L’8 aprile il governo italiano ha emesso un decreto secondo cui i porti italiani non possono essere più considerati “Place of Safety”, in ragione di «misure straordinarie di prevenzione del rischio di contagio con riferimento ai casi di soccorso». Al di là dei numerosi paradossi e incongruenze del decreto, emerge come la combinazione fra le attuali politiche migratorie e le misure atte a fronteggiare l’epidemia di Covid-19 stia riconfigurando alcune forme di gestione delle frontiere italiane.

Di fronte a tale situazione, in molti hanno osservato come l’emergenza epidemica abbia offerto il pretesto per inasprire le politiche migratorie. Tuttavia, se da una parte la stigmatizzazione dei migranti attraverso la paura della malattia si conferma come un potente strumento per legittimare regole restrittive e misure necropolitiche alle frontiere, dall’altra è opportuno che le scienze sociali non si fermino a tale constatazione. L’analisi delle istanze profonde dietro tali scelte può infatti offrire una pista d’intelligibilità per la comprensione delle dinamiche postcrisi epidemica in termini di gestione delle frontiere. Un possibile approccio metodologico può risultare dalla triangolazione di tre prospettive analitiche: biosicurezza, epidemiologia coloniale e politiche della vita.

Quella di biosicurezza, il primo elemento della triade, è un’idea che orienta da sempre le pratiche di costituzione delle frontiere (Bourdelais, 2011). È definibile come la protezione da parte degli Stati – attraverso operazioni di esclusione, eradicazione, contenimento e gestione – dai rischi presentati dalle malattie per l’economia, l’ambiente e la salute pubblica (Biosecurity Interventions, 2008). In questo senso, mentre l’idea di biosicurezza accresce ulteriormente la densità politica del concetto di salute pubblica, dall’altra si fa ambiguo strumento di categorizzazione delle minacce e di distribuzione delle colpe.

La prospettiva coloniale, secondo elemento, fa riferimento alla constatazione secondo cui la medicina e l’epidemiologia coloniali si fondavano su una concezione spaziale della malattia risultante dalla tensione fra il controllo della circolazione degli agenti patogeni e quella di beni e persone (Bashford, 2004). Le epidemie erano quindi ostacolo all’espansione commerciale e al dominio militare e, allo stesso tempo, propulsore di restrizioni dell’assoggettamento e della segregazione degli individui. Quella medico-epidemiologica appare allora, una volta di più, come una delle dimensioni più rilevanti della persistenza del paradigma coloniale nella gestione contemporanea delle frontiere.

Il terzo e ultimo elemento riguarda un approccio in termini di politiche della vita. Molte delle considerazioni espresse a sostegno del presunto bisogno di “chiudere i porti” in ragione dell’emergenza sanitaria chiamano in causa il concetto di “priorità”. La sfida che si pone è allora cogliere le istanze che fanno sì che la gerarchia legittimata da tale concetto si traduca in giudizi differenziati del valore delle vite umane e nelle politiche che ne derivano. Una simile lettura in termini di politiche della vita si fa ancora più rilevante nel momento in cui, collegandosi alle preoccupazioni classiche della biosicurezza (elementi botanici, agricoli, zoologici e così via), constatiamo una gestione degli individui alle frontiere in termini di “specie invasive” e, in generale, di entità biologiche “fuori posto”. È proprio da questo presupposto che tali dinamiche di medicalizzazione della frontiera non possono essere disgiunte da quelle di razzializzazione del virus.

Si tratta, in definitiva, di tre elementi a cui possiamo affidare la delimitazione di uno spazio politico della salute entro cui individuare possibili percorsi di comprensione (Fassin, 1996). Perché una riconfigurazione come quella di cui siamo testimoni ci chiede di riconfigurare anche il nostro sguardo per coglierne le sembianze e le conseguenze. E per affrontarle.

Bibliografia per approfondire

Didier Fassin, L’espace politique de la santé : essai de généalogie, Presses Universitaires de France, Parigi, 1996

Alison Bashford, Imperial Hygiene: A Critical History of Colonialism, Nationalism and Public Health, New York, Palgrave Macmillan, 2004

Biosecurity Interventions: Global Health and Security in Question, a cura di Andrew Lakoff,  Stephen J. Collier, New York, Columbia University Press, 2008

Patrice Bourdelais, L’épidemie créatrice de frontières, in Les Cahiers du Centre de Recherches Historiques, 2012, n. 42

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#individui#soccorso#coloniale#frontiere