La mostra che si inaugura il 27 settembre alle Scuderie del Quirinale di Roma è per diversi aspetti un evento di particolare rilievo. Protagonista dell’esposizione è Johannes Vermeer, uno dei massimi esponenti dell’arte olandese del XVII secolo, i cui dipinti non sono presenti nelle collezioni italiane ma gelosamente conservati in prestigiosi musei e in raccolte private di tutto il mondo: un’occasione pressoché unica dunque di poterne ammirare un certo numero tutte insieme. Vermeer fu però artista dalle poche opere: quelle accertate sono meno di 40, solo 3 sono datate e meno della metà sono firmate. Secondo alcuni studi e le testimonianze dei contemporanei sembra che in totale le opere completate nel corso della sua attività non siano state più di 60, comprese quelle che non sono giunte fino a noi: un numero piuttosto esiguo, soprattutto se confrontato all’abbondanza di dipinti di altri pittori del tempo. Una produzione misurata e meditata, che si rispecchia anche nella strenua attenzione all’aspetto compositivo, nel sapiente uso della prospettiva e della luce, nell’accurata scelta degli oggetti, non di rado simbolici o allusivi, rappresentati nelle scene di interni: momenti della vita quotidiana, che ritraggono figure spesso solitarie, assorte nelle proprie occupazioni.
Le opere di Vermeer lasciano tuttavia intuire diverse suggestioni e aperture e la mostra offre anche una panoramica esaustiva del periodo e dell’ambiente in cui operò l’artista di Deft, presentando notevoli opere di pittori del tempo con i quali egli mantenne un proficuo dialogo, a cominciare dal suo maestro Carel Fabritius, ma senza dimenticare figure forse meno note ma ugualmente significative come Pieter de Hooch, Emmanuel de Witte, Gerard ter Borch, Nicolaes Maes, Frans van Mieris.