La grande storia si nutre di dettagli; le vicende travagliate degli inni nazionali, a volte al confine con l’aneddoto e con la leggenda, offrono spesso uno spaccato interessante delle storie nazionali, delle loro memorie e dei loro oblii. Storie di cesure e di censure, di cambiamenti e di insospettabili continuità. Il Canto degli Italiani, il nostro inno, non sempre apprezzato in patria, ha attraversato più di centocinquanta anni di storia con alterne fortune; diffuso canto risorgimentale, in alcuni passaggi ispirato alla rivoluzionaria Marsigliese, molto amato negli ambienti repubblicani e mazziniani, non aderiva però perfettamente all’assetto monarchico liberale dell’unificazione italiana e quindi come inno nazionale fu “confermata” la Marcia Reale, il canto ufficiale della dinastia Savoia. L’Inno di Mameli non fu del resto, per vari motivi, troppo amato neanche dal regime fascista e nel nuovo stato democratico e repubblicano gli fu all’inizio preferita La canzone del Piave. Soltanto dal 1946 Il Canto degli Italiani è il nostro inno provvisorio, un aggettivo che nel nostro Paese rappresenta un buon auspicio di lunga durata. Del resto, nessuna legge stabilisce God save the King come inno nazionale; si tratta di una consuetudine, con varianti significative nel testo; e una secolare convivenza con gli inni delle diverse componenti nazionali. Paolo Petronio nel suo Gli inni nazionali del mondo, uscito recentemente per la casa editrice Zecchini, fornisce un catalogo ragionato di tutti gli inni nazionali, in un ampio volume di carattere interdisciplinare, che analizza gli inni di 198 nazioni e di 43 dipendenze coloniali, in tutto 241 inni, continente per continente, dai più antichi a quelli recenti. Si tratta spesso di musiche pregevoli di autori consacrati come Mozart (Austria) e Haydn (Germania); ma a volte sono opere di ignoti come l’inno britannico, oppure di musicisti oscuri o comunque non universalmente apprezzati, come il nostro Michele Novaro. Petronio ci propone un viaggio, un’avventura di storia musicale, che illumina squarci della vicenda nazionale dei diversi Paesi, i loro legami reciproci (si vedano i nessi tra gli inni tedesco e austriaco), le loro rivalità (i cenni alla Russia e all’Austria nei versi di Mameli), le loro contraddizioni (alcuni Paesi africani hanno affidato a compositori europei le loro melodie ufficiali). A noi racconta anche come sia stato e sia difficile unificarci, ubbidendo al sincopato Stringiamci a coorte cui Mameli ci esortava.