Il Lahore Literary Festival, annuale rassegna internazionale di letteratura tenutasi presso l’avveniristico Alhamra Arts Center della storica città pakistana (20 - 22 febbraio), si sta conquistando un ruolo di primo piano fra i più significativi eventi di questo genere in Asia.

La tre giorni di incontri e dibattiti ha visto la presenza di numerosi autori e artisti provenienti da diversi paesi che si sono confrontati su temi quali la prospettiva storica, il “laboratorio” metropolitano e la tolleranza; un fitto programma scandito da numerose rappresentazioni di canto, musica, recitazione e poesia che hanno stimolato l’intelletto e la fantasia del pubblico. Il Festival, recentemente istituito, la presente è stata infatti la terza edizione, ha l’intento di coinvolgere il pubblico locale rilanciando al contempo all’estero l’immagine culturale di un paese che, seppur scosso da tensioni sociali e politiche, possiede una ricchissima tradizione letteraria. I numeri dell’edizione 2014, circa 50.000 visitatori, confermano il riscontro positivo di un’iniziativa che inaugura la stagione primaverile e celebra metaforicamente il risveglio della creatività e della sensibilità artistica di un’intera nazione. L’obiettivo di rendere la kermesse più accessibile al pubblico pakistano si rileva anche nelle scelte linguistiche operate dagli organizzatori che hanno affiancato le principali sessioni in lingua inglese con forum e discussioni libere in Urdu e Panjabi, i due idiomi nazionali, fino ad includere il dialetto Seraiki per quella dedicata alla poesia di Bahawalpur e della sua regione. Anche la scelta della città ospitante risulta piena di significato, Lahore infatti, una delle perle dell’impero Moghul e uno dei fari della cultura indo-musulmana, è ancora oggi l’epicentro delle nuove generazioni di artisti pakistani fra cui spiccano lo scrittore Mohsin Hamid, autore de Il fondamentalista riluttante (Einaudi 2010), recentemente trasposto in film, e la stimata artista Shahzia Sikander, vincitrice di numerosi premi internazionali. Le radici dei fermenti culturali odierni affondano nella tradizione del passato quando, fra XVIII e XIX secolo, la città conobbe una fioritura che arricchì la letteratura in urdu, lingua colta del subcontinente indiano dell’epoca. Poco più tardi, all’inizio del novecento, i lussureggianti giardini, l’imponente forte e le incantevoli moschee moghul diedero ispirazione a Mohammed Iqbal, il più amato filosofo e poeta nazionale che a lungo dimorò in città. Anche Rudyard Kipling fu sedotto dall’atmosfera multiculturale di Lahore immortalandone il ritratto al tempo del Raj britannico nell’incipit del suo celeberrimo Kim. Le prime vicende del giovane protagonista iniziano infatti a cavallo del fusto dello Zam Zammah, il possente cannone simbolo della città, e nelle sale della “Casa delle Meraviglie”, l’Ajaib Gher, il museo d’arte di cui Kipling descrive con passione la splendida collezione statuaria del Gandhāra (I a.C.– VII d.C.); produzione di contenuto buddhista nata dall’incontro fra ellenismo e cultura indiana che segnò un punto di svolta nella raffigurazione antropomorfa del Buddha. Lahore dunque rappresenta un luogo di elezione per l’incontro e lo scambio di idee offrendo il suo consolidato retaggio letterario alla crescita delle nuove generazioni di scrittori e avanguardie artistiche di un paese desideroso di vivere una nuova fioritura culturale.