Il primo turno di elezioni tenutosi il 21 novembre in Cile, tra sette candidati presidenziali, sei uomini e una donna, è stato il preludio alle elezioni presidenziali che si terranno il 19 dicembre, nel ballottaggio tra i due primi arrivati. Questo secondo turno di votazioni definirà chi sarà il presidente per i prossimi quattro anni. I vincitori del primo turno sono stati José Antonio Kast con 1.961.122 voti, pari al 27,91% dei consensi espressi, e Gabriel Boric, che ha ricevuto 1.814.809 voti, corrispondenti al 25,83%. Il primo rappresenta l’estrema destra, il secondo l’estrema sinistra. Vale la pena notare che il terzo posto, con il 12,80%, è andato a un candidato residente dal 2020 negli Stati Uniti, Franco Parisi ‒ definito come un populista ‒ che ha cause pendenti in Cile per il mancato pagamento degli alimenti per i figli. Il quarto e quinto posto, con il 12,79% e l’11,61% dei voti, sono andati al candidato di centro-destra Sebastián Sichel e al candidato di centro-sinistra Yasna Provoste. Il vero vincitore, in realtà, è stata l’astensione, dato che il 52,6% degli elettori ha preferito rimanere a casa e non partecipare al processo elettorale. Allo stesso tempo si è votato per il rinnovo della Camera dei deputati (155) e del Senato (50), dove le forze di destra e di sinistra erano praticamente alla pari, il che significa che il prossimo presidente non avrà una maggioranza al Congresso.

Si parla molto del fatto che il Cile sarebbe “polarizzato” perché la scelta avverrà tra un candidato di estrema destra, José A. Kast (55 anni) – difensore della dittatura militare di Augusto Pinochet, contrario a una nuova Costituzione e che visita in carcere ufficiali militari condannati per crimini contro l’umanità – e Gabriel Boric (35), sostenuto da diversi partiti e movimenti di sinistra, compreso il Partito comunista, che ha dovuto ritrattare dichiarazioni ambigue sulla condanna della violenza. La polarizzazione sociale implica la divisione di una società lungo linee ideologiche, un fenomeno già vissuto in Cile tra il 1970 e il 1973, durante la presidenza dell’ex presidente Salvador Allende, che finì con un sanguinoso colpo di Stato e l’instaurazione di una dittatura militare per 17 anni. Nelle ultime elezioni democratiche del 4 marzo 1973 per il rinnovo del Parlamento, l’affluenza alle urne raggiunse l’81,75% dell’elettorato, nel mezzo di una crisi economica, politica e sociale dove non c’erano persone indifferenti al processo di cambiamento strutturale che il governo di Allende rappresentava.

La situazione del 21 novembre era molto diversa, con solo il 47,3% dell’elettorato alle urne. Mentre nel 1973 era la grande maggioranza della società cilena ad essere polarizzata, nel 2021 tale processo sembra riguardare solo un gruppo minoritario. Questo significa che la maggioranza del Paese non ha avuto paura del risultato che poteva essere prodotto e che la vera prova finale si vedrà con la mobilitazione elettorale che avrà luogo il 19 dicembre con l’elezione di chi governerà il Cile.

Se è vero che la vittoria del candidato dell’estrema destra sembrava improbabile, le ragioni di ciò sono da ricercare in quello che è successo dopo la protesta sociale del 18 ottobre 2019, quando milioni di persone sono scese in strada nelle città del Cile chiedendo una nuova Costituzione. Successivamente, nel plebiscito dell’anno scorso, quasi l’80% ha votato a favore di una nuova Costituzione. Sembra esserci una contraddizione tra questo voto di maggioranza, le grandi mobilitazioni e i risultati delle elezioni del 21 novembre.

Le ragioni principali del trionfo del candidato Kast credo siano le seguenti: 1) le manifestazioni violente di gruppi minoritari di persone incappucciate che si riuniscono settimanalmente, soprattutto a Santiago, per distruggere la proprietà pubblica e sfidare la polizia. Saccheggiano piccoli negozi e danno fuoco agli autobus della mobilitazione collettiva. A questo si aggiungono le azioni armate di gruppi Mapuche nelle zone rurali, che hanno assassinato persone innocenti e che negli ultimi mesi si sono ripetute quasi quotidianamente, dando fuoco a case, chiese, scuole, macchinari e camion dell’industria forestale; 2) la crescita del crimine, delle rapine violente e del traffico di droga a Santiago con livelli sconosciuti nel Paese, che ha generato un crescente senso di paura e di insicurezza; 3) l’aumento della criminalità. L’intenso flusso migratorio che ha permesso a quasi un milione di immigrati di arrivare in Cile negli ultimi anni da Venezuela, Perù, Haiti, Colombia, Bolivia, Repubblica Dominicana e altri Paesi della regione; 4) l’esitazione della sinistra in generale a condannare chiaramente la violenza, punire i criminali infiltrati nelle manifestazioni e isolare i settori politici che proteggono ed esigono la libertà per coloro che hanno saccheggiato e distrutto la proprietà pubblica e privata; 5) la radicalizzazione di una parte della Convenzione costituzionale con richieste al di fuori degli accordi, così come l’inganno dell’opinione pubblica da parte di uno dei suoi rappresentanti che ha dovuto dimettersi per aver simulato un cancro inesistente. Allo stesso modo, ci sono la messa in discussione dei simboli patriottici, un “indigenismo” esacerbato e il carattere rifondativo, che hanno tolto sostegno e legittimità a coloro che dovrebbero guidare i membri della Convenzione nel loro compito di scrivere una nuova Costituzione; 6) l’inefficienza dell’attuale governo nel controllare l’ordine pubblico, fornire sicurezza ai cittadini e andare alla radice del problema Mapuche. Allo stesso modo, la responsabilità dell’attuale presidente Sebastián Piñera che, con una manovra sconveniente per un capo di Stato responsabile, in un viaggio al confine colombiano-venezuelano ha invitato i cittadini di questo Paese a rifugiarsi in Cile facendo avanzare l’ondata migratoria.

Mentre questi fattori aiutano a leggere la realtà politica ed elettorale del Cile, c’è un elemento soggettivo che, a mio avviso, deve essere considerato. È la proiezione di immagini in televisione e nelle reti sociali della violenza nelle città e nelle zone rurali del Sud del Cile. Barricate di fuoco nelle strade di Santiago, saccheggi di negozi trasmessi in diretta, incendi di chiese, case e omicidi di persone che difendevano le loro proprietà, così come la violenza indiscriminata della polizia, che ha lasciato morti e più di 400 persone con danni agli occhi, tra cui alcuni con perdita totale della vista. Le immagini parlano più forte delle parole, e queste scene di caos e violenza si sono radicate nell’inconscio collettivo delle persone dal Nord al Sud del Paese, anche se non le hanno vissute in prima persona. La sensazione di insicurezza dovuta ai fattori sopra menzionati genera paura, e la paura favorisce gli estremi e in questo caso in particolare il candidato dell’estrema destra che promette di ristabilire l’ordine facendo appello all’uso di tutta la forza dello Stato.

Chiunque sia il presidente del Cile eletto dovrà affrontare un Paese in una situazione difficile a causa della pandemia di Coronavirus e della recessione economica globale. Mentre il Paese è strutturalmente solido, il nuovo governo dovrà fronteggiare le crescenti aspettative del popolo per una nuova Costituzione che deve essere finalizzata entro un massimo di 12 mesi dall’insediamento della Convenzione costituzionale, cioè entro luglio 2022. Deve poi essere sottoposto a un plebiscito con voto obbligatorio che, se respinto, lascerà invariata la Costituzione. Il risultato del primo turno e l’equilibrio delle forze parlamentari sono un chiaro messaggio ai candidati: devono cercare il voto di maggioranza del centro per trionfare, cioè devono moderare l’offerta per conquistate quell’elettorato e soprattutto quel 12,79% di Parisi che probabilmente definirà l’elezione. Il primo turno delle elezioni ha lasciato un Parlamento diviso con 17 forze politiche rappresentate nella Camera dei deputati e 11 nel Senato, un equilibrio che costringerà il nuovo governo e i suoi partiti a cercare accordi e governare per tutti i cileni. Il Paese ha bisogno della pace sociale, del rispetto della legge e dello Stato di diritto per dissipare la paura sociale che si è diffusa in Cile e ha facilitato la crescita elettorale dell’estrema destra.

Immagine: Folla di persone che protestano nelle strade di Santiago, Cile (marzo 2020): Crediti: Brastock / Shutterstock.com

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

Argomenti

#sinistra#destra#Presidente#elezioni#Cile