È terminata nel tardo pomeriggio di domenica 19 gennaio la Conferenza di Berlino sulla Libia, con un comunicato finale in 55 punti condiviso da tutti i partecipanti. I risultati della Conferenza corrispondono alle previsioni più prudenti, deludendo invece le speranze di chi credeva in una svolta risolutiva verso la soluzione politica del conflitto in corso; non ci sono state sorprese in positivo. Il risultato più tangibile è il consolidamento del cessate il fuoco, che verrà monitorato in modo più efficace poiché Fayez al-Sarraj e Khalifa Haftar hanno nominato i membri della commissione militare ‘5+5’ che, secondo il piano dell’ONU, dovrebbe verificarne l’attuazione e stabilire il posizionamento degli schieramenti. Un altro punto rilevante è l’istituzione di maggiori controlli per rendere effettivo l’embargo delle armi e l’impegno di tutti i Paesi a non interferire negli affari interni libici, che dovrebbe prevedere il ritiro di tutti i combattenti stranieri che si trovano in Libia; inoltre, è stato ridefinito il percorso, che dovrebbe includere tutte le componenti, per arrivare a una soluzione politica e a un governo unitario del Paese. Alla Conferenza hanno partecipato oltre alla padrona di casa Angela Merkel, il segretario di Stato americano Mike Pompeo, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, il presidente russo Vladimir Putin, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro italiano, Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il primo ministro britannico Boris Johnson, le delegazioni di Emirati Arabi Uniti, Egitto, Algeria, Cina, Repubblica del Congo, i rappresentanti di Nazioni Unite, Unione Europea, Unione Africana e Lega Araba. Immagine 0I partecipanti alla Conferenza internazionale sulla Libia. Berlino, Germania, 19 gennaio 2020 (President of Russia. Foto: Presse- und Informationsamt der Bundesregierung. (http://en.kremlin.ru/events/president/news/62612/photos/63010). Creative Commons Attribution 4.0 International)

Angela Merkel, alla fine della Conferenza, che è durata poco più di quattro ore, ha dichiarato «Non abbiamo risolto tutti i problemi ma abbiamo creato lo spirito, la base, per poter procedere sul percorso ONU designato da Salamé». Il delegato ONU, forse con un eccesso di ottimismo, ha parlato di «giornata storica».  I problemi irrisolti sono in realtà ancora molti; le delegazioni delle parti in conflitto, cioè il Governo di accordo nazionale di Fayez al-Sarraj e le forze vicine a Khalifa Haftar e al Parlamento di Tobruk, si sono rifiutate di incontrarsi e si sono scambiate reciproche accuse. Inoltre, al-Sarraj è stato molto critico verso l’Unione Europea che non è stata unanime e chiara nella condanna dell’azione di Haftar verso Tripoli. Il riconoscimento da parte della comunità internazionale della necessità di una soluzione politica è un passo avanti che rischia di rimanere sterile se non si avvia un dialogo tra le componenti libiche. Un altro elemento che non induce all’ottimismo è il blocco di strutture portuali, oleodotti e giacimenti petroliferi che le forze vicine a Khalifa Haftar stanno attuando in Cirenaica, per mettere sotto pressione il governo di Tripoli bloccando l’esportazione: il danno economico che il Paese sta subendo potrebbe diventare devastante. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha espresso soddisfazione per i passi in avanti che sono stati ottenuti e ha assicurato la disponibilità dell’Italia per un eventuale impegno diretto, sotto l’egida dell’ONU, per il monitoraggio del processo di pace.

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