Recep Tayyip Erdoğan ha fortemente criticato martedì 6 ottobre Emmanuel Macron per la legge sul separatismo religioso; il presidente turco si erge a difesa dell’Islam e accusa Macron di atteggiamento «colonialista». Il progetto di legge Darmanin-Schiappa, voluto fortemente dal presidente francese, tende a inserire le pratiche religiose, in particolare l’Islam, nelle regole dell’ordinamento laico e repubblicano, contrastandone l’uso politico soprattutto se radicale e indirizzato da paesi stranieri. Con il termine ‘separatismo religioso’, Macron indica alcuni fenomeni diffusi nelle periferie degradate, dove la presenza dello Stato è debole, e alcuni cittadini di fede musulmana vedono nell’Islam l’unico riferimento, restando distanti dall’adesione ai valori laici e democratici della repubblica francese. Il progetto si presenta come una riforma della storica legge del 1905 che stabilisce in modo netto la separazione fra Chiesa e Stato, fondando la laicità delle istituzioni francesi; il tentativo è quello di creare nuovi strumenti per contrastare il fondamentalismo radicale e potenzialmente violento.

Macron, nel presentare la legge, ha inoltre definito l’Islam una religione che vive una crisi in tutto il mondo; le sue dichiarazioni hanno suscitato una forte reazione di Recep Tayyip Erdoğan che nel corso di una trasmissione televisiva ha attaccato direttamente il presidente francese: «Le affermazioni di Macron secondo il quale l’Islam sarebbe in crisi, sono un’aperta provocazione e vanno ben oltre il rispetto». Secondo Erdoğan, gli attacchi ai musulmani sono una costante delle politiche occidentali e risentono di atteggiamenti neocolonialisti.

L’affondo di Erdoğan si colloca in un momento particolare delle relazioni fra la Turchia e l’Unione Europea: nel Consiglio europeo straordinario (1 e 2 ottobre) l’Unione ha condannato l’atteggiamento della Turchia nel Mediterraneo orientale e ha espresso solidarietà alla Grecia e a Cipro; si tratta però di un’ammonizione a cui non sono seguite sanzioni, che erano state ventilate e che verranno invece applicate verso la Bielorussia.

L’importanza di Ankara nel contenimento dei flussi migratori influenza l’orientamento dell’Unione; c’è stata però anche una parziale distensione fra i contendenti, favorita dall’allontanamento della nave di perforazione turca Yavuz dalle coste di Cipro, dalla mediazione della NATO, il cui segretario generale Jens Stoltenberg si è recato ad Atene e Ankara, ma anche dall’avvio di canali di comunicazione diretta fra le parti, per evitare incidenti. L’atteggiamento meno aggressivo della Turchia nel contenzioso sui confini marittimi accompagna però il forte coinvolgimento di Ankara nello scontro in Nagorno Karabakh, al fianco dell’Azerbaigian: uno schieramento che non si concretizza soltanto con l’appoggio politico e diplomatico alle rivendicazioni azere, ma passa anche attraverso la condivisione di strumenti militari come i droni e l’invio sul campo di battaglia di mercenari siriani.

Alla luce dello scontro con Macron, in cui Erdoğan si ritaglia il ruolo per lui congeniale di protettore dell’Islam, appare chiaro che la Turchia non sta affatto facendo passi indietro rispetto alle sue ambizioni egemoniche e al suo ruolo anomalo all’interno della NATO. Coerentemente con questa visione strategica, mentre sta sviluppando prove di dialogo con la Grecia, Ankara continua a giocare un ruolo importante e attivo in molti terreni di conflitto (Libia, Siria, Nagorno Karabakh), a proteggere le posizioni vicine alla Fratellanza Musulmana e a mantenere una linea di confronto molto duro verso la Francia, che si frappone ai suoi obiettivi.

Immagine: La grande moschea di Strasburgo costruita dall’architetto italiano Paolo Portoghesi, inaugurata il 27 septembre 2012. Crediti: Claude TRUONG-NGOC/Wikipedia

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