biologi dell’Università e di istituti di ricerca di Milano che hanno misurato quale dose di radiazione ultravioletta sia in grado di fare piazza pulita. Parliamo di UV “duri”, prodotti da lampade particolari, ma anche di quelli meno energetici gentilmente forniti dal Sole. È un bell’esempio di come tutta la scienza abbia unito le forze e le competenze nella lotta al virus che è stata portata avanti a tutto campo. I matematici hanno collaborato con gli epidemiologi per sviluppare modelli del contagio, basati sui dati raccolti sul campo da medici e biologi, e fare proiezioni statistiche. Il CERN ha messo a disposizione la sua potenza di calcolo e le metodologie sviluppate per analizzare i dati degli acceleratori di particelle.  L’intelligenza artificiale è stata utilizzata per cercare nuove molecole per combattere il virus.

Si è trattato di collaborazioni virtuali portate avanti grazie alla rete che è stata la vera ancora di salvezza per superare il distanziamento fisico che abbiamo vissuto. L’insegnamento a distanza, il lavoro smart, le teleconferenze infinite, ma anche semplicemente le videochiamate agli amici che non si potevano incontrare, ci hanno fatto capire quanto il futuro dipenda dalla qualità della nostra connessione.

Ma il lockdown ci ha fatto capire molto altro: mentre miliardi di persone erano a casa e innumerevoli attività erano chiuse, il mondo è cambiato sia sopra sia sotto i nostri piedi.

Oltre a dimezzare il rumore sismico del nostro pianeta, causato da una umanità sempre in movimento, settimane di immobilità forzata hanno fatto diminuire in modo importante le emissioni inquinanti. I satelliti di osservazione della Terra hanno misurato una decrescita del 25% nelle emissioni di anidride carbonica, il gas serra per eccellenza, e addirittura del 40% nella produzione di biossido di azoto, che non è un gas serra ma è un indicatore dell’utilizzo dei combustibili fossili, perché prodotto dai motori dalle auto.

Meno spostamenti = meno inquinamento

Non l’avevamo mai capito così bene come in questi giorni di telelavoro e teleconferenze obbligatorie.

Limitare gli spostamenti fa bene al pianeta. È una lezione che ci sarà molto utile quando, passata l’emergenza sanitaria, dovremo ricominciare a preoccuparci del cambiamento climatico, una criticità globale che non è certo sparita, anche se la nostra attenzione è rivolta altrove.

In effetti, l’emergenza ha fatto passare in secondo piano molti problemi. Analizzando il vero diluvio di articoli scientifici legati al Covid-19 prodotti negli ultimi mesi, gli scienziati sociali hanno notato una diminuzione del numero di autori di genere femminile. Eppure sono moltissime le scienziate nel campo della biologia, cosa mai è successo? La risposta, purtroppo, è davanti agli occhi di tutti. Il lockdown, con la riorganizzazione del lavoro da casa e la contemporanea gestione dell’insegnamento a distanza per i figli hanno pesato di più sulle donne, in Italia come all’estero. Più impegnate sul fronte domestico, le donne, scienziate e non, hanno fatto più fatica a trovare il tempo e la concentrazione per dedicarsi al lavoro.

L’emergenza fa dimenticare le buone pratiche sulla parità di genere e se ne sono viste le conseguenze, a volte in modo eclatante. Il 18 aprile 2020, l’ordinanza 663 della Protezione civile ridefinisce la composizione del Comitato tecnico scientifico (CTS), un organo importante che deve supportare il capo del Dipartimento nelle attività finalizzate al superamento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Ne fanno parte esponenti autorevoli del mondo scientifico, sanitario e non solo ma chi ha proceduto alla scelta non ha prestato alcuna attenzione al fatto che i 20 membri del CTS fossero tutti uomini. Con la maggioranza del personale medico e infermieristico composta da donne, come è possibile dotarsi di un comitato formato da soli uomini?

La Protezione civile si era dotata di un MANEL, così vengono chiamati i PANEL formati da soli Maschi. E non è un complimento! Sono molti gli scienziati maschi che si rifiutano di fare parte di un MANEL.

Richiesta di dire come mai nel CTS non ci siano donne, la Protezione civile ha dato una risposta agghiacciante: i membri del CTS sono persone autorevoli ai vertici di istituti, laboratori, enti ospedalieri e non è colpa della Protezione civile se in queste posizioni ci sono solo uomini.  Una giustificazione che peggiora notevolmente una situazione già imbarazzante, trasformando un problema circoscritto ad un comitato male assortito in un problema generale perché mette in luce la drammatica carenza di donne nelle posizioni apicali. Se si fossero scusati dicendo che, nella fretta, non si erano posti il problema della parità di genere avrebbero fatto meno sconquasso.

Così si arriva al 12 maggio quando che il presidente del Consiglio decide che ai 20 uomini vengano affiancate 6 donne. Giusto la percentuale del 30% richiesta per i consigli di amministrazione dalla legge Golfo-Mosca, ma certamente un passo avanti contro i manel. Forse la lezione è servita, visto che l’8 giugno il ministro Provenzano ha cancellato la sua partecipazione ad una tavola rotonda unisex. Speriamo che il suo esempio faccia scuola a tutti i livelli.

Per costruire un futuro migliore occorrono attenzione ed investimenti per la ricerca, la digitalizzazione, lo sviluppo sostenibile e la parità di genere. Ecco le grandi lezioni della pandemia.

Immagine: Pallade e il centauro. Crediti: Sandro Botticelli

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