Lunga 10,4 metri, con un diametro di 3,4 metri e pesante 8,5 tonnellate, la stazione spaziale Tiangong-1 è ormai in caduta libera verso la Terra. Obbligatorio usare il condizionale, ma dai nuovi calcoli effettuati dall’Aerospace Corporation e dall’Agenzia spaziale europea (ESA, European Space Agency) sembra ormai chiaro che il laboratorio cinese effettuerà un de-orbiting (rientro atmosferico) incontrollato. Gli esperti dichiarano che le probabilità che i frammenti possano cadere sull’Italia sono bassissime, anche se è un’eventualità che non può essere esclusa. Le stime indicano che la stazione spaziale potrebbe schiantarsi sulla Terra tra il 28 marzo e l’11 aprile, ma la data più plausibile è compresa tra il 3 e 6 aprile.

Lanciato in orbita il 29 settembre 2011 come primo laboratorio orbitale cinese nello spazio, nel giugno 2012 tre taikonauti cinesi vi hanno ormeggiato per la prima volta la loro navicella spaziale Shenzhou-9. Il modulo è stato visitato nuovamente nel giugno 2013, quando la navicella spaziale Shenzhou-10 ha trasportato un altro trio di taikonauti. Pechino ha perso il controllo di Tiangong-1 (che significa “Tempio del Cielo” o “Palazzo Celeste”) il 16 marzo 2016, molto probabilmente a causa di un malfunzionamento a un caricabatterie: da allora, il modulo non è più stato in grado di ricaricare le batterie dei suoi due array solari. A metà settembre del 2016 le autorità cinesi hanno confermato che la navicella spaziale si stava accingendo a un imminente rientro, ed è ora chiaro che il de-orbiting avverrà senza alcun controllo da parte degli operatori a terra.

È quanto ci conferma Germano Bianchi, ingegnere dell’Istituto nazionale di astrofisica (INAF) e responsabile della Croce del Nord: «Il rientro sarebbe dovuto avvenire in maniera controllata, con una caduta pilotata nell’Oceano Pacifico. Ma nel marzo 2016 l’Agenzia Spaziale Cinese CNSA ha perso i contatti».

I dati previsionali affermano che il laboratorio spaziale potrebbe rientrare nell’atmosfera tra i 43 gradi Nord e i 43 gradi Sud: in questa vasta fascia si trovano le aree settentrionali degli Stati Uniti, Spagna, Italia, Turchia, Cina, Corea del Nord e Giappone nell’emisfero settentrionale. Per quanto riguarda l’emisfero australe, molto probabilmente le località che potrebbero essere colpite sono Cile, Argentina, Australia meridionale o Nuova Zelanda. La sua orbita passa 4 volte al giorno sull’Italia e ogni passaggio dura 3 minuti. L’eventuale caduta di frammenti dovrebbe riguardare le aree a sud di Firenze. «L’Italia è potenzialmente a rischio, in particolare la zona centrale, dalla Toscana fino a tutto il meridione», ha aggiunto Bianchi.

La data precisa dell’impatto con la nostra atmosfera si potrà conoscere solo con 3 giorni di anticipo e appena a 6 ore dall’evento la traiettoria di rientro sarà chiara. «Rispetto ad altri oggetti che in passato sono rientrati sulla Terra con una traiettoria “naturale” – prosegue Bianchi – la Tiangong ha ancora il sistema di controllo automatico dell’assetto funzionante e questo può improvvisamente modificare i parametri dinamici orbitali, rendendo più incerta la stima sulla data di rientro. Per queste previsioni ci avvaliamo di una valente collaborazione con l’ISTI-CNR di Pisa. Attualmente, si stima che il rientro della Tiangong avverrà subito dopo Pasqua. Per fornire una stima sull’area di impatto bisognerà arrivare a qualche ora prima che esso avvenga. Dal momento in cui si vedrà la prima frammentazione in atmosfera passeranno circa una trentina di minuti prima che i “pezzi” cadano al suolo. Questo è il tempo che avrà a disposizione la Protezione civile (avvertita dall’ASI, alla quale forniamo i dati osservativi) per dare eventualmente l’allerta».

Il rientro atmosferico comporta che la sonda comincerà a bruciare a circa 90 chilometri dall’arrivo, trasformandosi in un’enorme fiamma ossidrica e disgregandosi in numerosi pezzi (verrà distrutta quasi completamente). «Alcune parti della Tiangong-1 bruceranno per l’attrito prodotto con l’atmosfera, ma i frammenti composti da materiali resistenti alle alte temperature, come l’acciaio e il titanio di cui sono composti i serbatoi e i motori d’assetto, cadranno al suolo. Se interamente o in pezzi dipenderà da possibili esplosioni a bordo, data la verosimile presenza sull’astronave di propellente residuo. In questa evenienza, i pezzi più piccoli e leggeri cadranno quasi in maniera verticale, mentre quelli più grandi e pesanti potranno proseguire la loro corsa e cadere anche diverse centinaia di chilometri più avanti», ha spiegato l’ingegnere. «La Tiangong attualmente sta viaggiando ad una velocità di circa 30.000 km/h, cioè ben 100 volte più veloce di una macchina di Formula Uno, e fa il giro della Terra in meno di 90 minuti, che è la durata di una partita di calcio. Ovviamente durante la fase di impatto con l’atmosfera, attorno agli 80 km di altezza, si avrà un brusco rallentamento e in questa fase comincerà la frammentazione. Possono arrivare a terra anche oggetti di qualche metro e l’impatto con il suolo può avvenire fino a qualche centinaio di km/h».

Dobbiamo stare tranquilli? Sicuramente le possibilità di essere colpiti da un detrito spaziale, in particolare da un frammento della Tiangong-1, sono molto basse. Non c’è da creare allarmismo, ha sottolineato Bianchi: «Se consideriamo che la superficie italiana è lo 0,06% rispetto al resto della superficie terrestre sorvolata dalla stazione spaziale cinese, la probabilità che il nostro Paese sia coinvolto nella caduta è inferiore all’uno per mille. La probabilità che poi un singolo individuo venga colpito si abbassa ulteriormente e arriva a 1 su 50 milioni (rischio 10 volte inferiore rispetto a quello di incorrere in un incidente aereo). Quindi direi che possiamo stare prudentemente tranquilli. Più in generale, l’evidenza di oltre 60 anni di attività spaziale ci dimostra che nessuno di questi eventi di rientro ha mai comportato la perdita (o il ferimento grave) di vite umane, almeno per quanto ne sappiamo».

Ricordiamo brevemente ciò che è già accaduto in passato: nel 1978 la sonda Cosmos 954 rientrò in modo incontrollato schiantandosi in Canada; nel 1979 lo Skylab rientrò nell’atmosfera e i detriti caduti in Australia occidentale uccisero una mucca e danneggiarono diversi edifici; nel 1991 la stazione spaziale sovietica Saljut 7 precipitò sulla Terra portandosi dietro la Cosmos 1686; la stazione spaziale MIR nel 2001 venne distrutta da un rientro intenzionale sopra l’Oceano Pacifico del Sud. Nella storia solo una persona è stata “vittima” da un detrito spaziale: una donna è stata colpita sulla spalla da un pezzo di metallo lungo 15 cm appartenente al secondo stadio di un razzo Delta II poi caduto in Texas, ma non è rimasta ferita.

La sonda cinese è monitorata 24 ore su 24. «Per le osservazioni di oggetti come la Tiangong – prosegue Bianchi – è stato creato un consorzio europeo SST (Space Surveillance and Tracking), che ha come principale obiettivo quello di fornire servizi di sorveglianza e monitoraggio agli utenti istituzionali e agli operatori satellitari dei Paesi membri dell’UE, al fine di garantire e proteggere le infrastrutture spaziali, che sono essenziali per la sicurezza dei cittadini europei. Contestualmente, a livello nazionale, ASI, INAF e ministero della Difesa hanno formato il consorzio OCIS (Organismo di Coordinamento ed Indirizzo per SST) che ha lo scopo di coordinare le attività nazionali previste dall’iniziativa europea SST. Ogni ente concorre attraverso le proprie competenze, capacità e risorse alla produzione dei servizi SST a livello nazionale. Per il monitoraggio della Tiangong si stanno utilizzando diversi sensori, sia ottici che radio, dell’ASI e dell’Aeronautica militare. Dal canto suo, INAF ha messo a disposizione i due maggiori radiotelescopi italiani, la Croce del Nord di Medicina e l’SRT di Cagliari oltre alle camere a largo campo della rete nazionale PRISMA, utilizzate per lo studio dell’attività meteorica sui nostri cieli».

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