Un cessate il fuoco permanente valido in tutta la Libia è stato firmato a Ginevra venerdì 23 ottobre. Il risultato è stato raggiunto attraverso il Comitato militare congiunto 5+5, istituito in seguito alla conferenza di Berlino del 19 gennaio, e con la mediazione dell’inviata speciale dell’ONU Stephanie Williams. Al Comitato militare congiunto partecipano cinque rappresentanti dell’LNA (Libyan national army) legato al generale Khalifa Haftar e al governo di Tobruch in Cirenaica e cinque rappresentanti delle forze armate dello GNA (Government of national accord), espressione del governo di Tripoli presieduto da Fayez al-Sarraj. L’accordo prevede che le unità militari si ritirino nelle loro basi e che i combattenti stranieri lascino la Libia entro tre mesi.

Stephanie Williams ha significativamente ringraziato tutti coloro che hanno contribuito al faticoso raggiungimento del cessate il fuoco, nominando esplicitamente sia Haftar che al-Sarraj, ma ha anche ricordato che «resta ancora da percorrere una strada lunga e difficile». Attuare nella pratica l’accordo non sarà infatti semplice, nonostante il plauso quasi unanime della comunità internazionale. Intanto perché la voce fuori dal coro è quella della Turchia, uno dei più importanti attori in quell’area; Recep Tayyip Erdoğan ha infatti espresso scetticismo sulla credibilità e sulla durata del cessate il fuoco, stabilendo un parallelo con il fallimento della tregua nel Nagorno- Karabakh.

Perplessità sono emerse inoltre, fin dai giorni immediatamente successivi alla firma, nelle file degli stessi contraenti. Mohammed Gununu portavoce dell’esercito libico che risponde allo GNA ha espresso sfiducia sull’effettivo ritiro dei mercenari provenienti dalla Russia e da altri Paesi che hanno combattuto con Haftar; Gununu chiede inoltre che i responsabili dell’offensiva contro Tripoli e dei criminali di guerra vengano individuati e puniti. Sul fronte opposto, Ahmed Al-Mismari, parlando a nome dell’LNA, ha criticato Erdoğan per aver subito messo in discussione l’accordo appena raggiunto, di fatto rendendone problematica l’attuazione. Si tratta in parte di schermaglie propagandistiche, ma queste dichiarazioni sono anche un sintomo del fatto che la firma del cessate il fuoco è più una base di partenza che un punto di arrivo; le ferite della guerra civile libica sono ancora aperte e gli interessi in gioco dei diversi Paesi implicati sono enormi e non sempre coincidono con quelli della pace e del benessere del popolo libico. Nondimeno un passo avanti è stato fatto e una soluzione politica della crisi libica appare adesso poggiarsi su basi più solide.

Immagine: Stephanie Williams (2018). Crediti: United States Embassy, Fonte, https://ly.usembassy.gov/our-relationship/our-ambassador/stephanie-williams-libya/ + image https://d2v9ipibika81v.cloudfront.net/uploads/sites/246/Stephanie-Williams-Libya-350x230.jpg [Public domain], attraverso Wikimedia Commons

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