Per la seconda volta dal ritorno della democrazia in Cile, nel 1990, il governo è guidato dall’uomo d’affari di destra Sebastián Piñera, che ha assunto la presidenza a marzo 2018, sostenuto da una coalizione di partiti conservatori. Piñera ha dedicato gli ultimi 30 anni agli affari e alla politica, dove i suoi interessi si sono sempre incrociati. Oggi è la quinta persona più ricca del Cile, con un patrimonio vicino ai 3 miliardi di dollari, secondo i dati pubblicati da Forbes lo scorso marzo, che lo colloca all’804° posto nella classifica mondiale dei super ricchi.

Ha iniziato il suo governo convinto che il suo secondo mandato lo avrebbe proiettato sulla scena internazionale come statista della statura degli ex presidenti Ricardo Lagos e Michelle Bachelet, dato il prestigio acquisito dal Cile sulla scena internazionale grazie alla forza delle sue istituzioni e della sua economia. Tuttavia, il conflitto sociale esploso a ottobre 2019 ha completamente cambiato l’agenda politica del Paese, e Piñera ha dovuto rinunciare a una parte importante del suo programma di governo, tra cui COP25 e APEC. In due mesi il crollo della sua popolarità nei sondaggi è stato totale, chiudendo l’anno con un sostegno solo del 6%. Lo scorso marzo si è scatenata anche in Cile la pandemia di Coronavirus, vista dal presidente e dai suoi consiglieri come un’opportunità per recuperare l’immagine del suo governo mostrando efficienza nel gestire questa crisi sanitaria le cui conseguenze nell’emisfero settentrionale, specialmente in Italia e Spagna, si osservavano ogni giorno in televisione.

È vero, nessun Paese era pronto ad affrontare una pandemia come quella che stiamo vivendo, ma c’era l’esperienza di ciò che stava accadendo in Europa di cui fare tesoro, e avevamo osservato le misure che i diversi governi stavano adottando. In Cile, nonostante l’allarme lanciato da importanti epidemiologi che chiedevano di accelerare l’adozione delle misure di isolamento, ciò non è stato fatto per non modificare l’approccio economico di un governo assolutamente dogmatico in materia di spesa pubblica e per evitare l’intervento dello Stato nell’economia. In linea con una strategia incentrata sulla comunicazione dei successi e progettata per riguadagnare il sostegno di coloro che avevano votato per Piñera, hanno persino iniziato ad annunciare lo scorso marzo, per bocca del ministro della Sanità Jaime Mañalich, che il virus avrebbe potuto mutare e diventare un “amico”. Ad aprile il presidente Piñera parlava di tornare presto a una “nuova normalità”, revocando la quarantena in alcuni settori di Santiago, e la gente è tornata in piazza.

Sempre ad aprile veniva adottato il “ritorno sicuro” per tornare al lavoro, a cominciare dai funzionari del settore pubblico. Il 2 maggio fu di nuovo il ministro della Sanità ad annunciare che era stato “raggiunto un plateau” nella richiesta di servizi ospedalieri, ossia che le infezioni non sarebbero aumentate. La presenza quasi quotidiana del presidente Piñera sui media, con punti stampa e viaggi, aveva dato i suoi frutti. I sondaggi erano migliorati per lui e per il suo governo. Dal 6% del dicembre precedente si era arrivati a maggio ad oltre il 20%. Ma il “Generale inverno” non era ancora arrivato, e i contagi hanno iniziato a crescere di giorno in giorno. Il plateau è stato lasciato alle spalle e il peak non sappiamo ancora quando verrà raggiunto. Il 13 maggio il governo ha decretato la quarantena per Santiago e l’intera regione metropolitana: circa 8 milioni di persone. Il 26 dello stesso mese, il ministro della Sanità ha dichiarato che «tutti gli esercizi di sviluppo epidemiologico, le formule di proiezione con cui sono stato sedotto a gennaio, sono crollati come un castello di carte».

I contagi si sono diffusi a causa dell’ostinata volontà del governo di non dichiarare le quarantene per privilegiare l’economia. Il Cile, un Paese con debito pubblico vicino al 30%, ha i mercati finanziari aperti. Mantiene il giudizio delle agenzie di rating con la lettera A, ha un fondo sovrano – risparmi ‒ di 25 miliardi di dollari, ha abbastanza fondi per essere in grado di concedere risorse alle persone in modo che rimangano a casa ed evitino il contagio.

Tuttavia, non lo ha ancora fatto, e soltanto oggi sta negoziando con l’opposizione la massiccia concessione di un sussidio di circa 400 euro per una famiglia di 3 persone per i prossimi 3 mesi. In Cile il 40% dei lavoratori è informale, ovvero è un lavoratore autonomo. Molti di loro vivono di ciò che guadagnano alla giornata. È grazie a queste condizioni che si sono scatenati i contagi che si diffondono nelle aree in cui vivono le famiglie con meno risorse, o dove in pochi metri quadrati vivono più persone. Il problema degli alloggi in Cile è strutturale, e nessun governo è riuscito a dare soluzione al sovraffollamento delle abitazioni e al permanere di condizioni di vita molto precarie.

Il 19 maggio Piñera ha annunciato la consegna di 2,5 milioni di scatole di alimenti di base per le famiglie con meno risorse. Lo ha annunciato senza averle pronte e senza considerare gli aspetti logistici che ciò comporta. È stata una di quelle operazioni di comunicazione che gli piace fare. Ad oggi, circa 700.000 di queste scatole sono state consegnate, quindi l’operazione si concluderà probabilmente a luglio. Ovviamente, la consegna delle scatole cerca di migliorare l’immagine del presidente e del governo, come è stato rivelato da un documento ufficiale trapelato che conteneva l’indicazione di far notare nelle consegne la preoccupazione del presidente Piñera e del governo. Perfino la moglie del presidente è andata in un quartiere povero per consegnare scatole accompagnata da un gruppo di stampa e televisione, senza rispettare il distanziamento sociale e la dignità dei destinatari.

Fare politica in tempi di pandemia non è facile. L’opposizione è divisa su come trattare con il governo. Il centrosinistra mantiene il dialogo e ha raggiunto importanti accordi in materia di aiuti economici per settori vulnerabili, mentre la sinistra più dura non è sempre disposta a farlo. Tutti sanno che il perdurare della crisi porta benefici al governo dal punto di vista comunicativo attraverso il controllo dei media, i portavoce e i punti stampa. Inoltre, c’è all’orizzonte, il prossimo 25 ottobre, il referendum per cambiare la Costituzione. La maggioranza del governo è contraria al cambiamento, e dipenderà dall’evoluzione della pandemia se saranno soddisfatte le condizioni per il suo svolgimento.

Gli errori del governo nel gestire la crisi di Covid-19 hanno spinto il presidente Piñera, il 9 di giugno, a cambiare tre dei suoi ministri, ma non quello della Sanità. Tuttavia, la pressione politica si è fatta insostenibile e alcuni giorni dopo, finalmente, Mañalich ha dato le dimissioni.

Le nomine di diversi rappresentanti del suo gabinetto hanno avuto un costo per l’immagine del presidente, quando si nominavano persone senza capacità professionali o politiche. All’inizio del governo, ha nominato un ministro della Cultura che è durato cinque mesi. Il successivo è durato solo quattro giorni, quello delle Relazioni con l’estero poco più di un anno. Lo scorso maggio, ha nominato un ministro delle Donne che è durato in carica 32 giorni.

Oggi non sappiamo quanto durerà la quarantena o quando la curva di contagio si appiattirà. L’inverno inizierà solo il 21 giugno. Insieme al Coronavirus ci sono fame e disperazione, e un presidente preoccupato di salvare la sua immagine di fronte alla storia.

Immagine: Sebastian Piñera (1 dicembre 2018). Crediti:  Matias Baglietto / Shutterstock.com

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