Utilizzando la risonanza magnetica funzionale (Functional magnetic resonance imaging – fRMI imaging) Adrian Owen, neuroscienziato dell’Università di Cambridge, sarebbe riuscito a comunicare con un uomo in coma vegetativo. Il quale avrebbe in questo modo fatto sapere ai medici di non soffrire.
Il paziente si chiama Routley Scott, oggi trentanovenne, e dodici anni fa è entrato in coma profondo a causa di una grave lesione cerebrale riportata dopo un incidente d'auto. L'uomo non ha mai risposto agli stimoli esterni, non ha movimenti spontanei. Ma, come riportato da tutti i giornali del mondo, Scott sarebbe riuscito a “comunicare” a Owen che non aveva alcun dolore. Il caso è eccezionale perché sarebbe la prima volta che una persona, ritenuta fino a quel momento priva di coscienza e insensibile alle stimolazioni sensoriali, trasmette informazioni rilevanti sul suo stato di salute.
Owen ha sviluppato la tecnica chiedendo ai pazienti con diagnosi simile a quella di Scott di immaginare di compiere alcune azioni comuni, quotidiane, come giocare a tennis o camminare. Queste attività producono scansioni cerebrali distinte e ben riconoscibili in soggetti sani: Owen ha dimostrato che anche in soggetti in coma si ottengono gli stessi risultati. In più, il ricercatore e la sua équipe hanno ulteriormente convalidato il loro metodo ponendo ad alcuni pazienti in queste condizioni alcune domande, la cui risposta può essere o “sì” o “no” (per esempio: il nome di tuo padre è Thomas?). E chiedevano ai pazienti di immaginare di giocare a tennis per rispondere sì e di immaginare di camminare per rispondere no. Secondo Owen, nella maggior parte dei casi l'attività cerebrale corrispondeva alla risposta esatta. Scott ha risposto correttamente ad alcune domande personali, sulla sua vita e sulla sua famiglia e alla fine ha dato la risposta che tutti aspettavano: se provasse o meno dolore. La domanda da porsi ora è questa: coma profondo oppure no? I risultati ottenuti da Owen dimostrerebbero che Scott in realtà non si trova in uno stato vegetativo e che, quindi, è in grado di interagire con l'esterno, anche se in maniera minima.
Un nuovo grande passo in avanti, quindi, per la tecnica di Owen, che da tre anni la sperimenta per scrutare la mente di persone in stato vegetativo. Nel 2010 Owen sperimentò la sua tecnica su quello che viene chiamato il “paziente 23”, un ragazzo di ventiquattro anni, entrato in coma profondo dopo un grave incidente automobilistico. Il giovane è rimasto in questo stato per cinque anni, vigile ma mai reattivo agli stimoli, fino a quando Owen ha utilizzato la risonanza magnetica funzionale su di lui, ottenendo incredibili risultati. Un cambiamento del flusso sanguigno in alcune parti del cervello danneggiato dell'uomo hanno dimostrato che era grado di comunicare.
Se lo studio dovesse convincere la comunità medica, la tecnica della risonanza magnetica funzionale potrebbe aiutare nella cura di questi pazienti, in quanto potrebbero comunicare i livelli di dolore e interagire con i propri parenti.
Owen è entusiasta dei suoi risultati: «Scott è stato in grado di dimostrare che ha una mente conscia e pensante. Lo abbiamo analizzato più volte e il suo modello di attività cerebrale mostra che sta chiaramente scegliendo di rispondere alle nostre domande». «Crediamo – dice ancora il “lettore della mente” – che sappia chi è e dove si trova. Da anni abbiamo lottato per capire cosa provassero i malati. In futuro potremmo porre loro domande per riuscire a migliorare la loro qualità di vita. Potrebbero essere cose semplici che riguardino, ad esempio, la frequenza in cui nutrirli o lavarli", ha sottolineato il ricercatore.