Chiunque visiti la terrazza di Persepoli, la cittadella imperiale voluta da Dario I, il grande rifondatore della dinastia achemenide, non potrà che rimanere a bocca aperta dinanzi ai meravigliosi bassorilievi che decorano i numerosi edifici ancora oggi visibili. La scena del leone che assale il toro vi è ripetuta ventisette volte, a riprova della sua simbolicità e della sua importanza nei programmi iconografici dell’Imperatore. Gli studiosi sono divisi sull’interpretazione di questa scena: alcuni vorrebbero individuarvi un significato astrale, forse collegato con l’equinozio di primavera, altri la interpretano come simbolo dell’eterna lotta tra il bene e il male, tra la luce e l'oscurità, altri ancora vi vedono i tratti di un’ideologia propria alla casa regnante, forse simboleggiata dal leone. Di certo il grande felino rimane sino ai tempi moderni centrale nell’immaginario iraniano, accompagnandosi spesso con il sole, femminile in persiano così come in tedesco.

Proprio partendo da questa doppia simbologia animale - il leone solare accompagnato al toro le cui corna ricordano la falce lunare - gli esperti della Fondazione Aquileia, insieme agli specialisti del Museo Nazionale di Teheran, hanno ideato la mostra Leoni e Tori dall'Antica Persia ad Aquileia che ha aperto i battenti il 24 giugno nelle sale del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia. Questa importante esposizione, la prima dopo l’elezione di Hassan Rohani, propone una significativa selezione di reperti, in alcuni casi inediti, provenienti dal Museo Archeologico Nazionale d’Iran e dal Museo di Persepoli ed è realizzata dalla Fondazione Aquileia, il Polo Museale del Friuli Venezia Giulia, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Italiano, l'Iranian Cultural Heritage, Handicrafts and Tourism Organization (National Museum of Iran and Persepolis Museum) e non ultima l’Ambasciata d’Italia a Teheran, in collaborazione con la Fondazione Bracco.

Come giustamente ricordano, nell'introduzione al catalogo che accompagna la mostra, Antonio Zanardi Landi e Cristiano Tiussi, rispettivamente presidente e direttore della Fondazione Aquileia, questo evento costituisce un'importante occasione per rilanciare il dialogo con quella Repubblica Islamica dell’Iran che ha tutti i requisiti per diventare un grande partner culturale e anche, almeno in potenza, politico ed economico. La disponibilità della controparte iraniana, che ha reso possibile questa iniziativa autorizzando l'esposizione di preziosi reperti, alcuni dei quali mai usciti prima dal Paese, conferma il rapporto privilegiato che esiste tra l'archeologia italiana e l'Iran; un rapporto testimoniato anche dai recenti riconoscimenti delle autorità iraniane al lavoro svolto dalle missioni archeologiche e di restauro italiane, nonché dal grande successo dell'esposizione della Penelope di Persepoli e delle sue copie romane, curata da Salvatore Settis per la Fondazione Prada e allestita a Milano e a Teheran.

L'evento voluto dalla Fondazione Aquileia, già protagonista, nel dicembre scorso, di un'emblematica mostra sul Museo del Bardo, che ha dato il via a una serie di iniziative incentrate sul purtroppo attualissimo tema dell'Archeologia Ferita, ci propone una panoramica delle più significative rappresentazioni di quei tori e leoni che, come mostrano anche i ventinove reperti in esposizione, oltre a dominare molti dei rilievi di Persepoli, troneggiavano sui monumentali capitelli dei principali palazzi achemenidi (Figg. 1-4) e allo stesso tempo accompagnavano i banchetti adornando preziosi suppellettili in oro e argento o in ceramica finemente lavorata (Figg. 5-7).

I materiali di periodo achemenide (VI-IV sec. a.C.) costituiscono gran parte del percorso espositivo e mostrano l'impressionante capacità dell'impero fondato da Ciro il Grande di assimilare, sintetizzare e riproporre in maniera unitaria elementi acquisiti da tutte quelle culture che i sovrani achemenidi seppero incorporare nella nuova compagine statale.

Non a caso, infatti, Dario I ricordava che tutte le popolazioni dell’impero contribuirono alla costruzione degli edifici da lui voluti a Susa e a Persepoli e sia lui che i suoi successori rappresentarono, con potente simbologia, quelle stesse popolazioni nell’atto di sostenere il sovrano in trono, come a Persepoli e nei rilievi delle tombe reali di Naqš-e Rostam, o di offrire al sovrano i loro doni più caratteristici, com’è ancora oggi visibile a Persepoli nel grande rilievo che decora le scalinate dell’Apadana, la sala delle udienze del Re dei Re.

Alcuni significativi stucchi e un meraviglioso esempio di toreutica di epoca sasanide (III-VII sec. d.C.) ci mostrano, infine, come quelle stesse iconografie abbiano saputo conservare per più di un millennio il loro immutato valore simbolico.

I capitelli di periodo achemenide, tipici dell’architettura di corte, sono caratterizzati da due protomi di animali attergati (tori, leoni o creature fantastiche, solitamente grifoni o tori androcefali), a volte posti al di sopra di elementi vegetali e volute verticali. Sono proprio alcuni di questi monumentali capitelli, provenienti da Persepoli, che accolgono il visitatore all’ingresso della mostra (Figg. 1-4 e 8-10). La loro magnificenza, nonostante la condizione frammentaria, dona un chiaro esempio della maestosità di un complesso che, seppur non identificabile come una capitale nel senso amministrativo del termine, costituiva sicuramente il cuore pulsante del più grande impero dell’epoca (Fig. 10).

Come per l’arte classica, la nostra visione di questi capolavori è falsata dalla scomparsa dei vivaci colori che in origine completavano queste opere, ma la lavorazione della pietra, caratterizzata da un’accurata politura delle superfici, testimonia l’altissimo livello tecnico raggiunto dalle maestranze impiegate a Persepoli, anch’esso quasi certamente dovuto alla straordinaria capacità di sintetizzare le molte competenze acquisite dalle diverse popolazioni dell’impero.

Due dei capitelli esposti presentano protomi taurine androcefale (Figg. 3-4), in uno è visibile parte del volto umano mentre nell’altro sono conservati la zampa sinistra, parte del busto animale e parte della barba che caratterizzava il volto umano della protome. I tori androcefali, di tradizione mesopotamica, hanno solitamente funzione apotropaica e sono presenti a Persepoli non solo come elementi dei capitelli: colossali tori alati androcefali vegliano infatti anche sulla “Porta di tutte le nazioni”, la grande porta monumentale realizzata da Serse I (486-465 a.C.), figlio e successore di Dario (Fig. 11).

L’alto livello raggiunto nella lavorazione della pietra durante il periodo achemenide è testimoniato anche dalla raffinatezza che caratterizza gli altri manufatti lapidei esposti. Di particolare pregio il probabile peso con protome leonina (Fig. 12) rinvenuto nei pressi del cosiddetto Tempio dei Frataraka. Questo edificio, situato a nord-ovest della Terrazza di Persepoli, è datato al periodo post-achemenide, ma lo stile e la tecnica di lavorazione del peso lasciano pochi dubbi in merito a una sua datazione al periodo achemenide.

Come già ricordato e ben esposto nelle schede dettagliate che arricchiscono il catalogo, molti degli oggetti presentati testimoniano come l’arte achemenide riprenda, con grande capacità di sintesi, temi, iconografie e tecniche già presenti nelle produzioni artistiche delle popolazioni ora governate dal Re dei Re.

Tra questi, la statuina in bronzo rappresentante un leone accovacciato (Fig. 13), che si riallaccia a una tradizione già attestata nell’Iran nord-occidentale (Hasanlu) e occidentale (Luristan) tra il II ed il I millennio a.C., ma innovata da contributi stilistici e formali delle culture assira-scito-urartea-achemenide, come giustamente rileva Paola Piacentini, curatrice del Museo Nazionale di Arte Orientale e autrice di molte delle schede pubblicate nel catalogo; i supporti zoomorfi della coppa-tripode in serpentino (Fig. 14), appartenenti a una tradizione iconografica che arriva al mondo iranico dall’Egitto passando per il tramite mesopotamico; o ancora la statuina in oro raffigurante un toro stante, i cui elementi sono riconducibili sia alla produzione dell’Elam (Iran sud-occidentale) che ad alcuni rinvenimenti delle necropoli dell’Iran settentrionale datate al I millennio a.C.

La base in bronzo con tre leoni in circolo (Fig. 15), rinvenuta nella tesoreria di Persepoli e la cui funzione originale resta purtroppo ignota, mostra invece caratteristiche alternativamente ricondotte a influssi dell’arte assira, a tradizioni elamiche dell’Iran sud-occidentale, alla produzione delle province nord-occidentali di tradizione urartea o all’artigianato ionico legato al culto della dea Cibele.

Tra gli oggetti in oro esposti nella mostra (Fig. 16) menzione particolare meritano sicuramente il rhyton con protome leonina alata (Fig. 5) e il pugnale con pomolo decorato da due teste leonine (Fig. 17). Questi due meravigliosi esempi dell’oreficeria achemenide, probabilmente realizzati in una bottega reale, pur condividendo il non trascurabile difetto di non provenire da uno scavo archeologico, ben rispecchiano il gusto raffinatissimo e l’unità della concezione artistica achemenide.

Ricordiamo anche l’ornamento in oro con due leoni attergati e congiunti in un’unica testa dalle fauci spalancate (Fig. 18), la testa di leone con criniera fiammata (Fig. 19) e il bracciale in oro a cerchio aperto con terminazioni a teste leonine (Fig. 20), ricollegabile a produzioni datate al periodo denominato Ferro III (VIII-VI sec. a.C.) o ai bronzi del Luristan, ma che presenta anche evidenti richiami a un linguaggio decorativo che non dimentica la tradizione nomadica dei Medi e degli Sciti.

Tra gli oggetti di periodo post-achemenide, il piatto in argento in cui viene rappresentato il sovrano sasanide impegnato in una caccia al leone (Fig. 7), datato al IV sec. d.C., mostra come il simbolo del leone e il suo legame con la sovranità regale restino immutati, in ambito iranico, per non meno di un millennio.

La testa di leone proveniente da Susa e la placca in stucco con testa leonina, parte di una serie di dodici esemplari rinvenuti durante lo scavo del palazzetto di Hajiabad, datato tra il IV e il V secolo d.C., pur confermando l'invariato valore simbolico di questa iconografia, mostrano come, almeno per quel che riguarda la decorazione architettonica, l’unità stilistica achemenide sia stata abbandonata in favore di una produzione meno standardizzata e non più caratterizzata da quei motivi geometrici regolari così cari all’arte achemenide.

La mostra "Leoni e Tori dall'Antica Persia ad Aquileia" resterà aperta fino al 30 settembre 2016.