I d___e_sperate journeys sono quelli che compiono migranti e rifugiati verso l’Europa, attraverso il Mediterraneo (ma non solo), e danno il titolo all’ultimo report pubblicato dall’UNHCR sul tema: una panoramica sui cambiamenti in corso nell’ambito dei flussi verso il nostro continente, sia rispetto ai numeri sia rispetto alle rotte. Dal momento che diversi Stati europei hanno preso ulteriori misure per controllare l’accesso al loro territorio da parte di rifugiati e migranti, chi cerca di entrare in Europa si sottopone a viaggi ancora più pericolosi o cerca percorsi alternativi per aggirare i blocchi più duri: perché quando, appunto, è la disperazione la motivazione alla base di una scelta così drastica, i muri e i divieti sembrano agire più come un placebo per placare gli allarmismi secondo il principio “not in my backyard” che una reale soluzione, per la quale sarebbe necessario affrontare la questione da una prospettiva più ampia.

L’aspetto più evidente che ha caratterizzato l’andamento degli ultimi mesi è la significativa riduzione degli arrivi in Italia dalla Libia. Gli arrivi provenienti da questo Paese nei primi tre mesi del 2018, se confrontati con quelli dei primi tre mesi dell’anno precedente, segnano una diminuzione del 73%. I discussi accordi con il presidente del governo di unità nazionale libico Fayez al-Sarraj (con cui l’Italia si è impegnata a fornire strumentazioni e sostegno militare, strategico, tecnologico ed economico per fermare le partenze dei migranti), hanno sicuramente inciso fortemente su questo dato. Qualcosa però deve essere cambiato nelle modalità del viaggio se tra coloro che affrontano la traversata il tasso di decessi è poco più che raddoppiato (un decesso ogni 14 persone che arrivano sane e salve, contro un decesso ogni 29 nel 2017); inoltre si è registrato un netto peggioramento delle condizioni di salute di coloro che riescono ad arrivare, molti dei quali presentano segni di malnutrizione ed estrema debolezza (fino ad arrivare a casi come quello del giovane migrante sbarcato a Pozzallo il 12 marzo scorso e morto poche ore dopo di fame).

Mentre dalla rotta Libia-Italia gli arrivi diminuiscono, dagli ultimi mesi del 2017 si registra parallelamente un aumento degli arrivi in Grecia (+33%) e in Spagna (+13%); i numerosi respingimenti anche di minori non accompagnati – avvenuti al confine con la Francia nei pressi di Ventimiglia fanno sì che molti migranti tentino percorsi alternativi molto più pericolosi attraverso le Alpi.

L’Ungheria ha adottato nel corso del 2017 provvedimenti via via più severi, restringendo sempre di più il numero di persone a cui è consentito entrare nel Paese, fino ad arrivare nel febbraio 2018 a 10 persone a settimana, mentre da marzo 2017 è prevista la detenzione per i richiedenti asilo nel tempo necessario all’espletamento delle procedure burocratiche; per questo motivo molti rifugiati e migranti cercano di entrare in Romania dalla Serbia, oppure raggiungono la Croazia dalla Grecia attraverso l’Albania, il Montenegro e la Bosnia-Erzegovina. La ‘mappa della disperazione’ si ridisegna dunque di volta in volta, si adatta, prende nuove forme, nuovi orientamenti: ciò che resta costante sono la sofferenza, lo sfruttamento da parte dei trafficanti, le violenze e le torture, le morti.

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