Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e Yang Jiechi, responsabile della politica estera del Partito comunista cinese (PCC), si sono incontrati a Roma lunedì 14 marzo per discutere delle relazioni fra Cina e Stati Uniti e di «questioni internazionali e regionali»; come è evidente dal contesto, nel vertice si è parlato anche e forse soprattutto del conflitto tra Russia e Ucraina.
L’incontro si è svolto in un clima reso più difficile dalle polemiche dei giorni precedenti; secondo un articolo apparso sul Financial Time e basato anche su dichiarazioni di funzionari statunitensi, Pechino si sarebbe resa disponibile ad aiutare Mosca sul piano militare. Il ministero degli Esteri cinese e l’ambasciata negli Stati Uniti hanno smentito categoricamente, parlando di «disinformazione» e ribadendo l’impegno di Pechino per «una soluzione pacifica della crisi». L’incontro di Roma è stato quindi più funzionale nell’immediato a disperdere queste ulteriori ombre sulle relazioni bilaterali che a facilitare un esito positivo del negoziato diretto, che sta proseguendo tra Ucraina e Russia, con difficoltà ma forse con qualche passo in avanti; il vertice però potrebbe preparare il terreno a sviluppi importanti. Alla fine del lungo confronto di Roma non c’è stata conferenza stampa e un laconico comunicato della Casa Bianca ha ribadito la necessità di «tenere aperte le comunicazioni con la Cina». Fonti degli Stati Uniti hanno comunque fatto trapelare che l’incontro è stato funzionale anche ad avvertire la Cina che se sosterrà militarmente la Russia ci saranno gravi conseguenze.
Questo esito misurato e prudente non deve però far sottovalutare l’importanza del vertice di Roma. In primo luogo per la statura diplomatica dei due interlocutori: Jake Sullivan è il più giovane consigliere per la sicurezza che abbiano mai avuto in carica gli Stati Uniti. Pur avendo ‘solo’ 45 anni ha dietro di sé una lunga carriera nella diplomazia ad alti livelli, essendo stato uno stretto collaboratore di Hillary Clinton, quando era segretario di Stato durante la prima presidenza di Barack Obama e dello stesso Joe Biden quando era vicepresidente. Yang Jiechi, 72 anni, ex ambasciatore cinese a Washington ed ex ministro degli Esteri, attualmente è a capo dell’ufficio della Commissione esteri del Comitato centrale del PCC e fa parte del ristretto Ufficio politico del Comitato centrale. Un incontro ad alti livelli che testimonia come inevitabilmente l’importanza degli avvenimenti di queste settimane scuota lo scenario geopolitico, muti gli equilibri e costringa da subito tutti gli attori globali a ripensarsi in una diversa cornice.
Il negoziato diretto fra Russia e Ucraina sta andando avanti anche se con pochi risultati tangibili; il numero delle vittime, la disperata situazione dei civili coinvolti e il rischio sempre presente di una escalation impongono di approdare al più presto almeno a un cessate il fuoco stabile. Molti osservatori ritengono che potrebbe essere utile per far progredire il dialogo una figura terza, un mediatore che sospinga e faciliti un accordo che sarà inevitabilmente un compromesso. Sono circolate diverse soluzioni, tra cui il Vaticano, l’ONU, la Turchia, Israele. È difficile che la Cina possa svolgere questo ruolo, per diverse e comprensibili ragioni; nondimeno l’incontro di Roma mostra che un atteggiamento costruttivo e orientato al dialogo del gigante asiatico, sull’onda della sua aspirazione a rappresentarsi come potenza responsabile, possa contribuire in modo determinante a una soluzione politica del conflitto.
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