L’accordo tra QatarEnergy e Sinopec (China Petroleum & Chemical Corporation) prevede una fornitura di gas naturale liquefatto (GNL) di 4 milioni di tonnellate l’anno per 27 anni, a partire dal 2026. Un impegno così importante e di lunga durata rappresenta per la Cina una reazione all’insicurezza delle fonti energetiche e alla lievitazione dei prezzi che il conflitto in Ucraina ha fortemente accentuato. Per il Qatar si tratta di assicurarsi una stabilità di entrate mandando anche un segnale nei confronti dei Paesi europei che sono fortemente restii a firmare impegni a lungo termine, perché convinti che il percorso di transizione ecologica possa portare nel prossimo futuro a una riduzione dei consumi. L’intreccio fra relazioni geopolitiche e forniture energetiche è più complesso di quanto sembri a uno sguardo superficiale: la Cina è il Paese che importa la maggiore quantità di GNL a livello mondiale e i suoi principali fornitori sono l’Australia - nonostante i rapporti si siano fatti tesi negli ultimi anni - il Qatar e gli Stati Uniti. Quindi, se, da un lato, Pechino importa petrolio dalla Russia, di fatto sostenendola e evitandone l’isolamento, dall’altro riequilibra la sua bilancia commerciale con gli Stati Uniti, acquistando, anche qui con contratti a lunga scadenza, parte del GNL di cui ha bisogno, proprio dai suoi antagonisti globali. L’accordo con il Qatar protegge la dipendenza energetica della Cina, in una fase non facile del suo percorso economico, dalle interferenze dello scontro geopolitico, che coinvolge con conseguenze non sempre prevedibili Mosca e Washington. Peraltro, il rapporto con Doha può aprire anche altri spazi di manovra a Pechino, legati agli sviluppi della Nuova Via della Seta in Medio Oriente e ad altre forme di collaborazione, non esclusa quella militare.
Appare evidente che in Qatar, nel 2022, oltre ai Mondiali di calcio, si giocano anche altre partite, connesse con l’evento ma ben distanti dall’aspetto direttamente sportivo. Gli sponsor rappresentano ad esempio il 29% delle entrate totali del Campionato del mondo, quota inferiore soltanto a quella relativa ai diritti televisivi. Tra i partner della FIFA per il Mondiale in Qatar, la maggioranza è costituita da società con sede in Asia, tra cui le cinesi Wanda Group, Vivo, Hisense, Mengniu. Le aziende cinesi hanno sponsorizzato il Mondiale per quasi 1,4 miliardi di dollari, superando quelle degli Stati Uniti, che hanno investito 1,1 miliardi. Inoltre, è stata la China Railway construction corp international, a costruire, per un costo totale di 770 milioni di dollari, Lusail, il più grande stadio del Qatar. Investimenti importanti e obiettivi raggiunti in una competizione in cui la Cina non partecipa con una sua rappresentativa a livello sportivo, non essendosi qualificata per la fase finale, a causa delle sconfitte subite nelle partite contro Giappone, Vietnam e Oman.
Il piccolo Stato del Golfo, dalla visibilità in rapido sviluppo e dai notevoli mezzi finanziari, e la superpotenza asiatica annunciando la loro intesa rispetto alle forniture di GNL nei giorni in cui i riflettori sono puntati su Doha stanno mettendo le basi di una relazione importante e duratura, che avrà conseguenze a livello globale. I Paesi europei sono infatti molto interessati al GNL qatarino, ma finora sono stati frenati proprio dalla loro stessa riluttanza a prendere impegni a lungo termine; se questa direzione sarà confermata, Doha darà quindi la precedenza ai suoi tradizionali clienti asiatici, in primo luogo alla Cina, e difficilmente la quota europea supererà nei prossimi anni il 10% o il 15%. Anche di questo dossier si occuperà l’inviato speciale dell’Unione Europea per il Golfo Persico, incarico per cui è in corsa l’ex ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio. Al di là delle numerose polemiche che si sono sviluppate fra le forze politiche italiane, rimane il fatto che in quell’area si gioca la partita strategica delle forniture energetiche, che richiedono all’Unione Europea gioco di squadra e proiezione verso il futuro.