Luglio è un mese rovente per la memoria degli orrori che gli europei hanno compiuto sugli europei combattendo guerre fratricide e inutili. Nel luglio 1944 accadde l’eccidio di Fossoli [1] e in quello del 1995 fu il genocidio di Srebrenica. Nel cinquantennio che li separa la storia ha dimostrato che l’ombra della guerra è sempre in grado di oscurare le ragioni di coesistenza tra gli europei, trasformandole nella più perversa delle declinazioni esistenziali: sopprimere la vita altrui. Disseminati su tutto il Continente, i segni della guerra hanno lasciato tracce indelebili nella cosiddetta “coscienza europea”.
Cosiddetta perché una coscienza europea non può esistere, se non idealmente o come mito, finché un soggetto politico non se ne fa interprete in modo legittimo e riconosciuto. Non sono di certo mai mancati, né mancano tuttora, coloro che si autoproclamano interpreti della coscienza europea. Ma le opinioni di queste persone, qualsiasi merito possano avere, non sono il risultato di nessun processo politico di riconciliazione e affermazione di interessi e valori. Non possono perciò rappresentare nessuna coscienza europea.
Proprio a Fossoli l’idea di una coscienza europea ha invece mostrato un significato politico fondato e, se non compiuto, almeno realizzato. In quel paese dell’Emilia-Romagna la coscienza dell’Europa è stata rappresentata in forma politica unitaria e paritaria da un uomo e da una donna: il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Il Parlamento europeo è organo legislativo dell’Unione Europea (UE) eletto direttamente dai cittadini dell’Unione ogni cinque anni. La Commissione europea rappresenta e tutela gli interessi generali dell’Unione, unendo così quelli dei 27 Stati membri. Queste due istituzioni aggregano e articolano politicamente non solo gli interessi comuni, ma anche i valori comuni dell’Europa d’oggi. Possono perciò esprimere una coscienza europea, se essa esiste.
«Oggi è per me particolarmente toccante essere qui come europea di nazionalità tedesca», ha detto la presidente europea Ursula von der Leyen, perché «è stato un soldato tedesco a ordinare di uccidere i vostri genitori e i vostri nonni (…) La loro resistenza ha contribuito a salvare l’Italia e l’Europa intera compreso il mio Paese, la Germania. La Resistenza ha ridato la libertà agli italiani come ai tedeschi. So che devo la mia stessa libertà a persone come i vostri genitori e i vostri nonni. Voglio perciò onorare la memoria di tutti coloro che hanno combattuto per la nostra liberazione. È anche grazie al loro sacrificio che è nata un’Europa finalmente pacifica e democratica».
Queste parole non sono state una ammissione di responsabilità, per la quale la presidente dell’Unione non ha né titolo o ruolo politico specifico né – ovviamente – alcuna colpa diretta o indiretta. Sono state semmai una dichiarazione di consapevolezza, cioè un discorso politico che incarna la coscienza europea nel luglio 2021. La coscienza riguarda difatti, in ogni suo significato, una forma di consapevolezza. È anzitutto la consapevolezza che un soggetto ha di sé e del mondo esterno con cui è in rapporto, della propria identità e dell’insieme delle sue attività.
Col discorso di Fossoli la presidente dell’Unione Europea ha voluto incarnare la consapevolezza che ha di sé il soggetto politico che ella guida, cioè l’Unione stessa. Ha scelto di dare a quel soggetto politico una identità che ne orienti l’attività, valorizzando a tal fine atti storici concreti che – proprio perché tali – possono esprimere anche valori comuni. La presidente sa a chi deve la propria libertà e si fa portatrice di una conoscenza che è la prima forma di consapevolezza.
La coscienza è d’altronde, in ogni soggetto, anche la consapevolezza del valore morale del proprio operato e manifesta un sentimento fondamentale, cioè quello del bene e del male. I rappresentanti dell’Europa unita a Fossoli hanno scelto di farsi portatori anche di questa forma di consapevolezza, distinguendo ciò che è bene e ciò che è male. Hanno voluto cioè marcare il divario di valore morale che ha separato, nelle azioni concrete, chi ha combattuto secondo una dottrina di sterminio – costante nel pensiero e nella prassi da Fossoli a Srebrenica – e chi si è opposto anche al prezzo della propria vita. Così, con questa affermazione semplice e rigorosa di consapevolezza, a Fossoli si è manifestata una coscienza europea.
[1] Il campo di Fossoli, in provincia di Modena, è stato il luogo di transito verso i campi dell’Europa orientale. Da qui provenivano i 67 uomini, internati politici, fucilati il 12 luglio 1944 nel poligono di tiro di Cibeno (Carpi).